Gaia-x

Pisano: “Definire le regole per il cloud europeo, ma non è possibile escludere le Big Tech dalla Pa”

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Paola Pisano: “È opportuno che gli Stati sostengano l’evoluzione di Gaia-X. Ma non dobbiamo rischiare di essere ideologici. La nostra strategia per il cloud e per le infrastrutture digitali non può rinunciare a fare i conti con la realtà. Perciò prevede l’utilizzo di soluzioni già esistenti nella Pubblica amministrazione, di infrastrutture che attualmente possono fornirci soltanto gruppi stranieri”.

L’Italia ancora non fa parte di Gaia-X, la prima piattaforma Cloud interamente europea, nata su iniziativa di aziende private dell’Europa, e sostenuta da subito dai governi di Francia e Germania per contrastare il predominio delle multinazionali statunitensi nei servizi Cloud. Però, il nostro Paese ha interesse a farne parte, come si evince dall’intervista rilasciata dal ministro dell’Innovazione Paola Pisano al Corriere delle Sera oggi in edicola.

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Pisano: “Gaia-X? Gli Stati è opportuno che ne sostengano l’evoluzione”

“Proprio per tutelare l’autonomia tecnologica del Paese, il 27 luglio scorso si è tenuta una videoconferenza sul progetto Gaia-x organizzata dal mio Dipartimento”, ha detto Pisano, “e dal ministro dell’Economia ed energia tedesco che già avevo incontrato in novembre. L’iniziativa è di aziende private, ma gli Stati è opportuno che ne sostengano l’evoluzione. L’obiettivo del progetto è la definizione di regole per un cloud europeo alternativo a quello delle big tech americane. Il cloud è irrinunciabile”.

Con Gaia-X le Big Tech Usa non saranno “cacciate” dalla Pa

Una volta realizzato Gaia-X e quindi il cloud europeo non significherà “la cacciata” delle big tech dalla pubblica amministrazione, come spiega Pisano incalzata dal giornalista del Corriere che le fa notare la vera indipendenza tecnologica nazionale si potrà avere solo investendo su aziende italiane.

La sovranità digitale solo con aziende italiane?

“In Italia abbiamo già un’infrastruttura pubblica come quella di Sogei, controllata dal Tesoro” osserva il Corriere della Sera a Pisano, “con il suo mega centro-dati con i server di alcune grandi istituzioni ed amministrazioni nazionali. Col supporto di Gaia-X o con un gruppo italiano del cloud come Engineering forse potremmo essere maggiormente sovrani in un momento geopolitico estremamente mutevole”…

Ecco la risposta della ministra:  

“La nostra strategia per il cloud e per le infrastrutture digitali non può rinunciare a fare i conti con la realtà. Perciò prevede l’utilizzo di soluzioni già esistenti nella Pubblica amministrazione, di infrastrutture che attualmente possono fornirci soltanto gruppi stranieri”. In sostanza, Pisano vuole dire che i dati non essenziali della Pa (email, rassegna stampa, ecc..) possono continuare ad essere gestiti anche dalle società extraeuropee, com Amazon, Google e Microsoft. 

“In uno scenario così complesso e con il divario tecnologico che abbiamo accumulato in questi anni non possiamo permetterci di tralasciare nessuna opzione”. Così Pisano motiva la presenza delle Big Tech per il cloud e quindi la digitalizzazione della Pa.

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Razionalizzare 11mila data center, il ruolo di Amazon, Google e Microsoft

Infatti il decreto Semplificazioni all’articolo 35 prevede la nascita di un’infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento degli 11mila Data center di tutte le pubbliche amministrazioni, consentendo alle big tech Usa di partecipare ad un bando che può valere fino a 5-6 miliardi.

“Così rischiamo di appaltare i dati di tutti i cittadini italiani ai servizi cloud delle big tech come Amazon, Google e Microsoft: non vede rischi per la sicurezza nazionale”, domanda ancora il Corriere della Sera.

“È chiaro che dobbiamo mirare all’indipendenza tecnologica nei confronti dell’estero, a preservare la nostra sovranità digitale, ma dobbiamo muoverci in un’ottica europea rispettando un quadro di regole che ci permetta di preservare la privacy di tutti i nostri dati e ci protegga dal rischio di intrusioni esterne”, risponde Pisano, che da una parte parla di sovranità digitale e dall’altra lascia aperta la porta alle Big Tech. “È tuttavia altrettanto vero”, conclude la ministra, “che non dobbiamo rischiare di essere ideologici. L’Europa e noi al suo interno siamo in ritardo nello sviluppo di cloud che reggano la competizione con quelli extraeuropei. E non possiamo continuare ad avere questo divario se vogliamo digitalizzare i nostri Paesi con strumenti all’avanguardia”.

E come la mettiamo con il Cloud Act?

La legge americana, approvata dal Congresso Usa nel 2018, che di fatto consente alle aziende statunitensi di dare l’accesso ai dati dei loro clienti, senza bisogno di notifica, in caso di richiesta alle autorità giudiziarie americane e agli 007 Usa. In altre parole, in base al Cloud Act, tutti i dati, anche quelli dei cittadini europei e quindi italiani, conservati nei data center delle grandi compagnie americane, anche se presenti in server presenti sul terriorio italiano, possono essere consultati dalle autorità americane per ragioni di sicurezza.

Allora come fa l’Italia a garantire con le Big Tech nella Pa la sicurezza nazionale?