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Pubblicità online: il Texas e altri 9 Stati USA contro Google il monopolista

Il Texas e altri nove Stati americani hanno citato in giudizio Google per aver violato le leggi antitrust nazionali con l’obiettivo di rafforzare la sua posizione dominante sul mercato della pubblicità online.

L’accusa a Google

Tutti e dieci gli Stati hanno chiesto alla società del Gruppo Alphabet risarcimenti per danni e un ridimensionamento strutturale complessivo (vendere alcune società del Gruppo), che favorisca il riequilibrio concorrenziale e competitivo nel mercato digital advertising.

Arkansas, Indiana, Kentucky, Missouri, Mississippi, South Dakota, North Dakota, Utah e Idaho hanno seguito il Texas in questa battaglia legale che è solo all’inizio.

Ieri, in una dichiarazione pubblica in televisione, il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, ha detto: “Google ha ripetutamente sfruttato la propria posizione dominante per controllare i prezzi e truccare le gare”.

Non è accettabile che Google faccia uso di questi strumenti anticompetitivi per garantire il proprio dominio del mercato della pubblicità online facendo fuori sistematicamente la concorrenza. Mettiamola così, se il mercato libero fosse una partita di Baseball, Google sarebbe allo stesso tempo lanciatore, battitore e arbitro”, ha aggiunto Paxton.

Il caso italiano

Anche nel nostro Paese, per gli stessi motivi, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato l’istruttoria nei confronti di Alphabet per abuso di posizione dominante. 

Google traccia i comportamenti online degli utenti con una pluralità di strumenti (cookie, pop-up, il sistema operativo AndroidChromeGoogle Maps, GmailDriveYouTube, ecc…) per targhettizzare la pubblicità e lo fa soffocando la concorrenza e allo stesso tempo con forti ricadure sulle libere scelte dei consumatori.

Come Facebook

Tra le accuse rivolte al motore di ricerca più popolare al mondo anche la nascita di un presunto cartello con Facebook per la spartizione del mercato advertising negli Stati Uniti impiegando quella che l’accusa ha definito “strategia di esclusione” dal mercato dei potenziali concorrenti.

Assieme, secondo quanto pubblicato da MarketWatch, i due giganti tecnologici controllano il 70% del mercato digital advertising americano.

Google, si legge in un articolo pubblicato dalla Reuters, ha fatto sapere tramite un suo portavoce che le accuse sono prive di ogni fondamento e che il mercato della pubblicità online è altamente competitivo e in salute in questo momento.

Ad oggi, gli annunci pubblicitari rappresentano l’80% delle entrate del Gruppo Alphabet e la gran parte di questi è possibile proprio grazie al motore di ricerca Google, che effettua operazioni ad alto margine di guadagno posizionando i vari annunci sopra ogni risultato di ricerca.

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