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Privacy: l’Olanda sospende le norme nazionali sulla conservazione dati delle Tlc

In Olanda, un tribunale dell’Aia ha sospeso la normativa nazionale sulla data retention, secondo cui gli operatori tlc sono obbligati a conservare i dati sul traffico mobile e internet per scopi giudiziari, per poterli fornire, se necessario, alle autorità giudiziarie.

Nel contempo, il commissario europeo per gli Affari Interni e la Giustizia Dimitris Avramopoulos ha detto ieri che la Commissione Europea non ha alcuna intenzione di reintrodurre norme stringenti per la conservazione dei dati telefonici dei cittadini europei per ragioni di sicurezza. “La Commissione Europea non ha alcuna intenzione di presentare iniziative legislative” in materia di data retention, ha precisato Avramopoulos.

La decisione olandese

La decisione del Tribunale dell’Aia è stata presa perché la normativa olandese non è in linea con le norme Ue sulla privacy, quindi pregiudica la protezione dei dati personali e i diritti fondamentali dei cittadini, oltre ad essere troppo generica sugli obblighi per la conservazione dei dati in capo agli operatori Tlc.

La posizione della Ue

A livello europeo, esisteva la Mandatory Data Retention (2006/24/CE ) che obbligava gli operatori tlc e gli Isp a conservare il traffico dati per un massimo di due anni. Ma questa direttiva è stata abolita dalla Corte Europea di Giustizia l’8 aprile 2014, dopo una pesante campagna di sensibilizzazione mossa da movimenti e attivisti in difesa dei di diritti civili.

L’annullamento della direttiva 2006/24/CE  ha spinto alcuni paesi europei – in particolare quelli più sensibili a istanze di sorveglianza e  controllo sociale come Regno Unito, Danimarca e Svezia – a ‘ricalibrare’ e ‘salvaguardare’ le normative nazionali sulla conservazione dati in maniera più restrittiva rispetto ai nuovi standard europei.

In Olanda la direttiva della data retention era stata approvata nel 2009 ma aveva subito attacchi e accuse d’incostituzionalità attraverso gruppi attivisti di diritti civili come Privacy First. Nello specifico si criticava la conservazione dei dati per un massimo di 12 mesi ma soprattutto il fatto che non ci fosse uno standard preciso per quanto riguarda il monitoraggio e la conservazione dei dati personali. In particolare, su chi monitorare, come farlo e per quali motivi.

Quella dell’Olanda si può quindi definire come una vittoria per i diritti della privacy del cittadino ma questa è solo la prima di molte battaglie nell’UE che, nel bel mezzo della rivoluzione digitale, sembra avere più che mai bisogno di norme unanimi in questa materia.

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