Il sondaggio

Rai: contenuti online, canone, startup. Ma cosa vogliono gli italiani?

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Un questionario per indicare come dovrebbe cambiare il servizio pubblico: 36 domande online per 45 giorni. I risultati nella nuova bozza di Convenzione.

Ridefinire la mission della Rai, indicare cosa si intende e ci si aspetta dal servizio pubblico radiotelevisivo. E’ questo l’obiettivo della consultazione pubblica, prevista dalla legge 220/2015 sulla governance Rai, che permette a tutti gli italiani di dire la loro grazie a un questionario, disponibile sul sito www.cambierai.gov.it, che si chiuderà a fine giugno.

Quarantacinque giorni in cui si potrà liberamente esprime la propria opinione sul “servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale” in vista della nuova Convenzione tra lo Stato e la Rai, che dovrebbe essere approvata a ottobre.

Anche Key4biz si è attivata e ha lanciato uno speciale ‘La Rai che vorrei’ al quale esperti, osservatori, giornalisti e semplici telespettatori stanno contribuendo con loro articoli per indicare quali sono i cambiamenti necessari per ammodernare la Tv pubblica.

Sono 36 le domande che il Ministero dello Sviluppo Economico ha elaborato con la collaborazione tecnica di Istat.

Il questionario è molto comprensibile e semplice nella sua formulazione. La partecipazione è in forma anonima anche se vengono chiesti alcuni dati personali prima di poter compilare il questionario.

Agli utenti si domanda con quale frequenza guardano i programmi Rai, se usano dispositivi mobili, se trovano differenze con la tv commerciale o quella a pagamento.

Determinanti potrebbero le risposte degli utenti su come potrebbero essere usate le maggiori risorse che dovrebbero derivare dall’inserimento del canone in bolletta elettrica: diminuire la pubblicità, ridurre l’imposta, ampliare e migliorare l’offerta di contenuti…

Molte domande riguardano i principi e i contenuti del servizio pubblico, l’innovazione tecnologica, l’alfabetizzazione digitale, l’integrazione culturale e religiosa, l’identità nazionale…Senza tralasciare l’opinione sul film e fiction, produzione multipiattaforma, mission educativa, dimensione internazionale della Rai, rapporto con l’industria dell’audiovisivo.

Tra le altre domande: la Rai dovrebbe investire risorse economiche per realizzare un canale in lingua inglese per promuovere, a livello mondiale, l’identità, lo stile e la cultura italiane?

E ancora: ritiene che la Rai debba produrre contenuti in altre lingue, oltre all’inglese, con particolare attenzione a determinate aree geografiche (ad esempio programmi in lingua araba per l’area del Mediterraneo)?

In merito all’innovazione alla quale è chiamata la Rai, si chiede: secondo lei è importante che la Rai diventi un’azienda capace di produrre programmi per tutte le piattaforme (digitale terrestre, satellite, Internet, eccetera) e tutti i dispositivi (tablet, smartphone, pc, eccetera)?

Ma anche: la Rai deve promuovere la nascita di nuove iniziative d’impresa (startup) nel settore audiovisivo e digitale o rafforzare produttori italiani di film e fiction?

Altra domanda cruciale: Quanto è importante per lei che la Rai nella produzione e nella trasmissione sia allineata ai migliori standard tecnologici internazionali (ad esempio ultra-HD, eccetera)?

A luglio Istat analizzerà i risultati che saranno raccolti in un documento di sintesi della consultazione pubblica che accompagnerà la nuova bozza di Convenzione tra lo Stato e la Rai.

Insieme con il questionario il Mise pubblica sul sito le proposte uscite dai 16 tavoli tecnici convocati il 12 aprile scorso all’Auditorium-Parco della Musica di Roma, distribuiti in 4 macro-aree: Sistema Italia, Industria creativa, Digitale e Società italiana.

“Per troppo tempo – ha dichiarato il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelliil tema della riforma del servizio pubblico radiotelevisivo è stato monopolio degli addetti ai lavori. L’obiettivo di questa consultazione, invece, è di dare la parola innanzitutto al cittadino che paga il canone, unico vero azionista del servizio pubblico. I risultati ci consentiranno di definire meglio i nuovi doveri del servizio pubblico radiotv”. 

La Rai, come ha dichiarato più volte il Direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, si prepara a trasformarsi in una digital media company.

Il processo di convergenza tra tv, Internet e telecomunicazioni sta trasformando le modalità di distribuzione e consumo dei contenuti audiovisivi: occorre pertanto interrogarsi sulle ragioni, sull’organizzazione e sul perimetro del “servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale”.

Sentire gli italiani su come vorrebbero la Rai potrebbe veramente far voltare pagina e nei prossimi mesi avviare un vero piano strategico di rilancio per il servizio pubblico radiotelevisivo.