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Plastica biodegradabile, mercato globale a 6 miliardi di dollari nel 2023. In Italia giro d’affari da 700 milioni

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Cresce la domanda di plastica biodegradabile nel mondo ottenuta da materiali vegetali e organici, per un mercato che nel 2018 ha superato i 3 miliardi di dollari. Buste, imballaggi, beni di consumo sono i prodotti su cui si investe. In Italia il settore è cresciuto dell’87% nell’ultimo anno.

Sappiamo tutti che la plastica è dannosa per l’ambiente e la nostra salute. Nonostante questo, però, la domanda è in aumento a livello mondiale. Nel 1950 era pari a circa 2 milioni di tonnellate, nel 2015 ha raggiunto le 400 milioni di tonnellate. La metà di questa crescita è avvenuta negli ultimi 13 anni, secondo valori.it.

Solo negli Stati Uniti ogni anno sono consumati 331 milioni di barili di petrolio per produrre oggetti in plastica.

Ogni anno gettiamo via come rifiuti più di 500 miliardi di buste di plastica. Oltre a rappresentare un disastro ambientale, possiamo considerare questo comportamento anche come un danno economico. Perché produrre oggetti che poi finiscono tra i rifiuti, invece di pensare a qualcosa che possa essere riutilizzato più volte prima della fine del suo ciclo vitale?

La plastica biodegradabile nasce proprio per questo motivo e, ovviamente ,anche per ridurre sensibilmente l’impatto ambientale di questo materiale altamente inquinante.

Secondo stime Markets and Markets, attualmente il mercato mondiale della plastica biodegradabile ha raggiunto i 3 miliardi di dollari di valore, ma entro il 2023 potrebbe superare i 6,1 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo (Carg 2018-2023) pari al 15%.

Per produrre questo tipo di plastica si parte da materiali organici (come amido di mais, grano, tapioca, patate, fecola di patate o scarti vegetali) o a base di poliesteri sintetici caratterizzati da elevata biodegradabilità.

Con la plastica biodegradabile si può fare di tutto e l’Unione europea stima che entro la fine del 2020 il 57% delle buste di plastica sarà appunto biodegradabile, come lo sarà il 31% degli imballaggi e il 7% dei beni di consumo.

Si stanno muovendo anche le imprese. Ad esempio, McDonald’s ha annunciato che entro il 2025 il packaging dei clienti sarà ricavato al 100% da materie riciclabili e fonti energetiche rinnovabili.
Avantium specializes sta lavorando alla produzione di plastica ricavata dalla lavorazione industriale dello zucchero.
La tedesca Basf ha visto aumentare i ricavi del settore del 53% l’anno scorso, mentre la messicana E6PR ricava plastica da imballaggio per le birre direttamente da materiale vegetale.
Altre compagnie del settore sono: Mitsubishi Chemicals, Good Natured Products, la tailandese NatureWorks, l’olandese Corbion.

In Italia, considerando l’intera filiera delle plastiche compostabili, dalla sintesi di materie prime e compound, fino alla prima trasformazione per arrivare alle lavorazioni finali, come ad esempio la produzione del sacchetto partendo da biofilm, il settore conta 252 aziende con 2.550 addetti dedicati, (contro – rispettivamente – le 240 aziende e i 2.460 lavoratori del 2017).

Negli ultimi sei anni, si legge nel Report 2019 di Assobioplastiche, il giro d’affari nel nostro Pase è salito dell’87% a 685 milioni di euro, ben superiore a quello del 2017 (545 milioni di euro) e del 2016 (474 milioni).

Al primo posto, per consumi di bioplastiche, ci sono i sacchetti per l’asporto di merci, con il 61% del totale, e un incremento del’8,4% sul 2017, seguiti dai sacchetti ultraleggeri, con il 19%, mentre il restante 20% si suddivide tra sacchi per la raccolta dell’umido, articoli per l’agricoltura, la ristorazione, l’imballaggio alimentare e l’igiene della persona.