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Poste, la Cisl a Renzi: lavoratori azionisti entrino nel Cda

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In vista della quotazione del 40% di Poste prevista per fine ottobre inizio novembre, la Cisl torna a chiedere la partecipazione dei lavoratori alla governance dell’azienda controllata dal Tesoro attraverso l’azionariato collettivo. ”Questa – sottolinea il segretario generale Annamaria Furlan in una lettera aperta al presidente del Consiglio Matteo Renzi pubblicata sull’Unità sarebbe una svolta storica per il nostro paese, una sfida sociale e culturale che come sindacato lanciamo al Governo, a tutte le forze politiche ed alle altre forze sociali”.

Nei prossimi giorni il Tesoro collocherà il 40% del capitale di Poste Italiane sul mercato azionario – sottolinea in premessa Furlan – ”si tratta di una operazione finanziaria importante che avrà ripercussioni, speriamo positive, sul futuro dei servizi postali, sui nuovi investimenti dell’azienda e sulla gestione del risparmio dei cittadini, visto che le Poste raccolgono quasi 500 miliardi all’anno di depositi, finanziando in parte la Cassa Depositi e Prestiti. Ma questa parziale privatizzazione di Poste può e deve diventare anche un’opportunità per rendere più moderne e forti le relazioni industriali nel nostro paese”.

La riforma dei contratti e la partecipazione dei lavoratori sono per la Cisl complementari. ”Tocca ai sindacati ed alle imprese – dice – legare sempre più gli aumenti salariali alla produttività, alla qualità dei prodotti e dei servizi, attraverso la contrattazione aziendale e territoriale, sia nel lavoro privato che in quello pubblico. Ma è giunto il momento di valutare se e come un modello di riferimento simile a quello americano o tedesco possa essere mutuato nel nostro paese, applicando finalmente l’articolo 46 della Costituzione, non solo per responsabilizzare il lavoratore, ma anche per concorrere ad una democratizzazione della finanza italiana”.

Furlan chiede di non commettere l’errore fatto negli anni Novanta, ovvero “la sostituzione dei monopoli pubblici con monopoli privati: penso a Telecom Italia o Autostrade, ha osservato, precisando di non essere per principio contraria alla privatizzazione. ”Fu davvero una occasione perduta – sottolinea – perché tante aziende importanti si sono disperse, sono andate in mani straniere ed hanno avuto una forte regressione sia sul mercato, sia sul piano occupazionale. In alcuni casi si crearono dei grandi monopoli privati al posto di quelli pubblici. Non dobbiamo commettere ora lo stesso errore con le Poste”.

”Bisogna – avverte – incentivare fiscalmente l’azionariato collettivo in modo che i lavoratori possano indicare i loro rappresentanti nel Consiglio d’Amministrazione o in quello di sorveglianza. Ecco perché l’azienda postale può diventare davvero un modello per tutto il mondo produttivo italiano”.

Intanto, dopo il recente road show internazionale dell’amministratore delegato Francesco Caio, con prima tappa a New York, fra i potenziali investitori esteri ci potrebbero essere la China Investment Corporatione e il Japan Government Pension Investment Fund, il fondo d’investimento giapponese, pronti a rilevare un pacchetto del 5%.

Secondo la banca IMI, uno degli istituti di credito che gestirà la Ipo, una volta quotato il capitale borsistico di Poste Italiane potrebbe valere tra gli 8,95 e gli 11, 42 miliardi di euro.

Sul fronte della riorganizzazione, il postino italiano potrebbe presto suonare anche due volte al giorno e di sabato, quanto meno nelle grandi città, dove la posta sarà consegnata anche diverse volte al giorno, grazie ad un accordo con i sindacati; nei piccoli Comuni invece la consegna avviene già per lo più a giorni alterni. Si tratta di una riorganizzazione più flessibile, che ha reclutato 700 nuovi postini mentre secondo il piano industriale altre 7.200 persone saranno assunte tra i 2015 ed il 2020.

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