I prezzi del petrolio chiudono la settimana in calo, ma restano in crescita, in un contesto sempre più teso tra Iran e Israele. A frenare la corsa del greggio è stata la decisione della Casa Bianca di prendersi ancora due settimane prima di stabilire un eventuale intervento diretto degli Stati Uniti nel conflitto mediorientale.
Più nel dettaglio il Brent è sceso di 1,89 dollari (-2,4%), attestandosi a 76,96 dollari al barile, anche se si avvia comunque a un guadagno settimanale vicino al +4%.
Tensione alle stelle: attacchi reciproci tra Israele e Iran
Giovedì, dopo che Israele aveva colpito obiettivi nucleari in Iran, i mercati erano stati scossi da un’impennata dei prezzi del petrolio, quasi +3%. Intanto Teheran rispondeva lanciando missili e droni verso Israele. Le ostilità, ormai giunte al settimo giorno, non mostrano alcun segnale di tregua, tuttavia l’annuncio della Casa Bianca ha parzialmente raffreddato i mercati. Il presidente Donald Trump deciderà entro due settimane se e come intervenire.
“Mentre Israele e Iran continuano a colpirsi, basta un errore per far saltare l’equilibrio e colpire infrastrutture petrolifere strategiche,” dichiara alla Reuters John Evans, analista di PVM. “Il mondo ha riserve sufficienti per il 2025, ma se 20 milioni di barili al giorno venissero anche solo temporaneamente bloccati nel Golfo, potremmo trovarci in uno scenario esplosivo.”
Prezzi verso i 100 dollari?
Come avevamo già scritto, l’Iran ha più volte minacciato di chiudere lo Stretto di Hormuz, snodo cruciale per circa un terzo del traffico marittimo globale di petrolio. Una sua chiusura, infatti, avrebbe immediati effetti sui prezzi del greggio a livello mondiale.
“Il premio di rischio legato al conflitto tra Iran e Israele è già incorporato nei prezzi, stimato intorno ai 10 dollari al barile, ma se il conflitto dovesse colpire infrastrutture di esportazione o bloccare il traffico nello Stretto, non è irrealistico pensare a un petrolio a 100 dollari al barile” ha dichiarato Ashley Kelty, analista di Panmure Liberum.
Nel frattempo, Teheran continua a esportare petrolio caricando le navi una alla volta e spostando le scorte galleggianti verso la Cina, secondo dati di due società di tracking navale citate da Reuters. L’obiettivo? Mantenere in vita una fonte vitale di entrate nonostante gli attacchi.