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Plastica, vale il 3,4% delle emissioni globali di CO2 (più del trasporto aereo)

Plastica, la regina dell’inquinamento globale

I rifiuti di plastica hanno raggiunto ogni parte del nostro pianeta. Sono sulla terra ferma, non solo nei grandi centri urbani o aree limitrofe, ma anche in montagna, sui ghiacciai, nei fiumi e nei laghi, in mare, nei grandi oceani, persino nelle terre artiche e antartiche.

Plastica che non solo inquina con i residui (le microplastiche sono anche nell’acqua che beviamo, nel terreno e nella pioggia), ma che è anche responsabile di una non indifferente quantità di emissioni di diossido di carbonio (CO2).

Secondo un’analisi pubblicata dalla MIT Technology Review, proviene dalla plastica il 3,4% delle emissioni globali di gas serra, molto di più dell’intero settore dei trasporti aerei.

D’altronde, la plastica è un derivato dell’industria del petrolio (petrolchimica). I combustibili fossili alimentano gli impianti che producono questo materiale e ne sono le componenti di base.

Più plastica significa un aumento dei consumi di energia, di petrolio e gas

Nel 2014 la plastica assorbiva da sola il 6% della domanda mondiale di petrolio. Entro il 2050 si attende un aumento sensibile di questo livello al 20% o più della domanda mondiale.

Nei Paesi del G20 si stima che il consumo di plastica sarà più raddoppiato entro il 2050, con gravi danni arrecati all’ambiente, soprattutto per l’inquinamento generato sia in fase di produzione della plastica, con le emissioni di gas serra a livello industriale, sia in fase di smaltimento, con grave impatto sull’aria che respiriamo e sull’acqua che beviamo (basti pensare sempre alle microplastiche), sia per le reazioni chimiche indesiderate che queste possono innescare nell’ambiente in cui sono riversate come rifiuto.

Ma in che modo questo materiale influisce e non poco sull’assetto climatico terrestre?

Per produrre plastica oggi si usa soprattutto il gas naturale come fonte energetica per gli impianti dedicati a questa attività industriale. Quindi si emettono gas serra sia per estrarre questo combustibile fossile, sia nel suo utilizzo, sia nel trasporto (compresi incidenti e perdite lungo le reti di distribuzione).

Solo negli Stati Uniti, l’estrazione e il trasporto del gas naturale, per alimentare gli impianti dove poi sarà prodotta plastica, possono generare tra 12,5 e 13,5 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

Un’altra fetta considerevole di emissioni di CO2 proviene dai forni (che arrivano a 1.110°C) in cui si scompongono le materie prime in molecole più piccole, che poi saranno trasformate in plastica.

Oggi solo il 9% della plastica è raccolto correttamente per l’avvio al riciclo

Per capire quanta ne produciamo ogni anno, basti pensare al volume dei rifiuti che si accumula anno dopo anno: il 72% della plastica finisce nelle discariche o nei rifiuti, il 19% viene incenerito e solo il 9% viene riciclato (dati 2019).

Il problema del poco riciclo sta nella natura di questi prodotti finali che poi vengono buttati via. Non tutti possono essere riciclati e preparati ad un nuovo ciclo di vita.

Una strada da percorrere è quella tracciata dalle nuove tecnologie, come il riciclaggio enzimatico e chimico, che potrebbe ampliare non di poco il gruppo delle plastiche riciclabili.

Ad esempio, c’è Carbios, un’azienda francese che vuole utilizzare gli enzimi per trattare la plastica in funzione di un suo percorso di riciclo e riuso.

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