La relazione

PNRR, Vito Vitale (Fistel Cisl): ‘Risorse per il digitale a rischio per il riassetto delle Tlc italiane’

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La relazione di Vito Vitale, segretario generale della Fistel Cisl, su telecomunicazioni, rete unica e Rai al VII° Convegno nazionale del sindacato in corso a Roma.

Ampio spazio alla crisi della filiera delle telecomunicazioni, alla vicenda Tim/rete unica e anche alle vicissitudini della Rai, con particolare attenzione a Raiway, nella relazione di Vito Vitale, segretario generale della Fistel Cisl, in occasione del VII° Congresso annuale del sindacato in corso a Roma. Di seguito i capitoli che riguardano le telecomunicazioni e la Rai.

Vedi anche: TIM alle corde, sindacati contro i vertici aziendali. “Congiura del silenzio, politica assente”. Rivedi il webinar

Telecomunicazioni

Filiera delle TLC, 200mila lavoratori occupati

Parliamo di una filiera articolata, si legge nella relazione di Vito Vitale, “che ruota attorno agli Operatori di TLC, che generano per buona parte i ricavi degli altri attori (dai fornitori di infrastrutture di rete, a quelli di apparati e servizi di rete, fino alle aziende di CRM/BPO). Un insieme di aziende che occupa al suo interno circa 200.000 lavoratori e che crea un contributo importante al PIL del Paese. I rapporti sindacali con l’associazione datoriale ASSTEL sono improntati al reciproco riconoscimento, al rispetto e alla condivisione preventiva delle strategie da mettere in campo in un settore molto flessibile nei cambiamenti organizzativi e di mercato”.

Ricavi degli operatori pari all’1,7% del PIL, in calo dell’1% dal 2010

Per inquadrare meglio lo stato del settore prendiamo a riferimento i dati dell’ultimo Forum sulla Filiera delle TLC organizzato appunto dalle OO.SS. SLC-CGIL – FISTel-CISL- UILCOM-UIL e ASSTEL; “i ricavi degli Operatori TLC italiani valgono l’1,7% del PIL (nel 2010 erano il 2,7 %), mentre a livello di investimenti sostengono il 5,3% degli investimenti complessivi del Paese”.

Il 2020 record di traffico dati

“Il rapporto 2021 hanno evidenziato che il 2020 è stato un anno record per i volumi di traffico dati (+50% sia per il traffico dati fisso sia per quello mobile) e le contrattualizzazioni alle reti fisse con prestazioni oltre 100 Mbps che, a dicembre 2020, hanno raggiunto il numero di 9,5 milioni, pari al 52,6% del totale accessi broadband (+35% rispetto ai 7,1 milioni del 2019)”, si legge.

Ricavi 2020 ridotti di 1,5 miliardi a 28,5 miliardi ai minimi: dal 2010 al 2020 calo del 32% dei ricavi

Tuttavia si è registrato anche “un ulteriore peggioramento dei ricavi del settore che si sono ridotti di 1,5 miliardi di euro raggiungendo 28,5 miliardi, il valore più basso degli ultimi 10 anni. Complessivamente, dal 2010 al 2020, i ricavi complessivi hanno fatto registrare un calo del 32%, il radio-mobile del 40%, le comunicazioni fisse del 23%. Tale calo è superiore a quello degli altri principali paesi europei

Investimenti pari a 7,4 miliardi nel 2020

Di contro “gli Investimenti si sono attestati a € 7,4 miliardi, con incidenza record del 26% sui ricavi totali degli Operatori TLC. Rispetto alle altre Utility il settore delle Telco si conferma quello con i maggiori investimenti, seppur con ricavi e prezzi in calo. L’occupazione complessiva ha registrato negli ultimi quattro anni una perdita di qualche decina di migliaia di posti di lavoro”.

“Altro elemento rilevante è dato dal Saldo di cassa degli Operatori TLC (differenza tra EBITDA e CAPEX) pari a 2,5 miliardi di euro, valore più basso di sempre (nel 2010 era 10,5 miliardi di euro), segno che la marginalità del settore è assorbita dai flussi di cassa necessari a sostenere gli investimenti”, prosegue.

Scenari di settore

L’Italia risulta infatti, 25ma in Europa in ambito EU 28 (secondo l’ultima edizione 2020 del DESI report) per tasso di digitalizzazione dell’economia. Le carenze italiane più significative riguardano il capitale umano e il basso grado d’integrazione delle tecnologie digitali. Fondamentale, quindi, il corretto e pieno utilizzo dei fondi destinati dal PNRR per colmare i seguenti gap, orientati:

· alla connettività ad alta velocità in tutto il Paese;

· alla digitalizzazione della PA (importante anche per trainare gli investimenti dei privati);

· al miglioramento della competitività del sistema produttivo attraverso investimenti in tecnologie all’avanguardia, con particolare attenzione al sostegno delle piccole e medie imprese (l’ossatura portante del nostro sistema produttivo) favorendone l’internazionalizzazione e potenziando le filiere produttive più innovative e strategiche;

· al miglioramento delle competenze digitali di base dei cittadini (e di conseguenza dei lavoratori).

PNRR Missione 1 previsti 49,86 miliardi per il digitale

In quest’ottica va pertanto letto e sostenuto il PNRR che per la Missione 1 (“Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”) prevede la dotazione complessiva di 49,86 miliardi (di cui 40,3 a valere sul 18 PNRR, 0,80 a valere sul Piano “React EU” e 8,74 a valere sul Fondo Complementare). Per la digitalizzazione della PA sono previsti 11,5 miliardi, per la digitalizzazione del sistema produttivo 30,57 miliardi e per la digitalizzazione di cultura e turismo 8,13. Una cifra colossale che in soli 4-5 anni potrebbe cambiare i rapporti cittadino – istituzioni, consumatore – mercato, lavoratore – datore di lavoro. Purtroppo per i processi in atto nel riassetto delle Tlc italiane si rischia di impiegare le risorse in modo improduttivo se non dannoso per lo Stato. E’ importante che l’impegno a raggiungere tali ambiziosi obiettivi con le risorse del PNRR sia assunto da tutti con responsabilità soprattutto da parte delle Istituzioni, delle imprese e delle parti sociali. In questi ultimi trent’anni anni è mancata la visione di politica industriale del settore, i Governi che si sono succeduti hanno manifestato miopia e mancanza di strategia, non hanno capito fino in fondo che l’innovazione tecnologica e la diffusione delle infrastrutture di rete sarebbero state strumenti di sviluppo industriale e di servizi innovativi in un mercato sempre più globale”.

Nascita di Open Fiber positiva

“Riteniamo – prosegue Vitale – che la nascita di Open Fiber sia stata una operazione positiva, sicuramente uno stimolo allo sviluppo della connettività in un momento di incertezza degli investimenti privati, ma anche un percorso ad ostacoli dove i ritardi per ragioni burocratiche e di sistema rischiano di allontanare l’obiettivo. Grande è stato lo sforzo di competenza, di appartenenza e di sacrificio da parte di tutti i lavoratori per avviare una Start-Up complessa. Se l’ex Incumbent, scevro da pregiudizi politici, fosse stato sostenuto e indirizzato per guidare la trasformazione tecnologica e digitale del Paese – con lo stesso spirito di inclusione sociale degli anni sessanta della SIP – ovvero portare la connettività ad ogni cittadino, come sta avvenendo in tutti gli altri Paesi europei con gli ex monopolisti, forse avremmo risultati più apprezzabili per l’intera collettività. Adesso bisogna lasciarsi alle spalle ogni retropensiero, dubbio e perplessità per unire gli sforzi verso un unico obiettivo, connettere l’Italia!

Serve un campione nazionale

“Nel riassetto nazionale delle Tlc e successivamente a livello europeo, la mancanza di un “campione nazionale” impedirà al nostro Paese di giocare un ruolo centrale al tavolo dei grandi player europei per disegnare la nuova architettura dei media e delle telecomunicazioni paneuropee. In questo contesto la leva del PNRR assume rilievo fondamentale per rendere sostenibili gli investimenti in progetti di ricerca e sviluppo utili all’implementazione di standard globali e nella definizione di nuovi servizi a beneficio dell’intera collettività. In particolare, è decisivo pianificare una copertura omogenea dell’intero territorio nazionale con le reti ad alta velocità per assicurare la parità di opportunità di lavoro, di studio e di coesione sociale, in un’economia che procede verso la trasformazione digitale dell’industria e dei servizi”.

Rete unica scelta necessaria

Riteniamo per questo che la “rete unica nazionale” resti la scelta industriale necessaria nel riassetto complessivo delle reti in fibra. Rete Nazionale La FISTel- Cisl e l’intero Sindacato Confederale credono che il processo di riassetto delle reti passi ancora dalla condivisone del Memorandum dell’Agosto 2020 tra TIM, CDP e Open Fiber. 20 Una scelta a nostro parere convincente perché la partecipazione di CDP come azionista di riferimento (già azionista di TIM e OPEN FIBER) garantisce gli interessi di sicurezza nazionale ed è aperta al co-investimento di tutti gli operatori del mercato. Questo modello, inoltre, di rete nazionale sarebbe caratterizzato dall’assenza di legami di integrazione verticale rispetto ai servizi di accesso alla rete, avrebbe una Governance indipendente e, un nuovo regime regolatorio, dovrebbe assicurare la parità di accesso e spingere il coinvestimento con un elevato standard qualitativo del servizio”.

Separazione della rete, scelta sbagliata

“Nel recente piano industriale presentato dall’Amministratore Delegato di TIM al CDA si prevede invece la separazione della rete dai servizi e la definitiva archiviazione del Memorandum del 2020. Questo è anche l’orientamento che prevale tra le forze politiche e parlamentari che recentemente abbiamo incontrato. Riteniamo questa scelta sbagliata e non utile agli interessi nazionali perché risponde solo a logiche finanziarie dettate dalle esigenze dell’azionista di riferimento Vivendi, per rientrare dalle perdite dovute alla svalutazione dell’investimento. Gli analisti finanziari, infatti, a seguito della presentazione del piano non si soffermano sui vantaggi industriali che l’azienda e il Paese potrebbero avere per il futuro, si focalizzano esclusivamente sulle dinamiche di separazione degli Assets, funzionali all’aumento del valore in borsa del titolo”, prosegue Vitale.

Posizione di Cda Tim su KKR non è chiara

Inoltre “non è chiara la posizione del CDA di TIM sull’offerta di KKR , aldilà dei tatticismi dei comunicati aziendali, questa sorta nebulosa sul futuro del Gruppo condiziona le scelte strategiche, seppur non condivise del piano industriale ù. In questa incertezza intanto il titolo ha toccato i minimi storici. La separazione della rete dai servizi indebolisce TIM e l’intero settore delle Telecomunicazioni. Nell’ex monopolista si rischiano migliaia di esuberi, immaginiamo, inoltre, nel breve medio termini un effetto domino, con la duplicazione dell’analogo modello industriale in tutte le Telco. Avremo ricadute di carattere sociale su tutta la filiera con l’impoverimento del fattore lavoro e la modifica del “core business” delle telecomunicazioni e dei perimetri occupazionali. La filiera delle telecomunicazioni ne uscirebbe indebolita con il mercato che guiderebbe esclusivamente le scelte dei “business selettivi” e il Paese sarebbe penalizzato per le diseguaglianze dei milioni di cittadini tagliati fuori dalle opportunità fornite dalla connettività e dai servizi innovativi; la rete nazionale diventerebbe una grande azienda di manutenzione, complementare alle aziende già esistenti come Sielte, Sirti, con analoghi perimetri di attività e eccedenze di personale alla fine del processo di implementazione della infrastruttura.


Il punto sulla Rai

RAI

Anche se recentemente è stato rinnovato il CCL RAI (Referendum in corso), rimangono irrisolti molti problemi che affliggono la rete del servizio pubblico – si legge nella relazione – Noi da tempo sosteniamo che il primo punto da affrontare riguarda la governance dell’azienda, la quale deve aver ben separate le funzioni di gestione e vigilanza. La gestione deve essere affidata ad un management capace che gestisca industrialmente l’azienda senza intromissioni della politica che deve solo presiedere il comitato di vigilanza. Anche la durata del mandato dell’AD di 3 anni, appare nel complicato mercato dei media inadeguato. E’ necessario poi avere un miglior utilizzo delle risorse interne, un definitivo assetto rispetto alla riscossione del canone ed un adeguamento tecnologico che riduca il gap almeno con le altre tv generaliste e infine ricoprire in modo migliore il ruolo di servizio pubblico. Noi pensiamo che attraverso un utilizzo più efficace del rappresentante dei lavoratori nel Consiglio di Amministrazione, questi obiettivi possono essere più facilmente raggiunti”

Raiway, vendita delle quote soltanto per fare cassa?

“Il governo, tra la perplessità generale, perché non prevedibile, ha dato il via libera alla possibilità per la Rai di cedere le sue quote nella società delle torri di trasmissione, con un’operazione che apre la strada al riassetto del settore. Il presidente del consiglio Mario Draghi ha firmato un DPCM che consente alla RAI di scendere sotto la quota del 51% della sua partecipazione azionaria in Rai Way, attualmente fissata al 65%. L’azienda, quotata in borsa, possiede la rete di diffusione del segnale radiotelevisivo. Ora il progetto di fusione con Ei Towers, che detiene le infrastrutture di trasmissione di Mediaset in Italia, potrà essere riavviato. Il progetto rientra secondo la nostra lettura nel riassetto più generale del business delle “torri trasmissive” che ha già visto il riassetto di quelle di TLC con l’obiettivo del coinvestimento e la razionalizzazione dei costi. In Europa nessuna Emittenza pubblica detiene più le Torri trasmittenti, oggi detenuto da RAI WAY che distribuisce anche degli utili alla Capogruppo RAI (Utile netto pari a 52,8 milioni). La preoccupazione della FISTel Cisl è che la scelta della vendita delle quote di RAI WAY è solo finalizzata a fare cassa. Oggi la RAI ha un indebitamento di 625 milioni di euro (ammortamenti sotto controllo, ma trend debitorio in crescita). L’operazione di vendita delle quote di maggioranza può essere anche un’ opportunità di mercato condivisibile sotto l’aspetto industriale, ma questo scenario non rassicura il Sindacato sulla capacità di rilancio della RAI se non viene accompagnato da un piano industriale di breve e medio termine nell’ottica dell’ottimizzazione dei costi e del rilancio delle produzioni televisive. Se l’operazione è solo finanziaria per alleggerire il debito, allora diventa un’operazione preoccupante per la tenuta complessiva e per l’integrità di tutta l’Azienda e dei relativi perimetri occupazionali. Se come pare l’operazione è irreversibile per scelta del Governo, che è l’azionista della RAI, il sindacato deve assolutamente garantire, anche con il coinvolgimento delle Istituzioni il perimetro occupazionale e salariale dei lavoratori coinvolti, chiedendo un confronto con il MEF sul destino della TV pubblica”.

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