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Più Brics, meno Prigožin

Giampiero Gramaglia inaugura la prima parte dell’undicesimo fascicolo di Democrazia futura dedicata alla geopolitica con un’analisi del quadro internazionale dopo la scomparsa del capo della Wagner Prigožin e il conseguente rafforzamento di Putin in seno al Cremlino e dopo la decisione da parte dei cinque paesi fondatori del Brics di allargare l’organismo a sei altri Paesi  Arabia saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Etiopia, Egitto, Argentina. Due le opzioni in campo. La prima voluta dall’asse fra Cina e Russia vorrebbe farne uno strumento per creare un nuovo ordine mondiale alternativo all’Occidente. Per altri invece si tratterebbe di creare un mero club non allineato per gli interessi economici dei Paesi in via di sviluppo. Secondo l’ex direttore dell’Ansa occorre che “L’Occidente prenda atto del disegno sino-russo di un nuovo ordine mondiale evitando attraverso il dialogo la creazione di blocchi contrapposti”.

L’allargamento dei Brics e la morte di Prigožin coincidono, certamente casualmente, e incidono sui rapporti di potere nel Mondo e in Russia: eventi separati, ma interconnessi, se non altro perché un medesimo personaggio, il presidente russo Vladimir Putin, è al centro di entrambi.

Non vogliamo qui sciogliere la matassa delle circostanze della scomparsa del capo della Wagner Evgheni Prigožin (e neppure abbiamo le fonti per farlo): tutto resta incerto e, probabilmente, i dubbi su quanto accaduto non saranno mai del tutto chiariti e, fra decenni, ci sarà ancora qualcuno che pretenderà di ricostruire “la verità”, come avviene per pezzi di storia misteriosi ad ogni latitudine.

Ma, qui, non ha importanza se Prigožin sia stato vittima di un incidente o sia stato assassinato, con un missile – il Pentagono lo esclude e ha gli strumenti per farlo – o con una bomba a bordo; e, in fondo, neppure se sia davvero morto o se abbia voluto ‘scomparire’, d’intesa o meno con Putin.

Di fatto, l’uscita di scena dell’uomo che aveva pubblicamente sfidato il Cremlino – almeno, questa era l’ovvia lettura del suo putsch di fine giugno 2023– rafforza il controllo di Putin sulle leve del potere in Russia: lo libera di un ex amico e alleato divenuto ormai un potenziale rivale, anche se più scomodo ai vertici militari che a lui stesso; e gli allarga intorno l’alone già fortissimo di ‘chi tocca Putin muore’.

Anche il presidente statunoitense Joe Biden contribuisce – scientemente? – a ciò, quando, senza spingere oltre le illazioni, dichiara che in Russia non accade nulla senza che Putin lo sappia e/o lo voglia.

Questo sul piano nazionale. 

L’allargamento dei Brics: un nuovo ordine alternativo a quello a monopolio occidentale? 

Sul piano internazionale, la notizia di Prigožin arriva mentre il Vertice dei Brics di Johannesburg sancisce un oggettivo rafforzamento dell’ambizione comune sino-russa di promuovere un nuovo ordine mondiale alternativo a quello a monopolio occidentale e trazione statunitense del G7, con i corollari di Unione europea e Nato e altre entità regionali meno consolidate nel Pacifico.

Brics (Brasile, Russia, India, Cina e SudAfrica) accolgono Arabia saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Etiopia, Egitto, Argentina: arrivano a rappresentare quasi la metà della popolazione mondiale e quasi i due quinti del Pil mondiale. Con l’Unione europea, il G7 rappresenta circa un sesto della popolazione e oltre la metà del Pil mondiali.

A Johannesburg, c ‘è la presenza fisica del presidente cinese Xi Jinping. Manca quella di Putin, che non va in SudAfrica per non creare imbarazzi a un Paese che dovrebbe arrestarlo in esecuzione del mandato di cattura per crimini di guerra della Corte penale internazionale, che Pretoria riconosce, contrariamente a Russia, Ucraina, Cina, Usa e altre ‘potenze’ dalle tentazioni aggressive.

Ma Putin riscatta l’umiliazione di doversi presentare ‘a remoto’ apparendo più forte, sullo schermo, dopo l’uscita di scena di Prigožin.

Che la “la struttura globale della governance internazionale di oggi rispecchi il mondo di ieri” e sia stata “creata largamente all’indomani della Seconda guerra mondiale, quando molti Paesi erano ancora governati da potenze coloniali” lo ammette, parlando ai Brics, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in una sessione del Vertice allargata a decine di altri Paesi e intitolata Africa Outreach and Brics Plus Dialogue– presenti 65 tra Stati e organizzazioni internazionali -. Ciò, aggiunge Guterres, è “particolarmente vero nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e nelle istituzioni di Bretton Woods”.

Il futuro dei Brics: forza alternativa al G7 o “solo” club non allineato per i Paesi in via di sviluppo?

 

Alla vigilia dell’incontro di Johannesburg, il Financial Times anticipava che la Cina avrebbe premuto perché i Brics crescano e diventino simili per forza, ma alternativi, al G7. L’idea, che Mosca condivide, non convince, però, tutti: alcuni Paesi ritengono che i Brics dovrebbero essere ‘solo’ un club non allineato per gli interessi economici dei Paesi in via di sviluppo; altri, invece, pensano che possa divenire una forza politica in aperta sfida all’Occidente.

Nell’allargamento dei Brics, e nelle elucubrazioni su una moneta unica, c’è, al momento, più fuffa che sostanza: tutti quei Paesi – i cinque originali, i sei nuovi venuti e le decine in lista d’attesa – sono troppo diversi e distanti fra di loro per costituire una comunità. Alcuni sono una democrazia – India, SudAfrica, Brasile, Argentina -; altri sono di fatto autocrazie – Russia, Egitto – o teocrazie – Iran – o monarche quasi assolute (Arabia saudita). Alcuni hanno rispetto per valori come i diritti dell’uomo, altri ne hanno poco o nulla. Alcuni sono fra di loro amici, altri fra di loro rivali. Alcuni tengono il piede in molte scarpe e probabilmente sono visti con diffidenza dagli altri interlocutori.

Insomma, più che al G7 i Brics allargati assomigliano al movimento dei non allineati nella versione Anni Cinquanta e Sessanta, a trazione Sukarno, Nehru, Tito e Nasser: una coalizione di Stati che non volevano schierarsi nella Guerra Fredda né con gli Usa né con l’Urss e che si opponevano a colonialismo, imperialismo e neo-colonialismo.

L’Occidente prenda atto del disegno sino-russo di un nuovo ordine mondiale evitando attraverso il dialogo la creazione di blocchi contrapposti

E’ però certo che il disegno sino-russo di un nuovo ordine mondiale ha ricevuto un impulso positivo dal Vertice di Johannesburg: rispetto all’Organizzazione per la sicurezza di Shanghai, ad esempio, che è una sorta di ‘giardino di casa’ di Pechino e Mosca, i Nuovi Brics costituiscono un’entità più articolata ed economicamente più importante.

L’Occidente deve, a mio avviso, prenderne atto, non favorire con posizioni di chiusura la creazione di blocchi contrapposti e avviare un dialogo che tenga pure conto delle ragioni altrui, che non sempre sono infondate. 

Se democrazia e diritti umani, parità di genere e libertà di espressione, sono valori per noi imprescindibili, dobbiamo renderli pervasivi senza imporli, essendo coscienti che neppure nei nostri Paesi sono pienamente realizzati.

 

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