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Pubblicità, Google e Facebook si mangiano il mercato italiano

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Da un’indagine pubblicata da Tabloid, la rivista dell’Odg della Lombardia, emerge chiaramente la posizione di forza di Google e Facebook sul mercato italiano della pubblicità online. Rapporto a piè di pagina.

Google è al secondo posto, dopo Publitalia e prima della Rai, nella classifica dei fatturati pubblicitari sul mercato italiano. A rivelarlo è l’inchiesta realizzata da Paolo Pozzi su ‘I nuovi padroni della pubblicità. La mappa di chi comanda e investe sui media, in Italia, pubblicata sull’ultimo numero di Tabloid, la rivista dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia.

In Italia, Google da sola con i suoi 800 milioni di euro nel 2012 e 1.100 nel 2013 stimati dagli operatori del mercato vale quanto quattro delle maggiori concessionarie di pubblicità italiane messe insieme, ovvero Rcs Pubblicità (476 milioni), Manzoni (403 milioni), Mondadori Pubblicità (141 milioni) e 24 Ore System (128 milioni).

Per quanto riguarda Publitalia il fatturato è di 2.102 milioni di euro mentre per la Rai è di 768 milioni.

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La pozione di forza di Google è emersa chiaramente anche nel Rapporto Agcom. L’azienda dopo aver fornito all’Autorità i dati utili a stimare i ricavi pubblicitari in Italia, ai fini del computo del Sic, ha poi deciso di ricorrere al Tar contro tale richiesta.

Non a caso a luglio è stata annunciata la nascita di Gold 5, alleanza Made in Italy contro gli OTT nell’advertising online. Ne fanno parte Manzoni, Mediamond, RCS MediaGroup, Banzai Media e Italiaonline.

Sul mercato globale, Google occupa una posizione di leadership da tre anni consecutivi, sfiorando una quota del 32% dell’intera pubblicità online con un giro d’affari di 28,7 miliardi di euro nel 2013. Facebook è in forte crescita con una quota del 5,9% e un fatturato di 5 miliardi di euro.

Se a questa aggiungiamo i sistemi di ottimizzazione fiscale ai quali ricorre l’azienda di Mountain View, ma anche altre multinazionali, per pagare al minimo le tasse, possiamo dedurre che porta a casa una bella fetta di profitti. Non a caso Ocse e G20 stanno cercando di agire a livello globale contro il profit-shifting e la Ue ha acceso i fari sui paradisi fiscali.

Il 2013, si osserva nel Rapporto, è stato l’anno del sorpasso del web sulla stampa (1,8 miliardi di euro di fatturato contro 1,4), ma il totale degli investimenti pubblicitari è tornato ai livelli del 1999, cioè prima del boom dei prodotti di marca e della bolla internet.

“Google e Facebook, i nuovi padroni sono loro. Anche nella pubblicità”, si legge nell’inchiesta che continua ancora: “Negli ultimi cinque anni la mappa dei padroni della pubblicità è radicalmente cambiata. Fino a pochi anni fa erano ancora i Centri media a dettare legge sul mercato e a orientare gli investimenti delle aziende e le concessionarie di pubblicità avevano il loro bel peso. Oggi non è più così: i Centri media devono fare i conti con Google mangia-tutto che ormai funziona come un Centro commerciale”.

La conseguenza è, come indica l’indagine, che le concessionarie hanno fatturati in pauroso calo: “Tutti i giornali devono farei conti con i nuovi padroni dell’advertising”.

Secondo Pozzi, però, “il vero boom che ha determinato il sorpasso del web sulla stampa è, in realtà, il new internet, cioè la pubblicità su smartphone (+167%), tablet (+94%), connected Tv (+85%), social network (+75%), applicazioni (+120%), pay (+44%), video (+37%) e data-driven advertising, che nel complesso è cresciuta in media del 73% in un solo anno, il 2013″.

 

Il comparto del web è pari al 27% del complessivo mercato pubblicitario italiano mentre il settore carta stampata rappresenta il 21%. Solo l’anno precedente, nel 2012, le quote dei due comparti erano ben diverse, con l’advertising sulla stampa che aveva una quota di mercato pari al 24% e l’Internet advertising che aveva raggiunto il 21% del totale investimenti pubblicitari. Oggi comunque la tv rimane il canale principale scelto dall’advertising, con una raccolta di quasi 3,2 miliardi di euro, pur in calo del 4% rispetto al 2012.

I nuovi padroni della pubblicità. La mappa di chi comanda e investe sui media, in Italia