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Quali sono le Regioni d’Italia che crescono di più

Il Pil del Mezzogiorno: -13,1% tra il 2007 e il 2021, quello italiano del 6,6%

È un susseguirsi di numeri negativi a caratterizzare l’andamento del prodotto interno lordo delle regioni meridionali italiane. Che si tratta di quelli dei periodi di crescita e ripresa o di quelli dei momenti di crisi e recessione. Il report della Bankitalia sulle economie delle Regioni in Italia è chiaro, negli ultimi 15 anni il Paese ha viaggiato ed ha frenato a più velocità.

Il Pil delle Regioni in Italia dal 2007 a oggi

Il dato più eclatante, probabilmente, è quello che riassume le performance del Pil tra il 2007, l’anno precedente alla crisi finanziaria internazionale, e il 2021. Nel complesso in questo lasso di tempo, che comprende anche la recessione dovuta alle tensioni sullo spread e quella causata dal Covid, l’economia italiana si è contratta del 6,6%, ma quella del Mezzogiorno è peggiorata addirittura del 13,1%, come si vede dalla nostra infografica.

Vuol dire, in generale, che all’inizio di quest’anno eravamo più poveri di quanto lo fossimo nel primo decennio del secolo. Questo è vero per tutti gli italiani, ma mentre le regioni del Nord Ovest e del Nord Est hanno visto riduzioni del reddito complessivo rispettivamente del 3% e del 2,8%, quella che ha caratterizzato Sud e Isole è stata 4,5 volte più ampia. Significa anche che all’interno del nostro Paese i divari, già importanti, si sono ulteriormente allargati, e sono superiori a quelli presenti tra Italia ed altri Paesi europei.

Il prodotto interno lordo delle regioni italiane nel 2018, 2019 e 2020

Il report di Banca d’Italia, nello specifico, esamina gli alti e i bassi del prodotto interno lordo delle regioni italiane, regione per regione, negli anni immediatamente precedenti al Covid e in quello più colpito dalla pandemia e dalle restrizioni imposte per arginarla, il 2020.

Nel 2018 a fronte di un aumento medio modesto del Pil, del 0,8% a livello nazionale, a distinguersi sono state le province autonome di Trento e Bolzano. Hanno visto una crescita molto più elevata, rispettivamente del 3,2% e del 3,4%. Si tratta, del resto, dell’area del Paese che ha avuto le performance migliori negli ultimi 20 anni, grazie allo stretto rapporto con l’economia austriaca e tedesca e un’efficiente integrazione tra un ricco settore pubblico e quello privato.

Buono è stato anche l’aumento del Pil umbro e lucano. Nelle due piccole regioni l’economia si è espansa quell’anno del 2,1% e del 2,8%. In generale, però, per il Centro e il Mezzogiorno i risultati sono stati deludenti, in Calabria e in Sicilia c’è stata addirittura una recessione dell’1% e in Abruzzo una del 0,1%.

Nel 2019 i divari sono stati minori. È stata la Toscana, con un +2,4% molto maggiore del 0,4% nazionale, ad avere la performance migliore, mentre sono state più numerose le regioni in cui il Pil è diminuito: il Piemonte (-0,5%) al Nord, l’Umbria (-0,4%) al Centro, e Basilicata (-1,5%), Calabria, Sicilia, Puglia (-0,1% per tutte) nel Mezzogiorno.

Nel 2020 i risultati peggiori sono stati quelli di Toscana e Veneto

A fare la storia, però, sono i numeri del 2020. In questo anno vi è stata la peggiore recessione della storia italiana dal Dopoguerra, il prodotto interno lordo è caduto dell’8,9% nel Paese, e ovviamente nessuna regione si è salvata. Toscana e Veneto, però, hanno visto il crollo peggiore, rispettivamente del 9,8% e del 9,7%, probabilmente anche a causa di una maggiore dipendenza dal turismo dall’estero, che in quell’anno si è quasi bloccato.

Un po’ meno pronunciata, essendo stata del 7,5%, si è rivelata essere la recessione in Friuli Venezia Giulia, in Trentino (-7,9%) e in Abruzzo (-8,1%). Si tratta, tuttavia, di variazioni di poco conto di fronte alle dimensioni della diminuzione dei redditi.

La ripresa del 2021 è stata più forte al Nord

Per quanto riguarda l’anno della ripresa, il 2021, ancora non sono presenti i dati regione per regione, e Banca d’Italia è in grado di fornire i numeri del recupero del Pil solo per macro-aree. Il rimbalzo è stato più forte nel Nord Ovest, dove l’economia rispetto al 2020 si è espansa del 7,4%, più del +6,6% medio nazionale. Bene è andata anche al Nord Est, con +7%, mentre nel Centro e nel Mezzogiorno, dove il Pil è cresciuto del 6% e del 5,8% rispettivamente, i redditi sono aumentati meno.

Unendo tutti questi numeri è possibile comprendere dove la ripresa è riuscita a fare riavvicinare di più il Pil ai valori pre-pandemici, pur non riuscendo ancora a raggiungerli. È stato al Nord Ovest, dove, come si evince anche dalla nostra infografica, tra il 2019 e lo scorso anno il calo complessivo del prodotto interno lordo è stato del 2,3%, meno del -2,9% medio, mentre nel Mezzogiorno e nel Centro la contrazione è stata del 3,2% e del 3,4%.

Accorpando tali dati a quelli degli anni precedenti, fino al 2007, si ottiene il trend strutturale del prodotto interno lordo delle regioni italiane, che, come mostrato all’inizio, è decisamente sfavorevole per il Mezzogiorno. È chiaro, alla luce dei numeri più recenti, come a generare quel crollo del 13,1% del Pil del Sud e delle Isole sia stata soprattutto la pessima performance del periodo precedente alla crisi pandemica. Tuttavia i numeri più recenti, quelli relativi al rimbalzo post-Covid, non vanno nella direzione di una compensazione di quel divario. Tranne che per un parametro, quello del lavoro.

Nel 2022 gli occupati sono cresciuti di più nel Mezzogiorno

Nel primo semestre di quest’anno, infatti, per la Banca d’Italia il numero degli occupati è cresciuto del 3,6% rispetto al medesimo periodo del 2021, ma nel Centro e nel Mezzogiorno l’incremento è stato superiore, ovvero rispettivamente del 4,3% e del 4,1%. Al contrario nel Nord Ovest è stato solo del 2,8%.

Anche lo scorso anno si era assistito allo stesso fenomeno, con una crescita dell’occupazione del 1,3% nel Sud e nelle Isole contro una del 0,8% a livello nazionale.

A trascinare la ripresa del mercato del lavoro è stato il settore delle costruzioni. Proprio nel Mezzogiorno le persone che vi sono impiegate sono aumentate del 15,4% nel 2021 (media nazionale +7,7%) e del 13,2% nella prima metà del 2022 (media italiana +10,2%).

La fine o il forte ridimensionamento del Superbonus e la crisi economica in arrivo a causa dell’inflazione crescente e del caro-energia metteranno fine a queste performance positive o siamo davanti a un possibile cambiamento strutturale per il Sud, perlomeno dal punto di vista occupazionale?

I dati si riferiscono al 2007-2022

Fonte: Banca d’Italia

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