lo studio

PIL globale, con 90 trilioni di dollari Asia continente più ricco entro il 2050. Gli USA dietro la Cina, la Germania dietro l’Indonesia

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Quali saranno i mercati più ricchi a livello mondiale entro i prossimi tre decenni? Chi diventerà il motore dell’economia planetaria? Uno studio di Goldman Sachs descrive i nuovi equilibri globali in termini di PIL, con le tigri asiatiche pronte al balzo storico.

Cambia la scena economica mondiale, è l’Asia il continente d’oro

La storia cambia velocemente, anche negli equilibri economici globali. Entro pochi decenni si potrebbero creare nuove posizioni di vantaggio sullo scacchiere planetario, in termini di ricchezza, di capacità di attrarre investimenti e di prodotto interno lordo (PIL).

Secondo un recente studio pubblicato da Goldman Sachs, entro il 2050 il continente asiatico potrebbe diventare il punto di riferimento regionale per quota di PIL globale.

Cina, India, Indonesia e Corea del Sud guideranno il continente verso una crescita industriale e produttiva estremamente rapida, tanto da portare l’Asia verso i 90,6 trilioni di dollari, che significa la fetta di PIL mondiale più grande, il 40% circa.

Seguono i mercati avanzati, tra cui quelli che un tempo si definivano occidentali, che tutti assieme raggiungono 82,9 trilioni di dollari, il 36% del PIL globale.

Nel 2000 i mercati occidentali rappresentavano il 77% del PIL globale. Si prospetta quindi un cambiamento epocale.

La Cina supera gli Stati Uniti e l’India mette il turbo

In questo confronto su scala planetaria, è inevitabile mettere a confronto quelle che già oggi sono le superpotenze economiche più rilevanti: Stati Uniti e Cina.

Una partita difficile che si giocherà sul terreno della supremazia tecnologica in alcune aree strategiche, tra cui l’energia, l’intelligenza artificiale, il cloud, i semiconduttori, la cybersecurity, il 5G, le biotecnologie, e del modo in cui si riusciranno a mitigare e contrastare gli effetti peggiori dell’estremizzazione dei cambiamenti climatici.

Entro il 2050, lo studio stima che gli USA, con un PIL pari a 37,2 trilioni di dollari, saranno superati dalla Cina, che si avvicinerà ai 42 trilioni di dollari.

Un confronto inevitabile come detto, che però non deve mettere in ombra l’ascesa dell’India, che entro il 2050 raggiungerà un PIL atteso attorno ai 22,2 trilioni di dollari (terzo posto assoluto su scala globale).

Un’ascesa di grande impatto sui mercati globali, anche considerando che l’India crescerà ad un tasso medio annuo del 3,1%, contro l’1,4% degli USA e l’1,1% della Cina.

Una Cina che nonostante la sua dimensione economico-finanziaria, è vista nel tempo declinare in termini di crescita. Proprio in questi giorni Moody’s ha stimato un taglio del PIL cinese dal 4,5% stimato nel 2023 al 4% del 2024 (mentre gli Stati Uniti cresceranno dell’1,9%). Vale la pena qui ricordare che Pechino ha sempre assicurato che il grande Paese asiatico non sarebbe mai sceso sotto il 5%.

Evidentemente le incertezze legate alla crisi immobiliare, alla ripartenza post Covid e alle tensioni internazionali e geopolitiche, stanno mettendo in seria difficoltà il Governo cinese e l’intero mondo imprenditoriale.

Secondo le proiezioni più lontane nel tempo e solo indicative ovviamente, l’India potrebbe superare gli USA entro il 2075, lanciandosi alla rincorsa della Cina.

Indonesia primo mercato emergente, farà meglio del Brasile e anche della Germania

Altre realtà economiche cbe prenderanno il largo nei prossimi decenni sono l’Indonesia, che con 6,3 trilioni di dollari di PIL stimato entro il 2050 riuscirà a superare la Germania, con 6,2 trilioni di dollari, divenendo il più grande mercato emergente al mondo (al posto del Brasile).

Goldman Sachs valuta infine molto bene le economie asiatiche di Bangladesh e Filippine, che rispettivamente presenteranno tassi medi di crescita annua pari a +3% e +3,5%.

In declino, invece, il PIL dell’America Latina, che entro il 2050 rappresenterà solo il 7% del totale mondiale, con un Brasile ancora in affanno dopo la forte contrazione avvenuta tra il 2010 ed il 2020, con una perdita di 2,7 trilioni di dollari.