il commento

32^ “Rapporto sull’Immigrazione”. Nessuna emergenza, ma serve uno “storytelling” sano

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Un’analisi serena e non pregiudiziale conferma che non è in atto in Italia nessuna “emergenza migranti”, anche se emergono dinamiche di impoverimento. Contraddizione tra le richieste di lavoro delle imprese e il presunto “allarme barconi”. La vera emergenza è culturale ed informativa.

Ieri mattina a Roma, nell’elegante Nh Hotel – The Church, su via Aurelia, è stato presentato il 32° “Rapporto Immigrazione”, promosso e realizzato da due organismi pastorali della Cei (Conferenza Episcopale Italiana), la Migrantes e la Caritas, studio quest’anno intitolato “Liberi di scegliere se migrare o restare”.

Il tema – in assoluta sintonia con il pensiero del Pontefice Francesco Bergoglio – è rappresentato dalla “scelta”: “la scelta di lasciare il proprio Paese di origine: le ragioni della partenza, le insidie del viaggio, le sfide dell’inclusione, le ricchezze di una società plasmata da molteplici apporti sociali, culturali, spirituali ed economici”…

Prima di affrontare alcuni aspetti del “dataset” proposto dal “Rapporto Immigrazione” (pubblicato per i tipi di Tau Editrice di Todi, 266 pagine, 15 euro), riteniamo opportuno approfondire lo scenario di riferimento, ovvero lo stato dell’arte degli studi sulle migrazioni in Italia: a fronte di una sostanziale (incomprensibile) assenza di intervento dello Stato, da decenni ormai si assiste ad una funzione di “supplenza” messa in atto anzitutto dalla Chiesa Cattolica, in materia di ricerche sulle dinamiche migratorie verso il nostro Paese e sulla situazione socio-economica degli stranieri in Italia. Si è poi affiancata anche la Tavola Valdese (ovvero la Chiesa Evangelica Valdese)…

Il “testo di riferimento” essenziale è rappresentato giustappunto dal “Rapporto Immigrazione” di Migrantes e Caritas, giunto alla trentaduesima edizione.

Lo stato dell’arte delle ricerche sulle migrazioni in Italia, tra Migrantes-Caritas ed Idos-Confronti

Si affianca però anche un altro lavoro di ricerca, realizzato dal centro studi specializzato Idos, che pure è nato in seno alla Caritas-Migrantes, ma si è in qualche modo distaccato alcuni anni fa, preferendo il sostegno della Tavola Valdese: si tratta dell’annuale “Dossier Statistico sull’Immigrazione”, che verrà presentato a Roma il 26 ottobre 2023. E ieri stesso – contemporaneamente alla presentazione del rapporto Migrantes-Caritas – proprio Idos lanciava un comunicato stampa anticipando alcuni dati del proprio rapporto: quasi a conferma di una qual certa… dinamica competitiva tra le due iniziative. E già questa osservazione conferma il sempre latente rischio – molto frequente in Italia – di iniziative che tendono in qualche modo a sovrapporsi, con ovvia dispersione di energie e frammentazione di risorse. Il “dossier” Idos è realizzato in collaborazione con il Centro Studi “Confronti” e l’omonima rivista (sostenuta dai valdesi), e con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.

Entrambi i rapporti forniscono un set statistico di dati, ma la ricchezza di entrambi gli studi è ovviamente apportata dai contributi qualitativi, interventi saggistici impostati da diversi punti di vista, più corposi quelli di Migrantes-Caritas e più brevi quelli di Idos-Confronti.

Ahinoi, le agenzie stampa e le testate giornalistiche – a stampa o su web – finiscono comunque purtroppo per essere attratte più dalle “numerologie” che dalle analisi qualitative, ma questo è un vizio comune del giornalismo italico più superficiale.

Quel che qui interessa rimarcare è l’approccio aperto e plurale (anche dal punto di vista religioso) che entrambi i rapporti propongono, anche se va rimarcato come sia semplicemente assurdo che i due studi si ignorino l’un l’altro (anche a livello di rimandi all’apparato bibliografico!), riproducendo così quelle dinamiche da “lotta per bande” tipiche della peggiore tradizione accademica italiana (con il “barone” universitario Alfa che ignora strumentalmente la bibliografia del “barone” Beta, e viceversa). Su queste tematiche, rimandiamo al nostro intervento su queste colonne, dedicato all’edizione n° 29 del “Rapporto Immigrazione” (vedi “Key4biz” dell’8 ottobre 2020, “Caritas-Migrantes, oltre 5 milioni di immigrati in Italia che producono il 9% del Pil”).

È interessante analizzare la ricaduta mediatica della presentazione di ieri: soltanto i quotidiani – per così dire – di “area”, ovvero il sempre qualificato “Avvenire” (testata della Cei) e lo storico “L’Osservatore Romano” (testata dello Stato Vaticano) hanno dedicato ampio spazio alla presentazione. Prevedibile l’interesse delle due testate più sensibili alle dinamiche sociali, ovvero “Redattore Sociale” e “Vita”.

Già questa osservazione conferma una qual certa distrazione dei media italiani (e, in fondo, delle istituzioni stesse?) rispetto al tema “migrazioni”, allorquando esso viene affrontato in modo serio e sereno, senza toni drammatici ed allarmistici.

Il quotidiano “il Giornale” approfitta del Rapporto Migrantes-Caritas per stimolare ulteriori allarmismi: caso emblematico di distorsione narrativa sull’immigrazione

In argomento, non stupisce che il quotidiano “il Giornale” abbia invece così intitolato un suo articolo di ieri (nell’edizione digitale, nemmeno una riga su quella cartacea): “Risse, molestie e pestaggi : è emergenza baby gang straniere. I numeri che spaventano” (sic). La testata ha dedicato particolare attenzione al capitolo “Maras, pandillas e malamovida. Le gang giovanili in Italia” redatto da Walter Nanni per la Caritas; (la Caritas ha affrontato il tema in un webinar del 15 febbraio scorso), correlandolo alla presenza di minori stranieri nei luoghi di detenzione…

Estrapoliamo dall’articolo: “una tendenza che trova conferma nel Rapporto Immigrazione 2023 Caritas Italiana e Fondazione Migrantes: nel 2022 il numero di minori stranieri in carcere ha superato quello dei minori italiani. Il report ha acceso i riflettori sul consistente aumento degli ingressi di minori in carcere, sia italiani sia stranieri: questi, tuttavia, sopravanzano numericamente gli italiani. Entrando nel dettaglio dei numeri, nel 2022, i dati dei nuovi ingressi hanno fatto registrare complessivamente 1.016 ingressi, di cui 496 italiani e 520 stranieri. Un fenomeno, come confermato plasticamente dal rapporto, connesso alle baby gang. Non si tratta dunque di un´invenzione o di un´iperbole giornalistica: il fenomeno delle bande giovanili non va sottovalutato, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in giro per l´Europa (…)”.

Questo è un perfetto caso di lettura distorta (e patogena) dei fenomeni.

Monsignor Giancarlo Perego (Dg della Fondazione Migrantes): l’accoglienza e l’integrazione sono faticose ma sono doveri morali

Accantonando le strumentalizzazioni partigiane (le posizioni di testate come “Libero” e “La Verità”, oltre che “il Giornale”, sono stranote giustappunto per le loro… iperboli), facciamo nostro l’intervento di Giancarlo Perego, che della Fondazione Migrantes è Presidente (oltre ad essere Arcivescovo di Ferrara-Comacchio), che ha evidenziato come l’accoglienza (un dovere morale, per un cattolico) sia senza dubbio “faticosa”, nella complessità delle varie dinamiche: “i permessi di soggiorno più numerosi sono per ricongiungimenti familiari, per protezione temporanea, per la regolarizzazione e non per lavoro e studio; la natalità nelle famiglie migranti è in calo; molte nazionalità stanno partendo (albanesi, cinesi, polacchi) più che arrivare; la disoccupazione maggiore degli immigrati, soprattutto delle donne, la irregolarità crescente per la mancanza di incontro tra domanda e offerta di lavoro, la maggiore insicurezza dei migranti, soprattutto sul lavoro, ma anche nella vita sociale, l´incapacità di governare la migrazione, con tre decreti in un anno centrati solo sulla sicurezza”. A questo – ha aggiunto Perego – si aggiungono “le discriminazioni sociali e istituzionali (accesso alla casa, alla salute) e pregiudizi costanti sulla criminalità dei migranti (che è uguale da 20 anni nel nostro Paese) o sul costo delle loro prestazioni sanitarie, che in realtà sono il 6,5 % del totale e sono ampiamente pagate dalle tasse che pagano, con un saldo positivo di quasi 2 miliardi di euro…”.

Il “Rapporto Immigrazione 2023” – ha concluso Perego – “può essere uno strumento utile per analisi sociali, progetti politici, cammini sinodali della nostra Chiesa, perché sia tutelata la libertà di migrare, restare o ritornare, ma soprattutto perché il nostro Paese maturi la consapevolezza che il futuro dipende anche da politiche migratorie che sappiano attrarre, riconoscere e valorizzare i migranti”.

L’attenzione dei media al tema dell’immigrazione è purtroppo sempre più orientata all’allarmismo

Eppure, si legge nel Rapporto, “il confronto tra lo stile dell’informazione sulle vicende di Lampedusa e di Cutro mostra come il clima sociale e politico in Italia sia cambiato e quanto l’attenzione dei media al tema dell’immigrazione sia sempre più orientata all’allarmismo”. Ma – come scrivono oggi Paolo Lambruschi e Luca Liverani in bell’articolo su “Avvenire” – i dati dicono altro. La popolazione residente straniera resta all’incirca immutata, al primo gennaio 2023 ammontava infatti a 5.050.257 persone, soltanto 20mila in più dell’anno precedente (questo dato – secondo stime IsICult – potrebbe crescere a quota 7 milioni, se si considerano gli “irregolari” ed i “neo-italiani” ovvero gli “ex stranieri”, eccetera).

Il 59 % dei cittadini stranieri vive al Nord, in particolare nel Nord ovest (il 34 %) e nel Nord est (il 25 %). Seguono Centro (24,5 %), Sud (11,7 %) ed Isole (4,6 %).

Le principali nazionalità, dopo i rumeni (che rappresentano 1 straniero su 5) sono sempre marocchini e albanesi (l’8,4 % e l’8,3 % del totale), mentre la novità è la crescita delle provenienze dal Sud est asiatico, Bangladesh e Pakistan, che sostituiscono tunisini, senegalesi e nigeriani (non più presenti nella graduatoria dei primi 10 Paesi), Cina e Filippine.

In calo la quantità di “nuovi cittadini”: le acquisizioni di cittadinanza, pur avendo raggiunto la soglia di 1 milione negli ultimi 6 anni, sono in progressiva diminuzione e fra 2020 e 2021 sono scese del 7,5%. Si noti che 1 “neo-italiano” su 5 è albanese, vengono poi i marocchini. Significativa la terza posizione del Bangladesh, il 4,7 % delle acquisizioni totali, la quarta e la quinta, in cui troviamo India e Pakistan.

La forza-lavoro straniera è mediamente meno istruita e meno pagata degli italiani

Per i lavoratori non Ue, il tasso di occupazione è leggermente inferiore alla media nazionale. L’aumento occupazionale più marcato si è avuto nel turismo e nella ristorazione (+17 % e +36 %)e nelle costruzioni (+14 %). La maggiore incidenza di stranieri nel 2022 si registra in agricoltura (39 % del totale). L’87 % degli occupati stranieri è dipendente, il 75 % dei non Ue è un operaio (contro il 32 % degli italiani). La forza-lavoro straniera è mediamente meno istruita e meno pagata degli italiani.

L’elemento più critico è rappresentato da quanti non trovano in Italia il Paese che sognavano o che comunque desideravano: allarma il dato secondo il quale in Italia, secondo l’Istat, vivono in povertà assoluta 1,6 milioni di stranieri residenti, ovvero 614mila nuclei familiari, che equivalgono a circa un terzo delle famiglie povere in Italia. Il dato è preoccupante, considerando che gli stranieri rappresentano nel nostro Paese circa un 10 % della popolazione totale.

Ulteriore elemento critico: peggiora in modo preoccupante la condizione dei disoccupati, 1 su 2 dei quali è povero mentre solo un anno fa toccava circa 1 su 4. Se si considerano le famiglie di stranieri con minori i dati appaiono drammatici: secondo Caritas e Migrantes, qui l’incidenza della povertà raggiunge il 36 %, più di 4 volte la media delle famiglie italiane.

I numeri sono alti, ma non tali da giustificare allarmismi di sorta, nella dimensione carceraria, anche se nel dibattito pubblico il binomio “immigrazione/sicurezza” rimane di stringente attualità, provocando spessp un diffuso clima di paura e di intolleranza. Nel 2022, la componente straniera è rimasta sostanzialmente in linea con il dato dell’ultimo anno, con 17.683 detenuti stranieri su 56.196, pari al 31 % della popolazione carceraria complessiva (di questi, 16.961 sono uomini e 722 donne). La presenza estera è decisamente giovane, considerato che una grossa fetta dei reclusi ha un’età compresa tra i 30 e i 39 anni. Il continente africano si conferma il più rappresentato in carcere, con un numero di detenuti (9.510) superiore alla metà dei ristretti stranieri (53 %).

Le cause della privazione della libertà?! In linea con il dato generale, i reati contro il patrimonio (8.951 detenuti) e quelli contro la persona (7.609) rappresentano i principali motivi di detenzione per i detenuti stranieri. A seguire, i reati in materia di stupefacenti (5.811) e quelli contro la pubblica amministrazione (3.466). Tra i reati più contestati agli stranieri rientrano, poi, quelli in materia di immigrazione (1.428)…

La comunicazione: serve uno “storytelling” sereno, non allarmistico

Focalizzando l’attenzione sulla “comunicazione”, emerge l’esigenza di un cambiamento della “narrazione”: servono racconti sereni ed equilibrati, non uno “storytelling” allarmistico ed ansiogeno.

A 10 anni dalla tragedia di Lampedusa, molto è cambiato nel racconto della “mobilità” in Italia.

Sulla spiaggia di Steccato di Cutro, alla sabbia e ai relitti si mescolano una minore empatia e una maggiore indifferenza. L’informazione italiana dà rilevanza ad entrambi i casi, ma in modo differente per intensità e durata: 61 notizie il 3 ottobre 2013, con una trattazione che si protrae per almeno 3 mesi; 37 notizie il 27 febbraio 2023, con una copertura di poco più di 2 mesi.

Le differenze, però, non si limitano al piano quantitativo, ma coinvolgono in profondità anche i contenuti della comunicazione.

Se a Lampedusa prevale una cornice umana e umanitaria, la cornice sui fatti di Cutro si può definire in prevalenza securitaria, per giunta inserita nella più ampia dialettica sugli arrivi via mare, sui rischi della traversata e sulle addotte responsabilità politiche e nei soccorsi. I “frame” principali sono quelli della sicurezza e del diritto internazionale.

Se, anche in conseguenze della guerra in Ucraina, aumentano le “voci” delle persone migranti nell’informazione italiana, non a tutte è offerta pari opportunità di esprimersi.

Nel complesso, il confronto tra lo stile dell’informazione sulle vicende di Lampedusa e di Cutro mostra come il clima sociale e politico in Italia sia cambiato negli ultimi dieci anni e quanto l’attenzione dei media al tema dell’immigrazione in Italia sia sempre più orientata all’allarmismo.

L’importanza del tema “cultura”, ovvero delle “culture migranti”

Da segnalare che questa 32ª edizione 2023 del “Rapporto” Migrantes-Caritas dedica anche una qualche attenzione (in verità ancora assai limitata) al tema “cultura”: va rimarcato come il tema della “cultura migrante” sia assolutamente significativo per la miglior comprensione della nostra società quanto ampio ed eterogeneo. Mantenere l’aggettivo “migrante” affiancato a “cultura” ha anche l’obiettivo di valorizzare questa produzione intellettuale-artistica, dandole spazio all’interno della grande proposta culturale offerta nel nostro Paese, sia in chiave di arricchimento favorito dal confronto con le diversità, sia in quella di sensibilizzazione del pubblico riguardo al tema migratorio.  

Discorso a parte va proposto per le nuove generazioni di italiani: la loro sempre più ricca produzione culturale non è ascrivibile alla cultura migrante “in senso stretto”, se non quando questi stessi artisti “usano” coscientemente la cultura per farsi “ponti” fra comunità migranti e società tutta. La maggiore integrazione che caratterizza le nuove generazioni rispetto ai loro genitori stranieri dà esito a opere dalla differente sensibilità.

Ci si confronta anche sul tema del linguaggio: tornare a curare il nostro linguaggio è indispensabile per rivestire il nostro status umano, in grado di usare in modo efficiente la ragione. Se l’ecologia ambientale è diventata oggi un pilastro nella politica, dobbiamo pensare che serve anche una “cura ecologica linguistica”. Per la sua capacità di dare visibilità alle crisi migratorie globali che hanno investito anche l’Europa, il cinema di migrazione ha ispirato un interesse senza precedenti nell’immaginario di cineasti provenienti da contesti internazionali, coinvolti in attività di impegno sociale e politico…

Si sono alternati nella presentazione di ieri il Presidente della Caritas Italiana, Monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, la ricercatrice della Caritas Manuela De Marco (che ha affrontato il tema delle principali tendenze socio-anagrafiche della popolazione straniera in Italia), Simone M. Varisco storico e ricercatore della Migrantes (ha focalizzato l’attenzione sulla partecipazione dei cittadini stranieri nel panorama culturale, religioso e mediatico in Italia), Luiz Valério P. Trindade, sociologo (concentratosi sull’immigrazione nei “social media”).

Il Presidente della Caritas Italiana Monsignor Carlo Roberto Redaelli ha sostenuto che “il fenomeno migratorio non più un’emergenza, ma una realtà da affrontare e governare con saggezza… Non si tratta solo di garantire l’incolumità fisica di chi arriva e una prima dignitosa accoglienza, ma di favorire un proficuo percorso di integrazione. Troppo spesso i cittadini stranieri che vivono nel nostro Paese sono ancora costretti a un vero e proprio “percorso ad ostacoli” o a subire fenomeni di discriminazione: nell’accesso alle professioni, alla casa, allo studio, alle misure di assistenza sociale, nonché nell’informazione e nella comunicazione”.

Monsignor Giuseppe Baturi, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, ha focalizzato il tema “Liberi di scegliere se migrare o restare”, ricordando il progetto Cei intitolato giustappunto “Liberi di restare, liberi di partire” (sostenuto con molti milioni di euro): “liberi – ha spiegato – significa essere riscattati dalla necessità dipartire a causa della guerra, dei cambiamenti climatici, di discriminazioni o di povertà: questa vera libertà si conquista solo se si è in grado di assumerci una responsabilità lungimirante, per la riconciliazione di fenomeni di conflitto, per la salvaguardia della dignità dell’uomo in tutto il mondo e per lo sviluppo dei popoli”.

Stefania Congia (Dg Immigrazione e Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro): “contraddizione tra richiesta imprese e allarme barconi”

In qualche modo in rappresentanza dello Stato (italiano) è intervenuta Stefania Congia, da molti anni una delle dirigenti apicali del Ministero del Lavoro che segue con passione le tematiche migratorie (nell’ambito della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione, di cui è divenuta Dg da qualche mese): “noi gridiamo all’allarme, se ci sono migliaia di sbarchi, ma poi il nostro stesso Ministero ha evidenziato il numero di 850.000 richieste da parte dei datori di lavoro”, ha sostenuto a chiare lettere. “Il lavoro è il cuore della democrazia, ma lo è se lo consideriamo nella sua dignità… oggi il lavoro è anche quello che viene svolto negli insediamenti informali dei ghetti, quello delle persone che curano i nostri anziani, che lavorano nel sommerso senza permesso di soggiorno… quindi lavoro sì, ma su questi temi ci vorrebbe molta lungimiranza”. Efficace l’espressione che ha utilizzato, ovvero “pensavamo di ricevere braccia, abbiamo invece ricevuto uomini”: “oggi abbiamo una richiesta molto forte da parte del mondo imprenditoriale, abbiamo da una parte aperto col decreto flussi nuovo l’ingresso a 450.000 persone nel prossimo triennio, abbiamo aperto con la formazione all’estero per dare la possibilità alle aziende di formare all’estero e poi fare l’ingresso in Italia fuori quota, non pensiamo però – ha avvertito Congia – che poi le persone che arrivano non abbiano bisogno dell’inclusione sociale, altrimenti faremo l’errore dei nostri predecessori, pensavamo di ricevere braccia, abbiamo invece ricevuto uomini”.

Se non fosse stato per l’intervento di Stefania Congia, avremmo maturato ancora una volta l’impressione di una assenza dello Stato italiano e del rinnovato tentativo di supplenza da parte della Cei.

Si conferma comunque che la “narrazione” complessiva delle tematiche migratorie è ancora assolutamente arretrata.

Alcune co-responsabilità nella “narrazione distorta” delle migrazioni, tra Rai e Ministero della Cultura, che dedicano poca o nessuna attenzione alle “culture migranti”

Responsabilità primaria di questa criticità riteniamo vada attribuita alla Rai, deficitaria nella sua funzione di servizio pubblico radio-televisivo-mediale come strumento di stimolazione dell’integrazione dei migranti e di promozione della coesione sociale: ci limitiamo a segnalare quel che scrivevamo su queste colonne un anno fa, in occasione della pubblicazione – in sordina – da parte di Viale Mazzini del “bilancio di sostenibilità” per l’anno 2021: “e ri-denunciamo che nelle 310 pagine del Bilancio Rai, la parola “stranieri” è completamente assente (se non citata en passant in due passaggi marginali), ed altresì dicasi per “immigrati” e simili: “coesione sociale” non è anche coesione rispetto ad una società multi-culturale e inter-etnica?! Forse, per Rai, non è rilevante che un 10 per cento di chi vive in Italia non ha la nazionalità italiana?! Il “problema” non esiste???” (vedi “Key4biz” del 27 giugno 2022, “Rai, Bilancio di Sostenibilità 2021 ignorato completamente da tutti”).

Come prevedibile, la nostra denuncia è stata graziosamente ignorata: nell’edizione novella dello pseudo-“bilancio sociale” Rai per l’anno 2022, la parola “stranieri” è citata 1 volta (una) soltanto su 284 pagine di testo (incredibile, ma… vero!), quella “migranti” si conta sulle dita di una mano così come quella “immigrazione” (sui perduranti deficit di questo documento, si rimanda all’ulteriore nostro intervento: vedi “Key4biz” del 21 luglio 2023, “Esclusiva. Bilancio sociale della Rai 2022: confermata l’evanescenza del servizio pubblico?”).

Ciò basti, rispetto all’esigenza di una modificazione dello “storytelling”: la sensibilità del servizio pubblico radio-televisivo-mediale italiano sul tema “migrazioni” tende a zero. Anche se ormai, a proposito di “narrazioni” e “linguaggi”… deve essere ricordata la scellerata scelta assunta dalla Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni nel 2018 (ai tempi del governo giallo-verde, con il grillino Alberto Bonisoli alla guida del Collegio Romano), che ha cancellato il bel progetto “MigrArti – La cultura unisce”, ideato da Paolo Masini e sostenuto fin dal 2015 dall’allora Ministro della Cultura, il “dem” Dario Franceschini (vedi “Key4biz” del 27 novembre 2018, “ilprincipenudo. MigrArti, perché il bando per gli immigrati è in stand-by?”). E nonostante Franceschini sia tornato qualche anno dopo a guidare il dicastero della cultura, il progetto è stato congelato, ovvero è stato mantenuto in “stand-by”. Eppure “MigrArti” ha stimolato migliaia di iniziative artistiche nell’ambito delle “culture migranti” ed ha fornito un contributo prezioso nella prospettiva di una società plurale, interculturale, aperta, coesa. Ma… forse il governo guidato da Giorgia Meloni non ha esattamente in mente questo, se si deve dar retta alla visione sempre allarmistica ed ansiogena del suo Vice Premier Matteo Salvini, che spesso amplifica ataviche paure nei confronti dell’Altro ovvero dello “Straniero”, finendo per alimentare il razzismo e la xenofobia…

Altro che “storytelling” sereno e lettura oggettiva dei dati (e si rimanda alla sintomatica contraddizione evidenziata da Stefania Congia sul tema “lavoro”)…

Il Ministero della Cultura rinnova il sostegno al progetto IsICult “Osservatorio Culture Migranti – L’Immaginario Migrante”

Va segnalato che – in controtendenza rispetto alla succitata purtroppo prevalente visione allarmista – il Ministero della Cultura ha deciso di rinnovare il sostegno, per il sesto anno (i risultati del bando “Promozione 2023” della Direzione Cinema e Audiovisivo – Dgca Mic – sono stati pubblicati proprio ieri), ad un’iniziativa promossa dall’IsICult: fin dal 2015, l’Istituto italiano per l’Industria Culturale (curatore di questa rubrica per il quotidiano online “Key4biz”) ha ideato e promosso il progetto “Osservatorio Culture Migranti” (da cui l’acronimo “Ocm”), che ha come sottotitolo “L’Immaginario Migrante”.

L’iniziativa ha come obiettivo essenziale la ricognizione di tutte le realtà culturali delle comunità immigrate in Italia. Ad oggi, tra stranieri residenti ed “ex-stranieri”, ovvero “neo-italiani”, si conta una comunità formata da oltre 7 milioni di persone, considerando anche gli “irregolari” (secondo le stime IsICult).

L’“Osservatorio Culture Migranti” si pone anzitutto come censimento mai realizzato sulla dimensione culturale del fenomeno migratorio in Italia: un’indagine statistica e sociale, di impostazione quali-quantivativa, arricchita da un approccio multidisciplinare, “semantico” ed “economico” al contempo. Il progetto è stato co-sostenuto anche dalla stessa Fondazione Migrantes per alcuni anni (dal 2016 al 2018). Tra breve verrà pubblicata una versione aggiornata della “mappatura” online.

In questo specifico caso, va dato atto (e merito) al Ministro Gennaro Sangiuliano, alla stessa Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, al Direttore Dgca Nicola Borrelli, di non essersi fatti travolgere da una furia… “xenofoba”, che talvolta sembra purtroppo sedurre invece alcuni esponenti dell’attuale governo…

Clicca qui, per la sintesi del “XXXII Rapporto Immigrazione 2023. Liberi di scegliere se migrare o restare”, curato da Manuela De Marco e Simone M. Varisco per Fondazione Migrantes e Caritas Italia, pubblicato da Tau Editrice, presentato a Roma, The Church, il 17 ottobre 2023.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.