Francia, Macron cerca di sedurre i capi del centro-destra
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – Dato per favorito al secondo turno di ballottaggio delle elezioni presidenziali francesi, il 7 maggio prossimo, il candidato “indipendente” di centrosinistra Emmanuel Macron e’ cosciente che quella vittoria non gli basterebbe per governare la Francia: a giugno si terranno le elezioni legislative, e per il leader del nuovo movimento “En Marche!” (“In Marcia!”, ndr) gia’ da ora la sfida e’ come mettere assieme una maggioranza parlamentare; questa sua debolezza e’ stata sottolineata lungo l’intera la campagna elettorale da tutti i principali giornali francesi, ma e’ il quotidiano conservatore “Le Figaro” che oggi mette la questione in primo piano sottolineando come per vincere le presidenziali e poi per governare il paese non basteranno gli appelli a votarlo espressi dal presidente Francois Hollande e del candidato sconfitto del Partito socialista, Benoit Hamon. Macron infatti, sostiene il “Figaro” non vuole essere ostaggio del vecchio apparato socialista uscito umiliato dalle urne presidenziali ed ora guarda apertamente a destra: dopo l’appello a suo favore del candidato sconfitto del centro-destra Francois Fillon, il leader di “En Marche!” punta ora a sedurne gli elettori: ed a questo scopo per prima cosa si rivolge ai molti capi di quella parte politica che ha caratterizzato la storia della Va Repubblica. Un corteggiamento che lusinga in particolare il presidente di destra della Regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra (Paca), Christian Estrosi, che ha gia’ incontrato Macron durante la campagna elettorale: “Attendo che si esprima sui grandi temi dell’occupazione, della fiscalita’, della competitivita’, della lotta al terrorismo e della pubblica sicurezza, sui quali si potrebbe avere una visione condivisa”, ha dichiarato; aggiungendo di non escludere neppure una sua partecipazione al futuro governo Macron, se gli venisse offerta. Simile l’atteggiamento di un altro “cavallo di razza” della destra, Bruno Le Maire: il quale ha dichiarato che non avrebbe “alcuna esitazione” ad agire “nell’interesse della Francia” al fianco di Macron, pur scartando l’ipotesi di una sua adesione individuale. Le Maire ha ammesso di aver gia’ avuto contatti con lo staff macronista che gli ha chiesto di cambiare campo gia’ da subito, prima del ballottaggio: ma per ora anche lui, come Estrosi, dice che “tutto dipende dalla capacita’ di Macron di integrare nel suo progetto le proposte dei riformisti di destra”. Insomma, conclude il “Figaro”, la ricomposizione del quadro politico francese e’ ancora tutta da fare ma i lavori sono gia’ ben avviati.
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Francia, Marine Le Pen tende le mani agli elettori di Fillon e Me’lenchon
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – La leader del Front national (Fn), Marine Le Pen, ha proseguito la sua maratona mediatica in vista del secondo turno di ballottaggio delle elezioni presidenziali francesi intervenendo per quasi un’ora nel “prime time” serale di ieri martedi’ 25 aprile su “Tf1”, la prima rete televisiva privata francese: i contenuti del suo intervento vengono oggi ripresi da tutti i principali quotidiani francesi, in particolare dal conservatore “Le Figaro”. Dopo aver dichiarato di “non essere la candidata del Fn”, dalla cui presidenza si e’ dimessa subito dopo il voto di domenica scorsa 23 aprile, la Le Pen ha rinnovato il suo appello agli elettori dei grandi sconfitti al primo turno: il candidato del centro-destra Francois Fillon e quello della coalizione di estrema sinistra “La France insoumise” (“La Francia non-sottomessa”, ndr), Jean-Luc Me’lenchon. “Io sono la candidata del popolo”, ha rivendicato la leader dell’estrema destra, contrapponendosi al “candidato della oligarchia” che a suo parere sarebbe Emmanuel Macron: “La scelta e’ tra la globalizzazione e la Nazione”, ha scandito, aggiungendo che il progetto di Macron prevede che “il mercato sia padrone e che nessun ostacolo debba esservi opposto”; al contrario, “io credo che la Nazione sia il miglior strumento per difendere gli interessi di un popolo”, ha detto. Quanto all’euro, secondo la Le Pen e’ una “palla al piede” che ha “rovinato la competitivita’ della Francia” ed ha ribadito la sua idea di un referendum sull’appartenenza della Francia alla moneta unica europea. Lungo tutta la trasmissione tv la leader dell’estrema destra ha attaccato frontalmente il suo avversario Macron, affermando che il suo programma e’ “fratricida” ed accusandolo di “essere nelle mani” dell’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia (Uoif). Sull’esito del turno di ballottaggio di domenica 7 maggio, la Le Pen si e’ detta convinta che i giochi non siano ancora fatti: “Il popolo riservera’ una grande sorpresa all’oligarchia”, ha previsto.
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Usa, il presidente Trump presenta le sue proposte di riforma del fisco
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, presentera’ oggi una ambiziosa proposta di riforma del fisco che ridurrebbe la tassazione degli utili aziendali all’estero. Stando alle anticipazioni del “Wall Street Journal”, del “New York Times” e della “Washington Post”, la proposta di Trump prevede un’aliquota del 15 per cento anche per quelle aziende che ad oggi vedono tassati i loro utili tramite la tassazione sul reddito delle persone fisiche dei loro proprietari (pass-through taxation). Una categoria – sottolinea il “New York Times” – che include anche l’impero immobiliare dello stesso Trump. La proposta della Casa Bianca prevede un aumento delle soglie di deducibilita’ che si tradurrebbe in un “modesto taglio della pressione fiscale per la classe media”, e la semplificazione delle procedure di dichiarazione dei redditi. Il piano include inoltre una serie di misure fiscali a sostegno della maternita’ e delle famiglie numerose promosse dalla figlia del presidente, Ivanka Trump. L’obiettivo del presidente e’ di orientare l’imminente dibattito del Congresso in materia di riforma del fisco lungo le linee tracciate dalla sua campagna elettorale e dall’amministrazione. Il piano del presidente, pero’, oltre a scontare l’ovvia opposizione dei Democratici, cozza almeno in parte con l’agenda della maggioranza repubblicana alla Camera, la cui prima preoccupazione e’ il ridimensionamento del disavanzo federale. Al Congresso il presidente ha le mani legate dalla procedura nota come “reconciliation”, che consente di approvare norme in materia di bilancio con un voto a maggioranza semplice al Senato, a patto pero’ che le proposte oggetto del voto non comportino un aumento del deficit nei dieci anni successivi.
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Spagna, “inseguito” dai casi di corruzione Rajoy tira dritto dando priorita’ all’economia
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – Le vicende di corruzione che attraversano il Partito popolare (Pp) continuano ad occupare la gran parte dell’attenzione pubblica spagnola. La serie di arresti eccellenti, tra cui spicca quello dell’ex presidente della regione di Madrid Ignacio Gonzalez, non da’ tregua al partito di governo e rilancia nella capitale un tema che aveva gia’ prodotto un terremoto politico a Valencia. Nel pomeriggio di martedi’, la portavoce del Pp al comune di Madrid Esperanza Aguirre ha annunciato le sue dimissioni da consigliera rivendicando l’intenzione di “assumere sempre le responsabilita’”. Quando era presidente della regione madrilena, aveva come braccio destro lo stesso Gonzalez e a lui aveva delegato la gestione degli affari relativi all’impresa pubblica Canal de Isabel II, l’azienda-terminale del grosso delle presunte malversazioni di fondi pubblici finite nel mirino della giustizia. Il nome di Aguirre e’ di quelli che pesano: e’ stata tra le altre cose presidente del Senato, ministro della Cultura e presidente dei popolari a Madrid. Il quotidiano conservatore “El Mundo”, vicino al governo ma da tempo fermo censore delle presunte trame di corruzione del partito, da’ ampio spazio a una intervista concessa da Jesus Gomez, ex collaboratore di Aguirre che nel passato aveva denunciato le operazioni sospette di Gonzalez, guadagnandosi la qualifica di “pazzo” e il veto a una sua candidatura a sindaco di un comune della regione. “Chi sbaglia paga”, ha detto il presidente del governo Mariano Rajoy nel corso di una conversazione informale con i giornalisti tenuta a Montevideo, nelle ore di una visita ufficiale in Uruguay. Il capo dell’esecutivo, che i media vorrebbero piu’ generoso di risposte sull’uscita del partito dalla crisi giudiziaria, si limita a ribadire la propria fiducia al segretario di Stato per la sicurezza Jose’ Antonio Nieto e al ministro della Giustizia Rafael Catala’, entrambi toccati dai sospetti. D’altro canto Rajoy ha le idee chiare: “Non intendo distrarmi dalla cosa piu’ importante, l’economia. Quello che devo fare e’ fare le cose per bene e guardare al futuro. Il resto lo rimetto ai tribunali”, altrimenti, “come capo del governo farei un pessimo omaggio alla divisione dei poteri”.
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Argentina, Macri negli Usa per fare il pieno di investimenti energetici
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – Le questioni politiche e di diplomazia internazionale sono in secondo piano. Il viaggio che il presidente argentino Mauricio Macri compie negli Stati Uniti, riflette la stampa, ha piu’ di altre occasioni il segno inequivocabile degli affari, legati in prima battuta al comparto energetico. A Washington il capo di Stato rivedra’ Donald Trump, l’uomo con cui a meta’ degli anni 80 cerco’ di chiudere degli affari immobiliari poi sfumati. Ma prima Macri si rechera’ a sud di Houston per conoscere da vicino il programma di industrializzazione delle materie prime della Dow. Un progetto che Macri vorrebbe replicare a Vaca Muerta, l’enorme giacimento di shale gas su cui il governo argentino sta scommettendo a fondo. L’idea, scrive il quotidiano “La Nacion”, e’ quella di promuovere una costellazione di industrie attorno al giacimento su cui Dow, ad ottobre, ha gia’ promesso investimenti per due miliardi di dollari. La seconda tappa sara’ Bay City, occasione per conoscere le attivita’ del gruppo italo-argentino Tenaris, altro dei grandi investitori in Vaca Muerta: e’ di qualche giorno la notizia di un finanziamento superiore a 2,3 miliardi di dollari nella zona. Obiettivo finale, spiegano dalla presidenza argentina, e’ quello di arrivare ad avere dal 2020 un investimento di venti miliardi di dollari all’anno, e l’appuntamento all’Hotel e Spa “The Houstonian”, luogo di incontro dei petrolieri texani, puo’ cascare a fagiolo. E non meno importanti saranno le trattative per intercettare capitali utili anche al settore delle rinnovabili, altra scommessa del governo macrista. Alla Casa Bianca Macri arrivera’ giovedi’. Si parlera’ di questioni regionali, Venezuela in primis, di orizzonti dell’economia mondiale (Buenos Aires ospitera’ la prossima riunione dell’organizzazione mondiale del commercio) e della possibilita’ che l’Argentina entri a far parte dell’Organizzazione per la cooperazione e lo svilupo economico (Ocse). In valigia Macri porta tra le altre cose anche la richiesta di far rientrare l’Argentina nel sistema di generale di preferenze commerciali degli Usa e la speranza di sollevare una denuncia privata contro le esportazioni di biodiesel argentino, affare da oltre un miliardo di dollari per il paese sudamericano.
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Usa, la magistratura blocca il decreto di Trump contro le “citta’ santuario”
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – La magistratura statunitense, e nello specifico il Nono distretto federale, nella veste del giudice distrettuale William H. Orrick, hanno inflitto un ulteriore colpo alle politiche sull’immigrazione del presidente Usa Donald Trump. Il giudice ha infatti imposto un blocco temporaneo alla minaccia della Casa Bianca – che non aveva ancora trovato applicazione concreta – di interrompere gli stanziamenti federali alle cosiddette “citta’ santuario”: gli Stati federati e le amministrazioni locali che rifiutano di collaborare con le autorita’ federali al contrasto all’immigrazione clandestina. Orrick ha emanato un’ingiunzione nazionale contro l’ordinanza firmata da Trump il 25 gennaio scorso, accogliendo i ricorsi presentati dalla contea di Santa Clara e dalla citta’ di San Francisco, due amministrazioni democratiche che hanno entrambe varato provvedimenti a “tutela” degli immigrati illegali in aperto contrasto con la legislazione federale. Orrick ha puntato l’indice contro “discrepanze nell’interpretazione dell’ordinanza” da parte dell’amministrazione, nonostante quest’ultima non l’abbia ancora attuata in nessun caso concreto. Al contempo, il giudice ha ammesso che il dipartimento di Giustizia potra’ trattenere i soli stanziamenti alle amministrazioni locali vincolati all’attuazione delle norme sull’immigrazione. Il dipartimento ha replicato di non aver mai pensato d’applicare il decreto in maniera differente: i Democratici, pero’, accusavano l’amministrazione Trump di voler sottrarre alle “citta’ santuario” tutti gli stanziamenti federali, inclusi quelli destinati ad esempio all’assistenza sanitaria, e che in alcuni casi – come in quello di Santa Clara – costituiscono oltre un terzo delle entrate complessive di quelle amministrazioni. L’agenda dell’amministrazione Trump in materia di immigrazione si conferma cosi’ del tutto paralizzata dall’azione combinata delle corti e del Congresso, dove il presidente sembra aver rinunciato al finanziamento immediato dei primi lavori per il muro con il Messico, di fronte al rischio di un arresto delle attivita’ governative per sopraggiunto superamento del tetto del debito. Durante e dopo la campagna elettorale dello scorso anno, Trump ha attaccato duramente le “citta’ santuario”, come New York, Los Angeles, San Francisco e Houston, che “proteggono” i clandestini rifiutando di collaborare con le autorita’ federali in materia di immigrazione e proibendo alle loro forze di polizia locali di accertare lo status legale degli immigrati. San Francisco e’ stata la prima “citta’ santuario” a presentare ricorso contro l’ordinanza presidenziale, che sostiene sia incostituzionale. Negli ultimi mesi hanno presentato ricorsi analoghi Seattle, Richmond e un paio di citta’ del Massachusetts. La prospettiva di trattenute multimilionarie da parte dello Stato federale, pero’, ha gia’ spinto alcune “citta’ santuario” a rivedere le loro politiche.
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Regno Unito, tregua sull’immigrazione nel vertice del Labour
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – La leadership del Labour, principale partito di opposizione del Regno Unito, riferisce il quotidiano britannico “The Guardian”, ha raggiunto una tregua sulla politica dell’immigrazione, in vista delle elezioni politiche anticipate dell’8 giugno, convenendo sul fatto che l’uscita dall’Unione Europea mettera’ fine alla liberta’ di circolazione delle persone. Il principio e’ stato accettato dal leader, Jeremy Corbyn, e da altri membri del governo ombra favorevoli alla libera circolazione, ma sui dettagli del programma elettorale lo scontro e’ ancora aperto. Alcune figure di spicco sono propense a un’estensione del sistema a punti attualmente applicato per chi proviene dall’Australia, dal Canada e da altri paesi esterni all’Ue. Sul tema dell’immigrazione si e’ espresso ieri il segretario ombra per la Brexit, Keir Starmer, sostenendo che la liberta’ di movimento “dovra’ cambiare, ma che bisogna avere un’immigrazione che funzioni per le comunita’ e per l’economia”. L’orientamento del Labour e’ gestire il fenomeno in modo ragionevole, con regole eque e piu’ simili per gli immigrati comunitari ed extracomunitari ed evitando che la ripresa di sovranita’ avvenga a scapito dell’economia. Il tema divide i laboristi dalla sconfitta alle ultime elezioni: molti deputati hanno esortato la dirigenza ad ascoltare le preoccupazioni degli elettori sul numero degli ingressi. L’argomento e’ cosi’ delicato che il partito ha tentato di evitarlo, cercando di concentrare la campagna elettorale sulla sanita’, l’istruzione e l’assistenza sociale, e sottolineando che queste elezioni non sono la riedizione del referendum sulla Brexit. Starmer ha ribadito che il Labour si atterra’ al risultato referendario e che l’economia dovra’ avere la priorita’ nei negoziati con Bruxelles. Altri membri del partito e del governo ombra, tuttavia, come Paul Blomfield, non hanno escluso scenari diversi. Il programma sara’ concordato nella riunione di vertice dell’11 maggio, che tuttavia dovra’ affrontare anche un’altra spinosa questione, quella delle candidature.
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Regno Unito, May cerca di scardinare il primato del Labour nel Galles
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – Theresa May, premier del Regno Unito e leader dei conservatori, riferisce il “Financial Times”, si e’ recata nel Galles ieri, nell’ambito della campagna elettorale per le politiche anticipate dell’8 giugno, con l’obiettivo di sfidare il primato centenario del Labour nella nazione costitutiva. La prima ministra, esortando a superare la “politica tribale” e le vecchie alleanze che hanno caratterizzato il passato del Galles, punta a ribadire il messaggio che la scelta e’ tra una leadership “forte e stabile”, la sua, e una “coalizione del caos”. La sua visita, che tocchera’ diversi collegi, e’ iniziata sull’onda di sondaggi favorevoli per il suo partito: un’indagine di YouGov per Itv e per l’Universita’ di Cardiff attribuisce ai Tory il quaranta per cento dei consensi, con un incremento del dodici rispetto al precedente rilevamento, contro il trenta dei laboristi, arretrati di tre punti. Il Plaid Cymru, il Partito del Galles, e’ al tredici per cento mentre i liberaldemocratici sono all’otto. Il progresso dei conservatori e’ avvenuto soprattutto a spese dell’Ukip, il Partito per l’indipendenza del Regno Unito, sceso dal tredici al sei per cento. Il vantaggio sul Labour, comunque, e’ senza precedenti: i laboristi hanno conquistato la maggioranza dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi in ognuna delle venti elezioni che si sono tenute dal 1922; nel 2015 hanno ottenuto 25 seggi gallesi a Westminster, il parlamento centrale, contro undici dei conservatori, tre dei nazionalisti gallesi e uno dei Lib Dem; i Tory non hanno la maggioranza dei seggi gallesi dagli anni Cinquanta dell’Ottocento. Per quanto riguarda il parlamento del Galles, il Labour domina dalla devolution, nel 1997, in maggioranza o in alleanza coi liberaldemocratici o i nazionalisti; nel 2016, senza ottenere la maggioranza, ha vinto 29 seggi col 35 per cento dei voti. Una svolta a destra, osserva Richard Wyn Jones, accademico del Wales Governance Centre, sarebbe storica per la nazione costitutiva che ha sempre percepito il Partito conservatore come “il partito inglese nel Galles”.
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La Corte federale tedesca critica il piano di riassetto delle Forze armate
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – Il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen (Cdu), ha annunciato da tempo l’obiettivo di rilanciare l’attrattiva delle Forze armate, offrendo migliori condizioni di lavoro alle truppe, e implementando i 16 livelli di carriera gia’ istituiti dal suo predecessore Thomas de Maizie’re (Cdu) nel 2012, dopo la sospensione della leva obbligatoria. Questi suoi sforzi, pero’, rischiano di fallire: cosi’ ritiene almeno la Corte federale tedesca, che ha inviato al Governo un rapporto critico nei confronti dei processi di riforma in atto. “Il ministero progetta l’istituzione di centri di carriera delle Forze armate di cui nessuno ha ancora chiara l’esatta funzione”, ha detto Kay Scheller, il presidente della Corte. Se da un lato i piani di riforma appaiono scarsamente ponderato, dall’altro la Corte una scarsa capacita’ di individuare i concreti nodi di criticita’, con ben 472 esempi di grave carenza di personale. “Si richiede sempre piu’ personale senza la funzione”, lamenta Scheller. La revisione della Corte avviene due volte l’anno, e le Forze armate, in genere, sono in cima alla lista dei controllati per mancanza di efficienza. Fra le pratiche contestate ci sono ad esempio le attivita’ ricreative ginniche o sportive, espletate durante il normale orario di lavoro. Una pratica che va superata al piu’ presto, sottolinea Scheller: “In caso contrario si rendera’ necessario un aumento di personale nell’ordine di circa 3.300 unita’ per compensare le ore di mancato lavoro”. La bocciatura, comunque, non e’ completa: la Corte ha promosso ad esempio i piani inerenti l’informatizzazione e gli otto miliardi di euro l’anno investiti in questo settore.
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Germania, ministro Esteri Gabriel difende l’incontro con le ong che contestano il governo israeliano
26 apr 11:33 – (Agenzia Nova) – Il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel (Spd) ha difeso il suo incontro con i rappresentanti delle organizzazioni non governative pro palestinesi note per la loro dura contestazione delle politiche di Tel Aviv nei territori occupati. L’incontro si e’ tenuto a Herzliya ieri (martedi’), ed era stato inserito nell’agenda della visita inaugurale di Gabriel a Israele. “E’ abbastanza normale che si in occasione di visite all’estero ci si confronti con i rappresentanti della societa’ civile”, ha detto Gabriel martedi’ alla “Zdf”. Proprio la decisione di incontrare le ong, pero’, ha spinto il primo ministro israeliano, Benjamin Netanjahu, a far saltare l’incontro programmato con Gabriel. Il ministro tedesco programma di incontrare i rappresentanti delle organizzazioni “Breaking the Silence” e “B’Tselem”, tra le piu’ dure nella denuncia delle attivita’ di espansione degli insediamenti israeliani. Il ministro tedesco ha teso a minimizzare la questione, ma non ha risparmiato una critica indiretta a Tel Aviv: “Sarebbe impensabile”, ha detto Gabriel, “se il primo ministro israeliano venisse in Germania e parlasse con rappresentanze sociali critiche del Governo, che noi annullassimo gli incontri con lui”. Dura anche la reazione delle ong israeliane B’Tselem, Peace Now e Breaking the Silence, che hanno sfidato il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu impegnandosi a “proseguire la battaglia contro l’occupazione” dei territori palestinesi dopo l’incontro dei loro rappresentanti con il ministro tedesco. “La societa’ civile non prendera’ ordini, ne’ subira’ alcuna pressione. Continueremo a opporci alle ingiustizie dell’occupazione sino a quando non sara’ divenuta un ricordo del passato”, hanno dichiarato congiuntamente i tre gruppi. Anche se la Germania e’ uno dei paesi europei piu’ vicini a Israele, il premier israeliano Netanyahu ha reagito alla decisione di Gabriel di incontrare le ong anti-insediamenti annullando l’incontro con il ministro. Netanyahu ha spiegato che il suo governo ha adottato una nuova politica secondo la quale non incontrera’ piu’ alcuna personalita’ politica e diplomatica in visita a Israele che nel corso dello stesso viaggio tenga riunioni con gruppi che “diffamano i militari israeliani”.
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