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PNRR, l’Italia rischia tagli per un 30% della somma complessiva. Per il MEF: tutto regolare

PNRR, possibili tagli per il 30% della dotazione complessiva

Il prossimo 30 giugno, o forse prima, sapremo esattamente su quanto potremo o meno contare relativamente alle risorse finanziarie contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, più conosciuto con il suo acronimo PNRR.

Questo perché alla base del Next Generation EU (chiamato in embrione Recovery Fund) c’è un regolamento, sottoscritto da tutti e 27 gli Stati dell’Unione europea, Italia compresa, in cui è messo nero su bianco che ogni stanziamento sarà soggetto a successiva revisione in base all’andamento dell’economia nazionale.

Quindi, se un Paese vede crescere la propria economica e i dati sul prodotto interno lordo sono favorevoli, allora i fondi del PNRR saranno rivisti, ricalcolati, in poche parole: ridotti.

Quando il grande piano europeo del Recovery fu varato, l’intero continente era ancora sotto shock per l’impatto della pandemia di Covid-19 e per i suoi effetti sanitari, sociali, psicologici ed economici, diretti ed indiretti.

C’era confusione, paura e disorientamento, meglio stanziare subito fondi per affrontare l’emergenza sanitaria, si è pensato a Bruxelles, poi si sarebbe provveduto a calibrare meglio i finanziamenti per ogni singolo Paese.

In sostanza, è stato spiegato nel briefing quotidiano per la stampa, presso la Commissione europea, dai portavoce Eric Mamer e Veerle Nuyts, “per l’allocazione finale massima, il regolamento prevede che la dotazione massima attuale per le sovvenzioni è indicativa, dato che il 30% è suscettibile di modifiche, in conformità alle decisioni prese dal Consiglio e all’articolo 11.2 del regolamento”.

La risposta del MEF: tutto previsto dal regolamento

Il nostro ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) ha subito commentato che l’aggiornamento degli importi relativi alle sovvenzioni contemplate nell’ambito dei Piani nazionali di ripresa e resilienza è una eventualità prevista al momento della costituzione del dispositivo europeo RRF, Recovery and Resilience Facility”.

Nello specifico, si legge nel comunicato del Mef, “l’articolo 11 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce il dispositivo, infatti, stabilisce che, nel calcolo delle sovvenzioni per ogni Paese, il 30% dell’importo complessivo venga quantificato sulla base di diversi fattori, fra cui l’andamento del Pil reale nel 2020 e la variazione aggregata del Pil reale nel periodo 2020-2021, da aggiornare entro il 30 giugno 2022 sulla base dei dati di consuntivo sul Pil 2021”.

I 209 miliardi di euro che sono stati assegnati all’Italia, infatti, erano già stati “significativamente rivisti al rialzo” nel corso del processo di formazione del piano stesso, in relazione all’evolvere delle stime sul Pil del biennio 2020-2021.

Ora che la nostra economia è in ripresa, in base al regolamento, c’è da rifare i calcoli e forse si prospettano tagli fino a 60 miliardi di euro rispetto alla cifra iniziale (ma di sicuro sarà molto di meno).

Come colmare i vuoti

Riguardo a questo il ministero ha dichiarato che “sulla base dei dati attualmente disponibili, ci si aspetta possa essere di importo molto limitato per l’Italia e comunque tale da determinare un impatto marginale sulla portata dell’intero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”.

In ogni caso, ogni eventuale variazione delle somme relative alle sovvenzioni potrà essere in parte colmata secondo quanto previsto dal regolamento che disciplina il dispositivo, attraverso il ricorso ad altre fonti finanziarie, come i fondi di coesione, i fondi nazionali, o eventualmente la richiesta di altri prestiti (che va fatta entro il 31 agosto 2023 per un ammontare massimo pari al 7% de reddito nazionale lordo dello Stato richiedente).

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