Finestra sul mondo

Pyongyang minaccia un nuovo test nucleare, Indipendenza Catalogna, Elezioni primo ministro nel Regno Unito, Riforma del lavoro in Francia

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Corea del Nord, gli Usa inaspriscono le sanzioni, Pyongyang minaccia un nuovo test nucleare

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ordinato un inasprimento del regime sanzionatorio a carico della Corea del Nord, con l’obiettivo di limitare ulteriormente l’accesso di quel regime al commercio internazionale. L’ordine esecutivo approntato dalla casa Bianca, spiega la stampa Usa, contiene alcune tra le sanzioni economiche piu’ drastiche mai varate dagli Usa nell’arco degli ultimi decenni: la Corea del Nord verra’ isolata dal sistema bancario internazionale, e ne verranno presi di mira i settori industriali piu’ importanti, oltre a quello delle spedizioni marittime. Alla minaccia di Trump di radere al suolo la Corea del Nord – pronunciata martedi’ di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite – Pyongyang ha risposto definendo il presidente Usa un individuo “mentalmente disturbato”; un comunicato firmato dal leader nordcoreano in persona, Kim Jong-un, accusa Trump di essere “un gangster che ama giocare con il fuoco”, e sostiene che l’intervento di quest’ultimo all’Onu l’ha convinto “che il cammino intrapreso e’ quello corretto, e che e’ necessario percorrerlo sino in fondo”. Intervistato dall’agenzia sudcoreana “Yonhap”, il ministro degli Esteri nordcoreano, Ri Yong-ho, ha dichiarato che Pyongyang sta valutando di condurre un nuovo test di una bomba all’idrogeno, questa volta nelle acque del Pacifico.

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Brasile, troppi ordini dalle carceri: il governo pensa a eliminare il contatto fisico tra parenti e detenuti

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – La violenza nelle favelas di Rio de Janeiro e’ di nuovo fuori controllo, e il sospetto che la regia di lotte tra bande e missioni punitive venga direttamente dalle carceri si fa sempre piu’ consistente. Per questo il governo brasiliano sta ragionando sull’ipotesi di eliminare il contatto fisico diretto tra detenuti ed esterni nei quattro penitenziari di massima sicurezza del paese. L’idea, scrive il quotidiano “O Globo”, e’ quella di permettere la visita solo nel parlatorio, anche ai familiari dei carcerati, e solo attraverso un vetro. Colloqui che sarebbero rigorosamente registrati e monitorati in tempo reale. Le autorita’ temono pero’ che la decisione possa “causare una reazione violenta” nelle organizzazioni criminali comandate dall’interno delle prigioni, fino a provocare “attacchi nelle strade”, Inoltre, riporta ancora la testata, il governo e’ preoccupato delle fondamenta giuridiche di un’azione che potrebbe intaccare il complesso normativo che riguarda i “diritti fondamentali della persona privata delle liberta’”. Sotto controllo, punto estremamente sensibile, i colloqui con i familiari. Attualmente i parenti hanno diritto a una visita settimanale, fino a tre ore, nel patio del presidio. Le intercettazioni ambientali sono previste, ma il rumore di fondo spesso impedisce di captare conversazioni che possono anche essere sussurrate. I nuovi controlli non sarebbero dunque cosa semplice ma i violenti scontri registrati domenica nella favela Rocinha, azione di guerriglia tra bande mossa da probabile mandato di un celebre detenuto, sembra convincere l’esecutivo a proseguire su questa strada. Si tratterebbe di un “secondo passo” mosso dal governo in tema di controllo della rete criminale che attraversa le sbarre. Ad agosto il ministero della Giustizia emanava un regolamento che di fatto eliminava gran parte delle visite fisiche nelle celle. tale diritto veniva garantito solo a parenti e amici di criminali non sospettati di alta pericolosita’ e non in carcere per partecipazione ad organizzazioni criminali. In pratica, rileva l’articolo, solo sei su oltre 500 reclusi nelle quattro prigioni di massima sicurezza.

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Usa, Trump pronto a ridurre i vincoli alle operazioni antiterrorismo semi-clandestine

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e’ pronto ad ampliare il mandato della campagna semi-clandestina contro il terrorismo intrapresa dal suo predecessore, Barack Obama, con l’impiego di droni da guerra e raid delle forze speciali. Stando a “funzionari a conoscenza dei processi decisionali interni” citati dal “New York Times”, il presidente intenderebbe “smantellare alcuni dei limiti imposti agli attacchi aerei e ai raid delle forze speciali fuori dai teatri bellici convenzionali”. I consiglieri per la sicurezza nazionale di Trump starebbero insistendo in particolare per rilassare una regola attualmente in vigore che limita le uccisioni mirate di terroristi a figure di rango elevato che costituiscono una “minaccia imminente e costante” alla vita dei cittadini Usa; i consiglieri del presidente vorrebbero che le operazioni condotte dalle Forze armate e dalla Cia includessero tra i bersagli anche terroristi “ordinari”, privi di responsabilita’ di comando o competenze particolari. Ancor piu’ importante, la Casa Bianca potrebbe revocare quelle forme di “supervisione di alto livello” adottate controvoglia dall’ex presidente Obama in risposta alle pressioni del Congresso. La Casa Bianca intenderebbe invece lasciare in vigore un altro requisito, quello che teoricamente vincola i raid di droni e forze speciali alla “quasi certezza” dell’incolumita’ dei civili. Stando al “New York Times”, la Casa Bianca studia il rilassamento delle regole da mesi; l’effetto di queste modifiche sara’ una maggiore frequenza delle operazioni contro al Qaeda, lo Stato islamico e altri gruppi jihadisti in teatri dove gli Usa formalmente non operano: Yemen, Somalia e Libia, ma anche altre zone di conflitto “sporadico” in Africa, nell’Asia e nel Medio Oriente.

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Spagna, Rajoy perde la battaglia dei media internazionali sulla Catalogna

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – “*L’internazionalizzazione” della questione catalana spiazza il governo spagnolo. Lo scrive il quotidiano spagnolo “El Pais” parlando della “simpatia” con cui i media europei stanno trattando la richiesta di indipendenza della regione di Barcellona all’indomani dell’intervento della giustizia negli uffici del governo autonomo. Il presidente del governo Mariano Rajoy “sta perdendo la battaglia dell’opinione pubblica internazionale”, scrive la testata citando fonti europee. E a livello comunitario c’e’ “una novita’”. Bruxelles ha sempre fatto sapere che in caso di separazione la Catalogna uscirebbe immediatamente dall’Ue, ma oggi la Commissione europea ha respinto l’ipotesi di fare da mediatrice tra Madrid e Barcellona, cosi’ come proposto dal governatore catalano Carles Puigdemont sul quotidiano “The Guardian”. L’esecutivo comunitario potrebbe intervenire nel caso in cui “si tornasse all’ordine costituzionale” e sempre che Rajoy lo chiedesse, ipotesi “molto improbabile”, secondo le fonti.

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Regno Unito, May offre una tutela rafforzata ai cittadini dell’Ue

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, anticipano i quotidiani britannici “Financial Times” e “The Guardian”, terra’ oggi a Firenze un atteso discorso sull’uscita dall’Unione Europea, con la speranza di sbloccare i negoziati. La leader di Downing Street si impegnera’ a rafforzare le tutele legali per i cittadini comunitari residenti nel paese: la Commissione chiede che sui loro diritti sia competente la Corte europea di giustizia; la sua proposta sara’, invece, una tutela rafforzata sotto la giurisdizione dei tribunali britannici. Le disposizioni sui diritti dei cittadini dell’Ue sarebbero inserite nel trattato di uscita e direttamente vincolanti, per evitare che nella trasposizione nelle norme nazionali possano essere attenuate dal parlamento. Riguardo alla questione finanziaria, non ci si aspetta l’offerta di una somma precisa. La premier di Londra rassicurera’ i restanti Stati membri che non dovranno pagare di piu’ per il bilancio a causa della Brexit: si stima che venti miliardi di euro possano coprire un biennio di transizione. May chiedera’ ai leader dell’Ue di essere “creativi” sulla Brexit e “ottimisti” sulla futura relazione che si puo’ costruire e di attingere al loro “senso di responsabilita’” per far si’ che il cambiamento funzioni. Questo uno dei passaggi chiave del suo discorso: “Se riusciamo a farlo, quando questo capitolo della storia europea sara’ stato scritto, sara’ ricordato non per le differenze con cui ci siamo confrontati, ma per la visione che abbiamo dimostrato; non per le sfide che abbiamo affrontato, ma per la creativita’ alla quale siamo ricorsi per superarle; non per una relazione che e’ finita ma per una partnership che e’ iniziata. Gli occhi del mondo sono puntati su di noi, ma se riusciamo ad avere capacita’ di immaginazione e a essere creativi, credo che possiamo essere ottimisti sul futuro che possiamo costruire per il Regno Unito e l’Unione Europea”. Il capo negoziatore della Commissione europea, Michel Barnier, a Roma per un incontro col presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, e per un intervento alle commissioni Esteri e Politiche dell’Ue del Senato italiano, ha dichiarato di attendere con spirito costruttivo, dopo tanta incertezza, il discorso di Theresa May; che un accordo e’ possibile se la Gran Bretagna avanzera’ proposte per superare gli ostacoli, soprattutto in materia di diritti dei cittadini, e che la questione finanziaria consiste esclusivamente nel saldare i conti, senza alcuni intento punitivo.

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Regno Unito, Corbyn e’ diventato il piu’ probabile prossimo primo ministro

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Nessuno, neanche lui, immaginava che Jeremy Corbyn potesse diventare segretario del Labour, principale forza di opposizione del Regno Unito, nel 2015. Pochi pensavano che sarebbe sopravvissuto alle elezioni. Ora, invece, con i conservatori divisi sulla visione della Brexit, l’impensabile e’ diventato plausibile: i bookmaker lo danno per favorito come prossimo primo ministro, riferisce il settimanale britannico “The Economist”. Al Partito laborista basta strappare sette seggi ai Tory perche’ il suo leader abbia la possibilita’ di formare un governo di coalizione. Corbyn si presentera’ al congresso autunnale, a Brighton, come premier in attesa. Ci sono due visioni, prosegue l’autorevole periodico, di un futuro esecutivo Corbyn. La prima, presentata nell’ultima campagna elettorale, e’ un programma datato e di sinistra, che stride con i recenti standard britannici, ma non solleverebbe troppe perplessita’ in altri paesi europei occidentali ne’ danneggerebbe il paese. L’altra emerge dalle dichiarazioni recenti e non di Corbyn e della sua cerchia piu’ ristretta e potrebbe causare danni duraturi alla prosperita’ e alla sicurezza del paese. L’avvenire del Labour probabilmente dipendera’ da quale visione scegliera’. Il programma elettorale era “insipido”, rivolto al passato e con vecchie idee rispolverate; potrebbe riportare il Regno Unito indietro di anni, ma non di decenni. L’aumento delle imposte societarie e’ una “cattiva idea” per la testata, specialmente durante il delicato processo della Brexit; il salario minimo, dieci sterline all’ora, non sarebbe troppo lontano dalla proposta conservatrice; l’abolizione delle tasse universitarie nuocerebbe alle universita’ e avvantaggerebbe i ricchi; la nazionalizzazione delle ferrovie e delle utility le renderebbe meno efficienti. Niente di tutto questo, comunque, manderebbe in macerie il paese. C’e’ anche un altro piano, tuttavia, quello si’ potenzialmente molto dannoso. Corbyn non ha parlato solo di salario minimo, ma anche di stipendio massimo per i dirigenti e di “un alleggerimento quantitativo del popolo” volto a far stampare moneta alla Banca d’Inghilterra per finanziare gli investimenti pubblici. Corbyn e’ per il disarmo nucleare e per lo scioglimento della Nato, anche se la posizione ufficiale del partito e’ per l’appartenenza all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. Il programma del Labour definisce “indesiderato e non necessario” un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia; a Corbyn, invece, andrebbe bene, cosa rilevante dal momento che a spianargli la strada per Downing Street potrebbe essere soprattutto l’appoggio del Partito nazionale scozzese (Snp). Sulla Brexit anche i laboristi sono divisi: la loro priorita’ e’ l’accesso al mercato unico, che contrasta pero’ con lo scetticismo che Corbyn ha sempre dimostrato per la globalizzazione in generale e per l’Unione Europea in particolare. Tutti i leader devono scendere a compromessi coi loro partiti, ma e’ raro vedere le posizioni di un capo (e dei suoi piu’ stretti collaboratori) cosi’ in contrasto con quelle del programma ufficiale. Le tensioni, tuttavia, si stanno allentando: l’anno scorso otto parlamentari su dieci hanno votato una mozione di sfiducia contro il segretario. Adesso, col potere in vista, la paura di perdere il seggio e il dissenso sono diminuiti. Il congresso dovrebbe sancire la riduzione dell’influenza dei deputati. L’ala corbynista ha rafforzato la presa nel partito e la base e’ propensa a un ulteriore spostamento a sinistra. Il prudente manifesto di giugno e’ stato scritto con la preoccupazione che il partito venisse travolto alle elezioni. Dopo l’umiliante risultato dei conservatori, che hanno perso la maggioranza assoluta, la prossima dose di corbynismo potrebbe essere meno diluita.

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Francia, Yemen test diplomatico per Emmanuel Macron

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Lo scorso fine settimana tre bambini sono stati uccisi dai proiettili dei ribelli Houthi a Taiz, terza citta’ dello Yemen, mentre giocavano a pallone. Un mese prima sei bambini sono stati uccisi in un bombardamento in un quartiere residenziale della capitale Sana’a, condotto dalla coalizione guidata dall’Arabia saudita. Dopo due anni e mezzo di guerra senza testimoni esterni lo Yemen e’ un campo di rovine. In un paese gia’ molto povero prima della guerra, l’80 per cento della popolazione e’ oggi dipendente dall’aiuto umanitario. Il crollo dei servizi pubblici ha favorito il propagarsi della piu’ grave epidemia di colera del pianeta, che ha gia’ colpito piu’ di mezzo milione di persone. Per la prima volta dopo molti mesi c’e’ ora una reale possibilita’ di uscire da questo girone infernale. Il Consiglio dei diritti umani dell’Onu discute questo mese a Ginevra una risoluzione presentata da Olanda, Canada, Lussemburgo, Belgio e Irlanda per la creazione di una commissione internazionale d’inchiesta indipendente sulle violazioni commesse da tutte le parti in guerra in Yemen. Richiesta dal commissario per i diritti umani e da decine di Ong, l’iniziativa e’ sostenuta da un ampio spettro di paesi, dalla Germania alla Cina, passano per l’Iran e il Messico. La Francia, tuttavia, non si e’ ancora unita all’iniziativa. Questa settimana, davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente Emmanuel Macron ha invocato con forza i diritti umani e le conseguenze drammatiche della violazione del diritto internazionale umanitario sui civili. Lo Yemen, scrivono cinque grandi Ong in un articolo pubblicato sul quotidiano “Nouvel Observateur”, dovrebbe essere l’occasione per passare dalle parole all’azione. E’ tempo per la Francia di sostenere in modo chiaro un’inchiesta internazionale sulla guerra nel paese.

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Francia, Macron va avanti con la riforma del codice del lavoro nonostante la protesta della piazza

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Lo smacco della mobilitazione organizzata dalla Cgt ha rafforzato la convinzione del presidente francese Emmanuel Macron di portare fino in fondo la sua riforma del codice del lavoro. Il testo verra’ adottato oggi in Consiglio dei ministri e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. La riforma, comparsa nella sua interezza nel programma elettorale di Macron, non e’ una sorpresa. “Se rispetto coloro che manifestano, rispetto anche gli elettori francesi che hanno votato per il cambiamento”, ha detto il capo dello stato parlando da New York qualche giorno prima della manifestazione di “France insoumise”, il movimento del candidato della sinistra radicale Jean Luc Melenchon, prevista per sabato. Alla protesta di ieri hanno partecipato solo 132 mila persone in tutto il paese, secondo i dati diffusi dal ministero dell’Interno, ovvero 91 mila persone in meno rispetto alla prima mobilitazione del 12 settembre, che secondo la polizia aveva portato in piazza 223 mila persone. A Parigi la prefettura ha contato 16 mila manifestanti, rispetto ai 24 mila del 12 settembre. Diversi i numeri dei sindacati, secondo cui ieri erano presenti in piazza 55 mila persone, contro le 60 mila della prima mobilitazione. La guerra delle cifre e’ stata particolarmente sentita a Marsiglia, dove la Cgt ha contato 50 mila manifestanti, contro i 4.500 della polizia. Ma il vero test per Emmanuel Macron si terra’ domani, in occasione della manifestazione organizzata dal candidato della sinistra radicale Jean-Luc Melenchon, che ha invitato i cittadini a “inondare” piazza della Bastiglia per “far cadere” la politica di Emmanuel Macron, il “presidente dei ricchi” accusato di avere condotto un “colpo di stato sociale”.

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Germania, cala il debito pubblico

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Il debito pubblico tedesco e’ diminuito di ben 59,8 miliardi di euro nella prima meta’ del 2017, un calo del 2,9 per cento. Secondo l’Ufficio federale di statistica la riduzione del debito ha interessato un po’ tutti i livelli dell’amministrazione pubblica: non solo lo Stato federale, ma anche province e comuni. In particolare il governo federale ha conseguito un calo del debito 3,3 per cento, pari a 42,3 miliardi di euro. Gli Stati federali lo hanno diminuito di 14,8, miliardi ossia il 2,4 per cento in meno dello scorso anno (l’Assia e la Sassonia del 23,3 per cento in meno, la Baviera dell’11,6). La posizione finanziaria degli Stati, tuttavia, differisce molto tra di loro e si sono registrati anche aumenti (ad esempio Amburgo ha registrato un piu’ 7,3 per cento e lo Schleswig-Holstein un piu’ 4,6 per cento). Nelle comunita’ e nelle associazioni dei governi locali il debito e’ sceso di 2,6 miliardi di euro, pari all’1,8 per cento. A fine giugno il totale ammontava a 1.980 miliardi di euro.

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Enrico Letta, l’egemonia non e’ potere

22 set 11:04 – (Agenzia Nova) – L’ex Presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, ha espresso la propria opinione in merito ai rapporti italo-tedeschi sul quotidiano economico “Handelsblatt”. Secondo Letta, l’immagine che meglio potrebbe adattarsi allo stato delle relazioni bilaterali e’ quella di un matrimonio in crisi. Sono lontani i tempi delle “affinita’ elettive” fra i padri fondatori dell’Europa. E questo accade in un momento in cui servirebbe, al contrario, non perdere di vista l’obiettivo comune di rafforzare l’integrazione all’interno della Ue. Nei prossimi mesi, avverte l’ex premier e docente universitario, il progetto europeo avra’ bisogno di ricevere una sferzata, anche attraverso le relazioni italo-tedesche. La posizione egemone della Germania nell’Ue, da sola, non basta a delineare una vera leadership politica: si tratta in qualche modo, secondo Letta, di un primato con un deficit di legittimita’. Letta richiama un recente studio del think tank Chatham Hause, che esprime un giudizio negativo dei cittadini circa il ruolo predominante di Berlino nell’Ue, positivo invece da parte delle e’lite. E’ pertanto chiaro che la Germania ha bisogno di migliorare le relazioni bilaterali, al fine di ottenere un piu’ ampio consenso e l’accettazione della leadership. La crisi dei rifugiati puo’ essere utile in tal senso, perche’ un approccio comune in una situazione di crisi complessa, in cui i due paesi hanno bisogno l’uno dell’altro, aiuta a migliorare le relazioni bilaterali. Secondo l’ex premier, sarebbero necessari piu’ sforzi da parte dei politici tedeschi nel non additare la situazione italiana come caotica o negativa, e da parte di quelli italiani nel non adottare l’attacco all’egemonica tedesca come strumento politico. Entrambi i paesi, secondo Letta, dovrebbero concentrarsi nel contrasto alle cause di una sfida comune, data dal populismo. L’opposizione sistematica della Bundesbank alla politica monetaria di Mario Draghi ha danneggiato la necessaria coesione tra i paesi. Subito dopo le elezioni in Germania, tutte le forze dovrebbero lavorare per rendere l’euro sinonimo di crescita per tutti e non simbolo d’instabilita’ o disuguaglianza. Allo stesso tempo, l’Italia e la Francia devono dimostrare di poter gestire correttamente le proprie finanze, in particolare riducendo il debito. Occorre tornare ai principi complementari della “responsabilita’” e della “solidarieta’”, conclude Letta: l’uno non esiste senza l’altro. Entrambi creano un mix di fiducia e partecipazione con vantaggi per tutti. La Germania e l’Italia possono aiutare a trovare le soluzioni giuste per l’Unione, ma solo se saranno davvero disponibili a lavorare insieme.

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