l'intervista

PNRR e crescita. De Leo: “Più industria, innovazione, investimenti e meno finanza, per rompere con lo schema degli ultimi 20 anni”

a cura di Raffaele Barberio |

Elettrificazione dell’automobile e centralità dei dati trasformano le infrastrutture in reti intelligenti. È una grande occasione e il nostro Paese potrebbe stupirci per la sua resilienza e la capacità di reinventarsi. Dobbiamo imporci scelte industriali che guardino avanti, coinvolgendo enti locali, imprese e università e ritrovare la capacità di avviare nuove alleanze in Europa.

Consueto appuntamento del lunedì con Francesco De Leo, Executive Chairman di Kauffman & Partners, per parlare questa volta di infrastrutture e cambio di paradigma nel mondo dei trasporti. Da rotaia a gomma, crollano i prezzi di trasferimento delle merci e tutto ciò ha una grande valenza in termini di modello di crescita economica, se si considera la ricaduta dei Big Data che le infrastrutture genereranno. L’Italia non parte svantaggiata, anzi potrebbe fare un balzo in avanti, se vi saranno le scelte più idonee da parte del governo ed una attenzione maggiore al rapporto tra industria, innovazione e investimenti. Tutto questo nel corso di una primavera impegnativa come questa, segnata dall’allentamento della morsa della pandemia e dal lancio dei piani del PNRR che nei prossimi mesi saranno definiti in chiave esecutiva.

Key4biz. Intanto siamo arrivati quasi senza accorgercene agli inizi di maggio, quali sono i trend economici che stanno emergendo?

Francesco De Leo. I dati sul primo trimestre 2021 comunicati la settimana scorsa ai mercati finanziari non lasciano margini ad interpretazioni. Stiamo entrando, più rapidamente di quanto era atteso, in una fase di rapido cambiamento delle nostre economie, con un’accelerazione della trasformazione digitale che sta rendendo più profondo il solco fra le società che hanno investito in innovazione e quelle che stanno progressivamente scivolando ai margini del mercato. Occorre capirne e, ove possibile, anticiparne le implicazioni.

Key4biz. Ci può offrire qualche indicazione?

Francesco De Leo. Se dovessi scegliere, punterei su cinque fattori che confermano come stiamo andando velocemente incontro alla fine di un ciclo economico, in un contesto peraltro segnato da un anno di pandemia, che rappresenta già da solo una rottura di continuità. Il primo fattore ci dice che Apple, Microsoft, Amazon, Facebook e Alphabet (Google) hanno registrato i risultati migliori di sempre, superando le attese anche più rosee degli analisti. Il secondo fattore ci ricorda le pressioni sulla domanda di microprocessori, che sta emergendo come un problema serio in molti settori e sta creando fra gli osservatori non poche preoccupazioni per le implicazioni che avrà sul settore dell’automotive. Il terzo fattore ci dice che i prezzi delle commodity sono tornati a salire come mai in passato (un caso emblematico è quello del rame, che registra +90% solo nell’ultimo anno), per la crescita della domanda dovuta alla necessità di mettere a terra power grids più estese e capillari. Il quarto fattore è ben rappresentato dall’IPO di Coinbase, l’exchange dedicato alle cripto valute, che ha superato le attese dei mercati con una valorizzazione di 85,6 miliardi di dollari, eclissando d’un colpo IPO come quello di Twitter, che fecero tendenza superando la soglia psicologica dei 25 miliardi di dollari. Infine il quinto fattore ci riporta a BT (British Telecom) che ha annunciato di volere cedere in tutto o in parte la divisione BT Sport in quanto, stando agli analisti, il peso sulla capitalizzazione di BT è pari a zero.

Key4biz. Ci può dare una chiave di interpretazione di questi fattori? O, se vuole, perché sono questi e non altri i dati a cui dobbiamo guardare?

Francesco De Leo. Per farsi un’idea della magnitudo dei cambiamenti in atto e leggere le reazioni dei mercati occorre, come sempre, individuare con anticipo quelli che sono gli indicatori chiave, quelli che hanno qualche probabilità in più di risultare determinanti nel ridefinire il contesto competitivo e gli assetti di mercato. Ma questo è solo un primo passo, perché a seguire occorre chiedersi quali siano le implicazioni sulle infrastrutture abilitanti (enabling infrastructures) che determinano il passaggio definitivo ad un nuovo paradigma. Il problema di ogni transizione è che raramente avviene in modo indolore e generalmente scava un solco profondo fra vincitori e vinti. Per questo occorre chiedersi da che parte del cambiamento si vuole stare: perché, se si rimane indietro o si fanno scelte antistoriche dettate dalla politica e non da ragioni di natura industriale, si rischia di dovere affrontare costi sociali che difficilmente ci possiamo permettere nelle condizioni in cui ci troviamo.

Key4biz.   Ci faccia capire meglio e senza metafore…

Francesco De Leo.   Per farsi un’idea, è sufficiente riconoscere che l’e-commerce ha subito un’accelerazione senza precedenti, destinata rafforzarsi ulteriormente da qui in avanti. Apple ha registrato il migliore primo trimestre dell’anno di sempre con una crescita complessiva dei ricavi del 54%, e con un aumento del 66% nelle vendite di I-phone su scala globale. Così anche Amazon che nel primo trimestre di quest’anno ha segnato i risultati migliori dai tempi della quotazione al Nasdaq nell’ormai lontano 2008, con un +44% in termini di ricavi, che hanno superato la soglia di 108 miliardi di dollari solo nei primi tre mesi dell’anno. Per avere un’idea delle implicazioni, agli inizi del 2020 in un anno di pandemia Amazon aveva circa 500 mila addetti ed oggi ha superato i 950 mila. In meno di dodici mesi ha praticamente raddoppiato il numero degli occupati. Le condizioni erano uguali per tutti gli attori in gioco e nessuno poteva prevedere l’arrivo di una pandemia che avrebbe azzerato il ruolo dei grandi centri commerciali, limitando l’accesso dei consumatori alla distribuzione fisica dei prodotti. Ma qualcuno è stato in grado di adattare il proprio modello di business più rapidamente di altri al nuovo contesto di mercato ed i numeri sono qui a dimostrarlo. Nessuno è in grado di prevedere il futuro, ma è possibile farsi trovare pronti, se ci si è attrezzati in anticipo sui tempi.

Key4biz. Sono numeri importanti. Verrebbe da dire: what’s next, che cosa ci dobbiamo attendere ora?

Francesco De Leo. Occorre non perdere tempo in dibattiti di retroguardia, e prepararsi al cambiamento che rimetterà in gioco assetti consolidati in molti dei settori che fanno parte del nostro vissuto quotidiano. Un esempio su tutti: ci si attende che l’e-commerce su scala globale passi da 870 miliardi di dollari del 2020 a 2.700 miliardi di dollari nel 2025, il che vuole dire che i volumi triplicheranno in soli 4 anni a partire da oggi. Abbiamo poco tempo. Dobbiamo prepararci a tassi di crescita esponenziali e porci senza indugi il problema di comprendere a fondo come anche il nostro Paese debba riprogettare rapidamente le proprie infrastrutture per farsi trovare pronto. Ancora una volta il tema della mobilità e di conseguenza il futuro delle reti di trasporto del nostro Paese torna ad essere centrale, come d’altra parte è stato a partire dal secondo dopoguerra.

Key4biz. Ritorna il tema della mobilità futura. Secondo lei è qui che si giocherà una parte importante della ripresa e del rilancio?

Francesco De Leo. Direi di sì, e due sono i fattori chiave. Il primo è la progressiva elettrificazione del trasporto su gomma e il secondo è la trasformazione dell’automobile come nodo di una rete diffusa di sensori. I progressi nell’energy storage e nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale rendono possibile un cambio di paradigma destinato a fare crollare verticalmente i costi di trasporto. Si stima che se in media il costo delle batterie di un veicolo elettrico è destinato a scendere del 28% ogni qualvolta si registra un raddoppio della capacità produttiva (Legge di Wright), ne consegue che a parità di condizioni il costo complessivo al chilometro è destinato a scendere dai 70 centesimi attuali ai 25 centesimi nel 2025. Nello stesso arco di tempo, si prevede che i veicoli elettrici in circolazione passeranno dai 2,5 milioni attuali a 40 milioni. La crescita della base di dati disponibili per “allenare” gli algoritmi di intelligenza artificiale è destinata ad amplificarne l’impatto, consentendoci di affrontare problemi complessi come mai ci è stato possibile immaginare di fare in passato.

Key4biz. Quali sono allora gli interventi che si devono mettere in cantiere, se si vuol crescere?

Francesco De Leo. Consideriamo che tutto questo sarà reso possibile solo se siamo nelle condizioni di trasformare le nostre infrastrutture in reti di trasporto intelligenti. Se ci riusciamo per primi, possiamo puntare ad acquisire un vantaggio competitivo destinato a perdurare nel tempo, ma se rimaniamo indietro, saremo costretti ad inseguire e rischiamo di finire ai margini del cambiamento. Le risorse, pur ingenti, del Recovery Plan difficilmente saranno sufficienti da sole. Se vogliamo tornare ad essere ai primi posti in Europa dobbiamo puntare alle infrastrutture di nuova generazione, rilanciando una campagna di investimenti che sia in grado di incontrare il favore degli investitori internazionali, perché da soli non abbiamo le dimensioni di scala sufficienti. Per questo motivo, il Governo è chiamato a fare delle scelte coraggiose. Occorre decidere da che parte del cambiamento si vuole stare ed intercettare con anticipo le direttrici di crescita. Non è utile per nessuno farsi distrarre da temi che dovrebbero essere archiviati da 20 anni, come in qualche caso ci accade. La digitalizzazione del Paese è una sfida che va ben oltre il tema della “Rete Unica”, anche perché nella fase attuale di transizione i protagonisti chiave sono gli attori che operano nel settore dell’energia e dell’automotive, non certo le società di telecomunicazioni. Scommettere sul passato non ha mai portato lontano. Sarà così anche questa volta e sarebbe rischioso accorgersene, quando è ormai troppo tardi. Fare delle scelte vuole dire assumersi la responsabilità di definire le priorità. Siamo pronti a farlo?

Key4biz. Certo non è un percorso semplice, né immediato. Da dove si deve ripartire, come fare per mettersi in moto?

Francesco De Leo. In primo luogo, è bene porsi il problema di come evitare le cosiddette “value traps”, ovvero le trappole dovute al fatto che alcuni titoli di società quotate e il loro debito sono già oggi trattati dai mercati “a sconto” e per una ragione molto semplice, che spiego subito. Dopo più di 20 anni di mancati investimenti, per via di un orientamento manageriale caratterizzato da una forte avversione al rischio, con in più l’aggravio di una leva finanziaria che espone il fianco ad un livello di vulnerabilità maggiore in caso di un probabile rialzo dei tassi di interesse, è molto difficile che ci siano margini per tornare ad essere al passo con il cambiamento. Per gli investitori vale la massima: “never throw good money, after bad money” (ndr. non buttare via risorse fresche per inseguire cattivi investimenti). Temo che sarà così anche questa volta, e quindi non ci sarà da rimanere sorpresi se alcuni degli attori chiave, che in larga parte hanno avuto un ruolo di rilievo in passato, siano destinati ad un declino senza possibilità di appello. In secondo luogo, occorre puntare dritti nella direzione dei settori in crescita, che sono al centro della trasformazione delle nostre economie. È nella convergenza fra energia, automotive ed infrastrutture intelligenti che si gioca il futuro del nostro Paese. Non partiamo battuti in partenza. Già oggi possiamo contare su player che hanno conquistato un ruolo di leadership su scala europea, come nel caso di ENEL.

Key4biz. Dalle sue parole si avverte l’urgenza, accentuata peraltro dal PNRR che obbligherà tutti a correre, o sbaglio?

Francesco De Leo. Fare presto e fare meglio: “build back better”, come ripete il presidente americano Joe Biden dal giorno del suo insediamento alla Casa Bianca. Non è uno slogan, è un piano d’azione. Dovrebbe essere così anche per noi. Le risorse che ci vengono messe a disposizione dall’Europa non sono infinite e, trattandosi in ultima istanza di nuovo debito, si deve tenere presente che quanto ci sarà dato dovrà essere restituito e questo obbligo cadrà sulle spalle delle nuove generazioni. È bene non dimenticarselo, perché quando ci sarà presentato il conto, occorrerà dare dimostrazione di avere saputo fare investimenti che vanno nella direzione del cambiamento.

Key4biz. Ci faccia un esempio concreto…

Francesco De Leo. Certo, le faccio l’esempio forse tra i più rilevanti nel caso del nostro Paese: quello delle infrastrutture. Devono essere riprogettate tenendo presente la trasformazione in atto che vede al centro il ruolo dei dati e dell’intelligenza artificiale nel ridisegnare la mobilità futura. L’elettrificazione del trasporto su gomma, lo sviluppo di batterie di nuova generazione e la rete elettrica sono gli assi portanti del cambiamento che sta trasformando le nostre economie. Ovorrei aggiungere che, ogni volta che si parla di investimenti infrastrutturali, si deve tenere presente che richiedono in media un arco di tempo di 5-7 anni per essere messi in opera. Questo vuole dire che occorre sforzarsi di anticipare come sarà il mondo per essere “a prova di futuro”, perché i risultati si vedranno solo a partire dal 7 settimo anno in avanti. Se ci misura su queste scelte con un’impostazione non in linea con il cambiamento, si rischia di sacrificare risorse su progetti che difficilmente saranno in grado di ripagare gli investimenti fatti. Come direbbe il Primo Ministro Mario Draghi, si tratterebbe di debito “cattivo”, perché non in grado di produrre valore nel tempo. In questo senso, la migrazione dell’automotive verso la mobilità elettrica ed il ruolo centrale dei Big data, dovuto all’evoluzione dell’auto quale nodo di una rete distribuita di sensori, non lascia molti margini di interpretazione. Occorre rilanciare una campagna di investimenti nelle infrastrutture per trasformarle progressivamente in reti intelligenti.

Key4biz. Quindi si torna al ruolo centrale delle reti. Le infrastrutture si sovrappongono una sull’altra?

Francesco De Leo. La scala dimensionale degli investimenti che portano all’elettrificazione del trasporto su gomma e gli investimenti mirati allo sviluppo della guida autonoma e semiautonoma sono destinati a produrre un crollo verticale dei costi di trasporto. L’evoluzione verso mezzi di trasporto elettrici a guida autonoma è destinata a modificare gli assetti di governo delle infrastrutture oggi esistenti. Si stima che il costo del trasporto su gomma in modalità elettrica dovrebbe scendere dai 12 centesimi attuali (per tonnellata al chilometro) a 3 centesimi. A questi livelli il trasporto su gomma diventa competitivo con il trasporto su rotaia, un trend che è destinato ad affermarsi più rapidamente di quanto si prevede. Dagli anni 2000 in avanti era stato esattamente il contrario e il trasporto su rotaia aveva progressivamente acquisito fette di mercato. È un’inversione di tendenza importante, perché l’evoluzione verso la mobilità elettrica ed il ruolo dei Big data sono in condizioni di ribaltare un trend che si era affermato negli ultimi 20 anni: quando diventerà strutturale questa inversione nelle rispettive curve di costo (fra veicoli elettrici e trasporto su rotaia), 440 miliardi di euro di infrastrutture ferroviarie “dedicate” saranno esposte al rischio di una progressiva obsolescenza.

Key4biz. Quindi l’elettrificazione del trasporto su gomma dovrebbe essere a tutti gli effetti un “game changer”. Si intravede una parabola discendente per le merci su rotaia. Perché?

Francesco De Leo. Perché l’elettrificazione ed il ruolo dei Big data offrono margini di miglioramento in termini di produttività ed efficienza che non sono alla portata del trasporto ferroviario, che si basa su infrastrutture dedicate e non adattabili ad usi diversi da quelli per cui sono state progettate. Il fattore chiave è ancora una volta il ruolo delle reti. Le reti stradali e autostradali come pure la rete elettrica sono di gran lunga più estese e capillari delle reti del trasporto ferroviario. Se, come si prevede, l’evoluzione dei veicoli elettrici (a guida autonoma o semiautonoma) si affermerà come un pattern irreversibile, prendendo anche forme diverse, come nel caso dell’integrazione del trasporto su gomma con l’utilizzo di droni per l’ultimo miglio, difficilmente la rete ferroviaria potrà rimanere competitiva nel medio termine. Quando la centralità dei dati diventa il terreno chiave di confronto competitivo, le reti e la crescita esponenziale dei dati determinano il cambio di paradigma verso cui stiamo andando incontro. L’evoluzione dell’energy storage e dell’intelligenza artificiale trasformano infrastrutture fisiche “statiche” in reti intelligenti “dinamiche”. Difficile che si torni indietro. Questo vuole dire che occorre fare i conti con quelli che diventano progressivamente i nuovi fattori critici di successo, destinati a cambiare lo scenario competitivo. La centralità delle reti si afferma in termini di estensione (reach), capillarità (granularity) e fungibilità (interoperability). Le infrastrutture “dedicate” e “single purpose”, come le reti ferroviarie, non presentano gli stessi margini di flessibilità nell’adattarsi alla molteplicità di forme di mobilità futura. Anche di questo si dovrà tenere conto nel ripensare le infrastrutture del nostro Paese e l’impiego delle risorse del PNRR.

Key4biz. Come si cxolloca in questo contesto la vicenda ASPI (Autostrade per l’Italia), il tema del giorno. Lei che idea si è fatto?

Francesco De Leo. Non è mia intenzione commentare le vicende relative agli assetti proprietari, perché sono ancora in pieno svolgimento. Ma in una prospettiva di mobilità futura le autostrade sono tornate al centro del cambiamento. Possono ancora una volta, come agli inizi degli anni Sessanta, contribuire a proiettare il Paese verso un futuro di crescita. Ancora una volta, come si è già verificato in passato, la rete autostradale può letteralmente rimettere in moto il Paese e diventare il laboratorio di sviluppo più avanzato in Europa per testare il futuro della mobilità elettrica. Occorre solo attrezzarsi per arrivare pronti all’appuntamento con il futuro, fra 5-7 anni a partire da oggi. È una sfida industriale prima che finanziaria. È l’ultima possibilità che abbiamo a disposizione per riagganciare il treno dello sviluppo e ritornare centrali in Europa. Si deve tornare a parlare di industria, di tecnologia, di innovazione per garantire alle prossime generazioni la possibilità di cimentarsi con grandi sfide, come è avvenuto ai tempi della ricostruzione del nostro Paese nel secondo dopoguerra. D’altronde, non è che viviamo tempi molto diversi da allora. Il Paese è arrivato sfibrato alla fine del primo anno di pandemia e ci si deve impegnare per ritrovare un obiettivo comune, in grado di mobilitare le risorse migliori che abbiamo a disposizione.  La mobilità futura, progettata all’interno della progressiva transizione energetica, è la madre di tutte le sfide. E questo può servire anche a noi per ritrovare un ruolo ed un’identità più compiuta, nel contesto dell’Europa.

Key4biz.   Da quello che dice verrebbe voglia di dire “più industria” e “meno finanza”, al contrario di quanto si è verificato negli ultimi 20 anni. È proprio così?

Francesco De Leo.   In linea di massima direi sì, anche se l’industria non può prescindere dalla finanza. Viviamo in un mondo globalizzato ed interconnesso e non abbiamo le risorse per fare tutto da soli. Nel caso di ASPI, penso che anche questa debba costituire un’opportunità per ripensarne lo sviluppo in chiave europea, senza cullarsi nell’idea che sia possibile affrontare le sfide dell’elettrificazione della rete autostradale rimanendo vincolati ad una visione chiusa all’interno dei confini nazionali. In questo caso non si andrebbe molto lontano, perché la trasformazione delle infrastrutture in reti intelligenti è un cambio di paradigma che può essere affrontato solo se si trova spazio per consolidare nuove alleanze e definire standard applicativi comuni. Le autostrade stanno rapidamente diventando il terreno chiave di confronto a livello competitivo su scala globale, molto prima di quanto siamo disposti ad accettare e la creazione di standard condivisi è l’unica chance per rilanciare una nuova stagione di innovazione, come è stato quando l’Europa ha scelto di condividere lo standard GSM come base comune per lo sviluppo della telefonia mobile. L’autarchia in chiave tecnologica, quando si opera in un mercato nazionale di dimensioni limitate come il nostro, non porta da nessuna parte. Meglio non farsi illusioni e puntare a partnership in grado di creare quella base comune di consenso necessaria per accelerare un cambio di paradigma a livello europeo. Questa è l’occasione per il nostro Paese per dimostrare di essere tornato centrale in Europa. A Bruxelles, più di quanto è avvenuto in passato, c’è una diffusa convinzione che i progetti del piano Next Generation EU debbano trovare un catalyst in nuove forme di collaborazione fra Paesi. Ripensare le reti in una prospettiva di mobilità futura è un primo passo. La centralità dei dati è una sfida che rischia di trasformare le reti autostradali in “dumb pipelines”, non diversamente da quanto è avvenuto per le reti di telecomunicazioni e l’Europa ne ha pagato il prezzo. Questa volta non ce lo possiamo permettere. Non è mai troppo tardi per fare scelte migliori. Dobbiamo solo impegnarci a stare, come è ovvio, dalla parte giusta del cambiamento.

Key4biz. In sintesi, lei reclama più industria, più innovazione, più investimenti e più apertura al cambiamento, si tratta di una rottura rispetto agli ultimi 20 anni del nostro Paese. Crede che sarà davvero possibile?

Francesco De Leo. Nulla e nessuno ci può dare la forza di cambiare quello che siamo, se non ritroviamo coraggio, fiducia nelle nostre capacità e determinazione ed anche il gusto per le sfide impossibili, che ci costringono ad elevare il nostro livello di gioco. Elettrificazione dell’automobile e centralità dei dati, che trasforma le infrastrutture in reti intelligenti, sono l’occasione che attendevamo da tempo. Per chi vive e ha vissuto molta parte della propria vita fuori dai confini nazionali, il nostro Paese non smette di stupirci per la sua resilienza e la capacità di reinventarsi. Sarà così anche questa volta, se solo ci imponiamo di uscire dagli steccati di scelte politiche fatte con lo sguardo rivolto al passato e ritroviamo la capacità di allargare il campo delle nostre alleanze, coinvolgendo i nostri partner europei a cui siamo storicamente legati. Quando il mondo cambia velocemente, come sta avvenendo anche per l’accelerazione dovuta agli effetti della pandemia, lo ripeto, occorre pensare in chiave industriale, perché la finanza di per sé può solo essere una risposta difensiva, in grado semplicemente di allontanare l’appuntamento con il futuro. Lo dimostra il fatto che le Big tech americane, che solo 15 anni fa avevano iniziato a muovere i primi passi, oggi capitalizzano nel loro insieme 8 mila miliardi di dollari, un quarto di tutto il mercato finanziario americano. Tutto questo è avvenuto senza che fosse distribuito un dividendo, senza ricorso alla leva finanziaria, ma con un impegno senza precedenti ad investire nel futuro. Ne sanno qualcosa le società di telecomunicazione, che hanno perso la centralità di un tempo. Occorre ammettere che da noi in Europa non è stato così ed ora siamo costretti a recuperare velocemente terreno per non ritrovarci ai margini del cambiamento. A volte le partite si possono vincere all’ultimo minuto. Noi, come Paese, abbiamo saputo farne uno stile di vita, consapevoli che si deve stare in campo fino alla fine. Per questo sono più ottimista che in passato. Lamentarsi è da provinciali, d’altronde “è meglio essere ottimisti ed avere torto, piuttosto che pessimisti ed avere ragione” (Albert Einstein). E poi, ci è sempre data una seconda opportunità per cambiare in meglio, l’importante è non gettarla al vento.