Servizio pubblico

Rai, ancora misteri sul ‘contratto di servizio’ (2023-2028) in gestazione

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Il dibattito sul futuro di Viale Mazzini continua senza un vero coinvolgimento della società civile. Oggi la buona iniziativa ad Assisi “Operazione Speciale: Pace”.

Qualcuno si aspettava qualcosa di significativo dall’iniziativa che pure – in teoria – gettava un sasso nello stagno del (non) dibattito pubblico in materia, ovvero il convegno promosso dalla Federazione Nazionale della Stampa e dal sindacato dei giornalisti Usigrai presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, martedì scorso 12 luglio, dal titolo retorico ma corretto (sulla carta), “Il contratto di servizio 2023-2028: una sfida per l’Italia”.

Ed invece l’iniziativa è parsa deludente assai. Facciamo nostre le parole del Redattore Anonimo del sito web specializzato (fonte preziosa per chi studia la politica mediale del nostro Paese) “BloggoRai”, che ha così ironizzato, in un post di mercoledì scorso 13 luglio: “il sindacato dei giornalisti Rai che invita altri giornalisti moderati da un giornalista a parlare con i giornalisti che si salutano affettuosamente tra loro per darsi un nuovo appuntamento a settembre (con il fresco è meglio)”…

Sfidiamo chiunque a identificare qualcosa di nuovo o comunque innovativo nelle tre ore di convegno: qui è possibile leggere il resoconto curato dalla redazione del sito web della Fnsi, e per gli appassionati si può sempre fruire della videoregistrazione sul sito dell’indispensabile RadioRadicale.

La stampa ed i media non hanno dedicato alcuna attenzione all’iniziativa, e forse una qual certa ragione ci sarà, anche in questa… distrazione.

Convegno Fnsi-Usigrai non innovativo e il Ministro Giorgetti si ripete…

Questo il “panel”: la liturgia è stata aperta dal Segretario Usigrai Daniele Macheda, con un ricordo di Angelo Guglielmi e Amedeo Ricucci, e moderata da Giorgio Zanchini; l’incontro ha visto la partecipazione, fra gli altri, di Tiziano Treu, Presidente Cnel; di Marinella Soldi e Carlo Fuortes, Presidente e Amministratore Delegato Rai; di Giuseppe Giulietti, Presidente Fnsi; di Carlo Bartoli, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti; di Vanessa Palucchi, Portavoce del Forum del Terzo Settore; di Federico Faloppa, Coordinatore della Rete per il Contrasto ai Discorsi e ai Fenomeni di Odio; di Giacomo Mazzone, Segretario Generale Eurovisioni; di Jean Paul Philippot, Amministratore Delegato del servizio pubblico radiotelevisivo belga francofona Rtbf; di Alberto Barachini, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai; di Giacomo Lasorella, Presidente Agcom.

Il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti ha inviato un video messaggio, nel quale ha riassunto i punti cardine su cui sviluppare il prossimo Contratto di servizio, fra cui: il progresso tecnologico, le mutate esigenze culturali nazionali e locali e il cambiamento delle abitudini di consumo, il progressivo spostamento del pubblico verso i servizi e i contenuti multimediali e in streaming, sostenibilità, appartenenza all’Unione europea, salute e benessere fisico, inclusione

In sostanza, il Ministro ha riprodotto (riletto?!) quel che si legge nell’“Atto di indirizzo” approvato il 17 maggio dal Consiglio dei Ministri, alle quali abbiamo dedicato adeguata attenzione su queste colonne (vedi “Key4biz” del 19 maggio 2022, “Contratto di servizio Rai-Mise, l’atto di indirizzo del Governo (Esclusiva IsICult/Key4biz)”. Si osserva che, di fatto, il Ministro ha riprodotto ciò anche in occasione della sua recente audizione in Commissione di Vigilanza, il 7 luglio scorso, senza che – in quell’occasione – i parlamentari muovessero ciglio. Parole, parole, parole…

Un qualche spunto interessante negli interventi di Beppe Giulietti, sempre appassionato, di Giacomo Mazzone, sempre documentato, e della sostanzialmente unica “rappresentante” della società civile, ovvero Vanessa Palucchi.

Vanessa Palucchi (Forum del Terzo Settore): “che la Rai ci ascolti: siamo nelle periferie, siamo la voce dal basso, intercettiamo i bisogni sociali che emergono”

La Portavoce del Forum del Terzo Settore ha affermato “siamo qui nella doppia veste di produttori di comunicazione sociale e di utenti-cittadini… Siamo nelle periferie, siamo la voce dal basso, intercettiamo i bisogni sociali che emergono e che hanno bisogno di risposte concrete, portiamo inclusione e coesione sociale sui territori e nelle comunità”. La co-progettazione e la co-programmazione sono la strategia che deve guidare il rapporto del Terzo Settore con le istituzioni nazionali e territoriali, per dare concreta attuazione al principio della sussidiarietà. “Chiediamo che questi principi entrino anche nel Contratto di servizio Rai. Per questo è importante che vengano istituiti tavoli permanenti di consultazione con la Rai e con il Mise, che ci vedano coinvolti, e che venga reso stabile il rapporto di collaborazione, già ora positivo, con Rai per il Sociale”. Ha concluso: “riteniamo di poter rafforzare il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo Rai portando il nostro contributo e il nostro impegno civico e chiediamo che l’impegno della Rai sia non solo ‘per’ il Terzo settore, ma ‘con’ il Terzo settore”.

La Presidente Rai Marinella Soldi ha segnalato che la concessionaria pubblica “ha tre strumenti a disposizione, sincronici, se si ha il coraggio di agire presto: il Contratto di Servizio che delinea il contesto, il Piano Industriale che lo rende operativo e misurabile, il Piano di Sostenibilità che fa da cerniera tra i due”. Sul tema “sostenibilità” – novella bandiera della Rai – torneremo tra poco. Qualcuno ha osservato però che non si hanno notizie (pubbliche) in relazione al novello “Piano industriale”, e quindi il dibattito in argomento resta chiuso nelle stanze del Settimo Piano. Prevale confusione, ancora una volta. E misteri…

E non molto ha chiarito l’Ad Carlo Fuortes, sostenendo che “abbiamo affrontato una trasformazione culturale enorme, il passaggio dalle reti ai generi, un passaggio che qualsiasi azienda che voglia diventare, da broadcaster, media company deve compiere…”. Ha enfatizzato “gli investimenti in tecnologia, circa 215 milioni di euro per i prossimi cinque anni. Tutto questo dovrà essere gestito da tutto il personale, tecnici, manager, giornalisti, funzionari, impiegati, operai dovranno affrontare insieme la trasformazione mantenendo il dna della Rai ma insieme lavorando in modo nuovo… Ovviamente, dovremo avere nuove risorse da sostituire a quelle che si ridimensioneranno”, ma ha tenuto anche a sottolineare che il nuovo piano industriale “non prevede esuberi: tutti i lavoratori di Rai potranno essere riqualificati e trovare motivazioni professionali nuove”.

In chiusura della mattinata, il Segretario Usigrai Daniele Macheda, ha annunciato una rinnovata occasione di incontro in autunno, quando ci sarà un testo di massima del nuovo Contratto, per approfondire, “con tutte le parti interessate” (quali, esattamente, secondo Fnsi e Usigrai?!), i temi del documento che definirà gli impegni che la Rai sarà chiamata ad assolvere nei prossimi cinque anni: “lì si potrà vedere se le nostre preoccupazioni avranno trovato o meno adeguate risposte”. Le preoccupazioni manifestate nell’economia del convegno – ci si consenta – non ci son parse particolarmente chiare, né pressanti le istanze.

Perché lo schema di “contratto di servizio” deve avere questa gestazione segreta e misteriosa?

Naturale sorge il quesito: perché Mise e Rai non rendono di pubblico dominio la bozza in gestazione del “contratto di servizio”, ovvero il cosiddetto “schema”?

Perché si deve attendere… l’autunno?!

Non si tratta di segreti industriali, ma di un documento che dovrebbe essere condiviso con gli “stakeholder”: cittadini, utenti, lavoratori, società civile, terzo settore…

Lo stesso “schema” dovrebbe essere oggetto di un confronto pubblico, di un dibattito aperto e plurale.

Quel che è emerso dal convegno Fnsi-Usigrai è che a fronte di un “carico di lavoro” notevole che lo Stato impone a Rai, quello stesso Stato nulla chiarisce in relazione alle risorse economiche necessarie: è evidente infatti una grande asimmetria, che sembra rinnovarsi anche in questi mesi.

Cosa accade quindi?!

Che gli “obiettivi” del servizio pubblico vengono definiti in modo generico, cosicché la “controprestazione” (le risorse) resti indefinita, a fronte di “prestazioni” nebulose.

Da molti anni, anzi decenni, denunciamo che il “contratto di servizio” Rai è privo dei fondamenti sinallagmatici più elementari, e diviene quindi un testo evanescente, una dichiarazione di intenti piuttosto che un contratto. Il che sembra paradossalmente far comodo ad entrambi i contraenti, lo Stato e la concessionaria.

Perché questa misteriosità? Perché questa fumosità?

I tre uomini-chiave del Presidente Mario Draghi sulla Rai, ovvero Roberto Garofoli e Antonio Funiciello e Francesco Giavazzi, sembrano purtroppo rinnovare un rito che non brilla né per condivisione con i portatori di interesse né per trasparenza pubblica.

Il lungo iter burocratico del “contratto di servizio” tra Mise e Rai

Queste le fasi burocratiche previste per la stesura del “contratto di servizio” tra Stato e concessionaria: un iter complesso quanto assai poco condiviso con la società civile. I “giochi” sostanziali avvengono all’interno delle segrete stanze del Palazzo…

Dalla sequenza che segue (elaborata da IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale), emerge come siamo ancora fermi alla “fase 1” ovvero – forse – tra la “fase 1” e la “fase 2” (ed è proprio in questa/e fase/i che riteniamo dovrebbe esserci il massimo livello di coinvolgimento della società civile):

  1. il Consiglio dei Ministri delibera “gli indirizzi” al Mise ai fini dell’intesa con Agcom (17 maggio 2022);
  2. Agcom definisce le “linee-guida”, confinate agli indirizzi del Mise (ad oggi non pervenute, almeno ufficialmente);
  3. Mise e Rai, sulla base delle “linee-guida”, redigono una “prima bozza” del contratto di servizio;
  4. Ministro e Consiglio di Amministrazione Rai approvano una ulteriore “bozza”;
  5. il Mise trasmette la “bozza” alla Commissione di Vigilanza Rai, per un parere, che paradossalmente è obbligatorio ma non vincolante;
  6. Mise e Rai redigono la versione finale del contratto;
  7. Ministro e Cda Rai approvano il testo definitivo, che entra in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale…

La procedura – che, ribadiamo, non brilla per trasparenza – sarebbe in verità integrata da un preliminare parere che Agcom ha inviato al Mise, ovvero da alcune “linee-guida” (una bozza delle linee-guida?!) che l’Agcom avrebbe approvato il 24 marzo 2022, e di cui non si ha però alcuna pubblica evidenza: si tratta di 3 paginette tre, che sono state anticipate da “Prima Comunicazione” e “NewsLinet.it” (vedi “Key4biz” del 19 maggio 2022, “Contratto di servizio Rai-Mise, l’atto di indirizzo del Governo (Esclusiva IsICult/Key4biz)”).

Il 17 maggio 2022, il Ministro Giancarlo Giorgetti si è dichiarato “soddisfatto” per le “linee-guida” del “contratto di servizio” (si veda la sua dichiarazione sul sito web del Mise), ma in verità la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha approvato degli “indirizzi” e non le “linee-guida”…

Ora si invocano i “Kpi” per Rai? Per evitare un nuovo contratto di servizio Mise-Rai in stile barzelletta

Ci piace osservare come in occasione del dibattito al Cnel, sia emerso un acronimo sconosciuto ai più (ovviamente non a chi di impresa e di media si interessa), ovvero “Kpi”, tre lettere che stanno a significare le metodiche con le quali vengono identificati obiettivi misurabili e quantificabili: “Key Performance Indicators”.

Udite! Sembra che qualcuno si sia posto finalmente il problema, sul quale peraltro un esperto come Piero De Chiara ha speso litri di inchiostro negli anni scorsi. Si rimanda ad un intervento che risale a 5 (cinque!) anni fa, vedi “Key4biz” del 9 marzo 2016, “La Rai che vorrei. Piero De Chiara: ‘Separazione societaria per garantire pubblico e industria’”. Scriveva allora, tra i primi ad invocare in Italia questa strumentazione: “creare valore per il sistema industriale, le cui performance andranno misurate quindi con Kpi di sistema (occupazione, esportazioni, capitalizzazione) esterni all’azienda”.

Sarà giunta l’ora che “prestazioni” e “controprestazioni” vengano finalmente ben definite, focalizzate, precisate, e misurate, a fronte di risorse economiche adeguate?!

Altrimenti, si rinnoverà un “contratto di servizio” in stile barzelletta, ovvero presa in giro: e tale non può non essere definito – tra i tanti – il destino di quel canale internazionale in lingua inglese, che pure è previsto dal vigente (fino a dicembre 2022, anche se formalmente fino al 6 marzo 2023, dato che il contratto attuale è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 marzo 2013) “contratto di servizio”, e che invece è finito nel dimenticatoio, anzi nel vuoto co/s/mico (torneremo presto su questa specifica inadempienza della Rai).

Dossier sulla Rai della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Roma

Da segnalare che questa mattina 18 luglio è stato pubblicato un documento di analisi elaborato dall’Università di Roma “Sapienza”, che merita essere letto: anticipato dai “Milano Finanza” e “Domani” di ieri l’altro sabato 16 luglio, si tratta di un breve ma succoso dossier sulla Rai firmato dai quattro autori e pubblicato dall’Osservatorio delle Imprese della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale della “Sapienza” Università di Roma, presieduto da Riccardo Gallo. Gli altri tre co-autori sono Federica D’Urso, Roberto Cusani, e Damiano Garofalo. Viene ricordato nel dossier come il 19 gennaio 2022, l’Ad Carlo Fuortes abbia dichiarato a chiare lettere, di fronte alla Commissione Lavori Pubblici della Camera, “le dinamiche del finanziamento complessivo dell’azienda, quindi le risorse, possono essere definite incongrue, in riduzione negli anni, instabili e incerte, imprevedibili”.

Sostengono i quattro studiosi che Viale Mazzini deve investire molto per mettere in atto innovazione nei contenuti e nella tecnologia, ma, “per coprire i costi di queste innovazioni, la Rai ha bisogno di aumentare i ricavi e ridurre gli altri costi. In prospettiva, ciò potrebbe rivelarsi impossibile, per due ragioni: a) esiste il rischio che dal 2023 calino sensibilmente gli introiti degli abbonamenti, perché il canone uscirà dalla bolletta elettrica; b) nonostante abbondino sprechi tra gli acquisti e nell’organico, non risulta che l’azienda sia pronta a tagliare drasticamente i costi nel 2023. La soluzione più facile è che il governo decreti entro la fine del 2022 un forte aumento del canone”.

I quattro accademici hanno il coraggio di sostenere quel che nessuno dice: le risorse Rai sono insufficienti ed inadeguate, se lo Stato vuole realmente che essa svolga le funzioni di servizio pubblico assegnatele.

Senza dubbio il tema “canone” è scabroso, allorquando leader politici come Matteo Renzi (ma non soltanto lui) hanno fatto della riduzione della sua entità una battaglia (demagogica).

Questa ed altre sono tematiche sulle quali dovrebbe concentrarsi l’attenzione dei “decision maker” e della politica e della società civile.

Da un acronimo all’altro: dai “Kpi” all’“Esg”, debutta oggi la nuova Direzione Rai per la Sostenibilità Esg, affidata a Roberto Natale

Senza entrare nel merito di questa strisciante e pervasiva anglofilia linguistica, si segnala che un nuovo acronimo emerge ormai nelle lande di viale Mazzini: “Esg”. Questa decisione “nominalistica” provoca comunque molta perplessità: ma quanti telespettatori Rai sapranno cosa diavolo significa… “Esg”?! Decisione peraltro certamente non benedetta dall’Accademia della Crusca, e ci domandiamo se la Rai non dovrebbe essere invece proprio alfiera della difesa della lingua italiana (a proposito di “sostenibilità”, anche a livello… semantico!).

Si tratta – come sanno soprattutto gli “aziendalisti” – dell’acronimo che si scioglie in “Environmental, Social and Governance”: si pone come indicatore / misuratore, ovvero come “rating di sostenibilità”.

Il concetto di “sostenibilità” è sempre più di moda (anzi ormai è veramente inflazionato), anche nel settore della cultura, e non a caso l’ultimo rapporto annuale di Civita è dedicato giustappunto a questo tema, come abbiamo spiegato su queste colonne: vedi “Key4biz” del 4 luglio 2022, “Rapporto Civita 2022: la sostenibilità delle imprese deve essere centrata sulla cultura

Il tema appassiona la Presidente Rai Marinella Soldi, anche perché rientra tra le poche deleghe che le sono state concesse.

Scrivevamo su queste colonne poche settimane fa: “scompare la Direzione Rai per il Sociale (perché?), nasce la Direzione Environmental, Social e Governance (sic). Nel novello “Bilancio di Sostenibilità” Rai fresco di stampa, si intona il requiem per una struttura, che pure aveva cercato di orientare la concessionaria pubblica proprio verso la dimensione del sociale: sembra ormai evidente che Soldi e Fuortes hanno deciso di “ristrutturare” la Direzione Rai per il Sociale, creata nell’agosto 2020 dal loro predecessore Fabrizio Salini, affidata alla guida dell’appassionato Giovanni Parapini (Direttore della Comunicazione Rai da 2016 chiamato dall’allora Dg Antonio Campo Dall’Orto). Ovvero di… smantellarla (Parapini ne è ancora Direttore ad interim, ma dal gennaio 2022 è stato nominato Direttore della Sede Regionale per l’Umbria)” (vedi “Key4biz” del 24 giugno 2022, “Bilancio Sociale Rai 2021. I ricavi crescono da 2,51 a 2,69 miliardi di euro (+179 milioni)”). Commentavamo criticamente questa ri-strutturazione di una Direzione, che pure ritenevamo dovesse invece assumere centralità nell’economia politica della Rai: “una struttura preziosa che non è mai stata dotata delle risorse adeguate, ma che pure ha realizzato iniziative commendevoli di stimolazione e disseminazione: per coordinare al meglio le iniziative editoriali in questo campo e per darne conto anche all’opinione pubblica (ben venga!!!), la Direzione ha prodotto tra l’altro un utile documento di monitoraggio denominato “Progress Sociale”, a cadenza settimanale, dove vengono riepilogate tutte le informazioni aziendali su questo tema (in un’ottica di trasparenza, lo strumento, da settembre 2020, è accessibile a qualsiasi utente sul sito www.rai.it, alla sezione Corporate/Rai per il Sociale). Una struttura – quella della Direzione Rai per il Sociale – nella cui “giurisdizione” doveva per esempio rientrare – ovviamente – anche quel “bilancio sociale” che è stato snaturato in itinere”.

La Presidente Marinella Soldi aveva annunciato l’intenzione di creare questa novella Direzione “Sostenibilità” fin da un’intervista di mesi fa al quotidiano “La Stampa” (vedi l’articolo del 14 aprile 2022 di Annalisa Cuzzocrea, “Con le intrusioni della politica la Rai diventa più fragile”), ma soltanto da poche settimane la novella struttura è divenuta operativa. Il direttore è stato identificato in Roberto Natale (come annunciato nell’intervista succitata) e la vice direzione è stata affidata all’avvocata Micol Rigo, che è anche responsabile giustappunto del “Piano di Sostenibilità” Rai. Si ricorda che Natale è stato per sei anni Presidente della Fnsi e per sei anni Portavoce della Presidente della Camera Laura Boldrini.

Evento Rai questa mattina ad Assisi, “Operazione Speciale: Pace”

E questa mattina, si è tenuta ad Assisi un evento che si pone come prima sortita della novella Direzione “Rai per la Sostenibilità Esg” (anche se si tratta di un’iniziativa che si deve al predecessore di Natale, ovvero Giovanni Parapini, Direttore della giustappunto svanita struttura “Rai per il Sociale”): l’evento “Operazione Speciale: Pace”, promosso dal Comune di Assisi con Rai Umbria e Rai Esg… Una occasione di incontro per riflettere su strategie concrete in favore della pace e del disarmo nella cornice di una città come Assisi, luogo-simbolo della ricerca dei sentieri di dialogo.

I lavori si sono aperti con un messaggio della Presidente della Rai Marinella Soldi. Sono intervenuti, tra gli altri, l’inviata vaticanista Rainews24 Liana Mistretta, la Vice Ministra degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale Marina Sereni, il presidente Coreis e Imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, il Custode del Sacro Convento Padre Marco Moroni, la Presidente di Emergency Rossella Miccio, la Pastora Gabriela Lio della Federazione Donne Evangeliche in Italia, l’Abbadessa Madre Noemi delle Benedettine di Sant’Anna di Bastia Umbra, Livia Ottolenghi della Giunta Unione Comunità Ebraiche Italiane, Francesca Di Giovanni Sotto-Segretaria di Stato della Santa Sede Sezione Rapporti con gli Stati (la prima donna nominata Sotto-Segretario dello Stato Vaticano)… Una mattinata di dibattito per promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso la diplomazia, la cooperazione, il dialogo interreligioso e interculturale, e favorendo la partecipazione delle donne ai tavoli decisionali (come previsto dai contenuti e i principi di “No Women No Panel”, il progetto Rai per l’equilibrio di genere nel dibattito pubblico).

Due panel di discussione, così intitolati: “La partecipazione delle donne ai tavoli strategici e militari può cambiare la storia?” ed “Il ruolo del terzo settore nei processi di pace: movimenti femministi e religiosi, associazioni, pacifisti, ong”. I promotori dell’evento hanno denunciato come, nel mondo, negli ultimi due anni, ai tavoli e processi di pace le donne sono state solo il 6 % tra i mediatori e il 13 % tra i “negoziatori”. Le donne però non sono realmente assenti ma piuttosto… invisibili: sono dietro le quinte, creando ponti e connessioni. Le reti, anche informali, le associazioni e le “ong” sono il motore di una società civile che, pur non trovando sempre rappresentanza istituzionale, agisce come sentinella per la pace. L’iniziativa intende fornire un contributo su come garantire la partecipazione delle donne ai tavoli strategici, poiché non si tratta solo di sostenere la democrazia e la parità di genere, ma significa anche liberare l’altra metà dei talenti e delle competenze che la società può offrire per la risoluzione pacifica e duratura dei conflitti.

Iniziativa senza dubbio “alta” (clicca qui, per la videoregistrazione dell’evento su YouTube), nei temi e nei relatori.

Auguriamoci che la novella Direzione per la Sostenibilità Esg (sic) abbia la capacità e la volontà di accogliere le tesi e le esigenze manifestate dalla Portavoce del Terzo Settore, e quindi mostri sensibilità concreta nei confronti di coloro che sono nelle “periferie” del Paese (in senso spaziale e simbolico), di coloro che rappresentano “la voce dal basso”, di coloro che intercettano “i bisogni sociali che emergono e che hanno bisogno di risposte concrete, portiamo inclusione e coesione sociale sui territori e nelle comunità”.

Come ha chiesto giustamente Vanessa Palucchi, che “Rai sia non solo ‘per’ il Terzo settore, ma ‘con’ il Terzo settore”.

Noi andiamo oltre: “del” Terzo Settore, ovvero una Rai “della” società civile.

Clicca qui, per il “dossier Rai”, elaborato dall’Osservatorio delle Imprese della Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Roma Sapienza, Roma, 18 luglio 2022