Copyright

Pirateria, la Cina all’attacco del camcording nelle sale cinematografiche

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L’Authority locale per la tutela del diritto d’autore ha dato mandato per indagini serrate alla ricerca di tutte le possibili forme di pirateria audiovisiva nel Paese, a partire dal camcording. L’obiettivo è ridurre al mimino i danni all’industria cinematografica e televisiva cinese, che ora è in forte crescita.

Per anni la Cina è stata considerata un porto franco per i pirati multimediali. Il Governo di Pechino però ha sempre cercato di contrastare questo fenomeno criminale. Già da diversi anni, il grande Paese asiatico ha messo in atto misure di anti pirateria audiovisiva via via più rigide ed efficaci, anche perché i dati sulle perdite dell’industria culturale e creativa locale erano davvero ingenti.

Secondo uno studio Digital Tv Research di un paio di anni fa, le perdite del mercato audiovisivo cinese a causa della pirateria potrebbero ammontare a quasi 10 miliardi di dollari entro il 2022. A livello mondiale, invece, le mancate entrate dell’industria creativa a causa della violazione del copyright per quella data potrebbero raggiungere i 52 miliardi di dollari.

L’anno scorso sono stati i Paesi asiatici dell’area del Pacifico ad aver subito le perdite maggiori e anche qui le stime delle perdite arriverebbero a 20 miliardi di dollari entro qualche anno.

Proprio ieri è stata diffusa la notizia che la National Copyright Administration (NCAC), primo organo nazionale competente in materia di diritto d’autore dal 1986, che riferisce direttamente al China’s State Council e che assorbe, in parte, compiti del Ministero della Cultura, ha dato mandato per regolare in maniera più severa il fenomeno del camcordingnelle sale cinematografiche.

Per pirateria tramite camcorder, è spiegato bene sul sito della Federazione italiana per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali (FAPAV), si intende “l’attività svolta da una persona che, entrata in una sala cinematografica recando con sé qualsiasi tipo di dispositivo di registrazione (camcorder, telefono cellulare con camera digitale, registratore audio, ecc.) registra intenzionalmente o riproduce in tutto o in parte il video e/o l’audio del film”.

Il camcording costituisce nella maggior parte dei casi la fonte primaria della pirateria, perché “le registrazioni illecite dell’audio e/o del video di un film vengono poi distribuite illegalmente sul web o su supporti fisici. I profitti di questa attività illegale finiscono per finanziare organizzazioni criminali a discapito di tutte le maestranze e le professionalità coinvolte nella realizzazione di un film”.

Il camcording – ha spiegato a Key4biz Federico Bagnoli Rossi, Segretario Generale della FAPAV – rappresenta la fonte primaria della pirateria per quanto riguarda le nuove uscite cinematografiche ed è un fenomeno che desta la massima preoccupazione poiché la messa online di questi file pirata incide in maniera importante su uno dei momenti di maggior sfruttamento dell’opera ossia quando il film è presente in sala. Dietro l’upload di questi file si nascondono gruppi organizzati di persone che si occupano di registrare abusivamente i film nelle sale, editare il contenuto ed eventualmente mixare la traccia video con quella audio in lingua differente“.

Un vero e proprio business illecito – ha precisato Bagnoli Rossi – che ha spesso ramificazioni internazionali. Riteniamo pertanto necessario, per un efficace contrasto a questo fenomeno, un inasprimento dell’attuale normativa sul camcording che trasformi tale condotta illegale da illecito amministrativo a reato sanzionato penalmente come le altre condotte di pirateria così come previsto dalla Legge 633/41. Recentemente anche l’attuale esecutivo ha recepito l’esigenza di affrontare questa problematica fin troppo sottovalutata”.

Tornando alla Cina e alla sua industria audiovisiva, il Paese è ormai cresciuto e il mercato di contenuti audiovisivi, film e serie tv principalmente, è in rapida evoluzione, divenendo nel giro di pochi anni un punto di riferimento per tutta l’area asiatica e non solo.

Motivo sufficiente per spingere il Governo a prendere iniziative in senso di difesa del copyright e di repressione della pirateria.

La locale autorità per la tutela del diritto d’autore, assieme alla China Film Administration, con il sostegno del Ministero della Pubblica sicurezza e del Ministero dell’Industria e dell’Information technology, si legge in un articolo su torrentfreak.com, ha assicurato che la Cina andrà a fondo (“dig deep”) nella lotta alla pirateria, individuando, grazie ad indagini serrate (“sternly investigate”), una ad una tutte le fonti da cui si approvvigionano i pirati e gli utenti di contenuti piratati, siti web e piattaforme comprese, fino alle applicazioni per smartphone.

Come molto spesso accade in molti altri Paesi, anche la NCAC ha dichiarato che il piano nazionale per la repressione della pirateria troverà sicuramente molti ostacoli, perché la gran parte dei siti incriminati è fuori del territorio cinese, è all’estero.

Motivo per cui, grande importanza è stata data alla fase di cooperazione internazionale per trovare nuove alleanze contro i criminali del settore audiovisivo, come ad esempio la Alliance for Creativity and Entertainment della MPAA, a cui Pechino sembra guardare con grande interesse, secondo quanto diffuso dalla NCAC stessa.