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‘Perché l’IA non batterà mai il cervello umano’. Intervista ad Alberto Contri (IULM)

La transizione al digitale in ogni settore delle attività umane e le sempre più grandi innovazioni rese possibili dall’intelligenza artificiale sono quotidianamente al centro del dibattito della classe dirigente di ogni paese. Su un argomento così scottante ed attuale abbiamo intervistato Alberto Contri, docente di Comunicazione Sociale all’Università Iulm, autore di un citatissimo saggio centrato proprio su questi temi: “Mc Luhan non abita più qui?“, edito da Bollati Boringhieri.

 

Key4Biz.  Innovazioni che cambiano il mondo e applicazioni di intelligenza artificiale: si tratta di temi su cui ha sempre insistito nel corso degli anni e su di essi si è concentrato l’annuale incontro “Aspen Seminar for Leaders”, tenutosi a Venezia. Quali sono stati gli argomenti di dibattito?

 

Alberto Contri. Nel mio seminario si discuteva dell’impatto del digitale sull’impresa e sul lavoro, tema che ho già trattato ampiamente nel mio saggio, sia per quanto riguarda gli effetti sulla moderna distribuzione, sia per quanto riguarda la questione più generale del rapporto tra struttura analogica del nostro cervello e struttura digitale delle applicazioni tipiche dell’intelligenza artificiale.

Key4Biz.  Nel corso dell’evento, che abbiamo seguito con attenzione, ha espresso posizioni un po’ controcorrente sul tema dell’intelligenza artificiale. Molti consensi, ma anche qualche opposizione come quella di Cosimo Accoto, attualmente Research Affiliate presso il MIT. A che proposito?

 

Alberto Contri. Pur essendo un ricercatore assai brillante, nel nostro seminario Cosimo Accoto ha espresso certezze granitiche sulla trasformazione degli esseri umani in esseri definiti dalla tecnologia e ibridati dall’Intelligenza Artificiale, affermando inoltre che un nuovo umanesimo digitale, che è alle porte, ci impone la riflessione di dare dei diritti ai robot in quanto sempre più simili all’uomo.

 

Key4Biz.  E qual è stata la sua reazione?

 

Alberto Contri. Affermazioni che mi hanno fatto reagire in modo alquanto deciso, in quanto meramente distopiche, e perché si tratta di tesi diffuse da movimenti aberranti come il transumanesimo, che sta crescendo proprio nella Silicon Valley. Osservo comunque che in giro per il mondo c’è un nutrito gruppo di visionari innamorati delle tecnologie come fine piuttosto che come mezzo. E ho pure il fondato sospetto che si professi questa incrollabile fede nell’umanesimo digitale vuoi per interesse vuoi perché è molto “cool” professarla.

Key4Biz.  Lei è davvero severo con le giovani generazioni digitali… Come vede quest’epoca storica?

 

Alberto Contri. In momenti così difficili come quelli che stiamo vivendo, non si può rischiare di imboccare strade sbagliate, e su tanti fronti abbiamo sbagliato anche troppo: basta vedere quanto abbiamo ignorato gli allarmi sul riscaldamento globale, o quanto abbiamo sottovalutato il rischio che il mondo sia governato da 4 o 5 miliardari che grazie a straordinarie innovazioni sono sempre più in grado di controllare le vite di ogni singola persona. Roba da fare impallidire George Orwell. Non ce l’ho affatto con i giovani, ricercatori o informatici che siano. Sarebbe sciocco e antistorico demonizzare l’innovazione, in qualunque campo si manifesti.

Key4Biz.  Ha dei consigli da dare su questo?

 

Alberto Contri. Dovremmo in ogni ambito di ricerca e applicazione pratica, tener sempre presente l’osservazione di Pietro Guindani in sede di seminario: “…le tecnologie sono un mezzo e non un fine”. Semplifico: l’applicazione delle nanotecnologie farà fare balzi enormi alla medicina, in termini di cure sempre più mirate e anche di correzione di corredi genetici errati. Ma, seguendo il mito di Frankestein, potrebbe servire anche per costruire esseri umani pre-selezionati.

Key4Biz.  Cosa succede invece nel mondo del lavoro con l’arrivo dell’IA?

 

Alberto Contri. Nel campo del lavoroemergono gravi aberrazioni, che sono già sotto i nostri occhi: un gigante come Amazon, sfruttando un’intuizione geniale che accontenta ogni giorno milioni di consumatori, “Distrugge più posti di lavoro di quelli che crea“, come segnala Quartz, il sito di economia e finanza di The Atlantic. Sullo stesso tema ha titolato recentemente il Financial Times: Gli algoritmi garantiscono un grado di controllo della gente che nemmeno il più sfegatato Taylorista avrebbe saputo immaginare, consentendo un rapace sfruttamento dei lavoratori“.

Key4Biz.  Può fornirci un esempio?

 

Alberto Contri. Il magazziniere del grande distributore on-line lavora a ritmi frenetici facendo solo quello che i robot – il cui impiego è in continua crescita – non riescono a fare: un lavoro ripetitivo e di scarso valore, per un corrispettivo di circa 12-13 dollari l’ora. Il fattorino delle consegne a domicilio (e motore della gig economy) percepisce meno di due euro, e le spese della bici o del motorino sono a suo carico. Bel progresso. Non a caso il giornalista J.B. Malet già tempo fa ha segnalato che i criteri di Amazon per scegliere dove impiantare un proprio centro sono le opportunità logistiche e la presenza di alto tasso di disoccupazione: così da reclutare facilmente manodopera per mestieri di infima qualità.

Key4Biz.  A questo punto l’obiezione classica è che la storia è piena di “rotture” o cambi di paradigma che hanno mandato in pensione i vecchi modi di lavorare. Cosa ne pensa?

 

Alberto Contri. Già, ma si dimentica che lo scopo è sempre stato migliorare il lavoro e il benessere dei lavoratori. Vogliamo mettere quanto sia stato meglio abbandonare lo sporco piombo della linotipia per fotocomporre davanti ad uno schermo? L’unica cosa da fare è stata riconvertire e formare gli operatori a svolgere un lavoro più pregiato e meno faticoso. Ma se grazie alle innovazioni torniamo invece indietro di 100 anni, distruggendo lavoro, famiglie e convivenza civile, rileviamo che le innovazioni possono comportare in alcuni casi un regresso invece di un progresso.

Key4Biz.  Ha avuto modo di discuterne con altri osservatori e analisti dell’argomento e capire la loro visione?

 

Alberto Contri. Proprio a Venezia, in una pausa, ho chiesto all’ex-presidente dell’Istat Enrico Giovannini se non gli pareva che stessimo tornando ai tempi dei padroni delle ferriere. Mi ha risposto senza esitazione: “Ci siamo già in pieno“. Lo stesso concetto di start-up è stato distorto, perché oggi per start up non si intende più soltanto (come recita il dizionario) “una piccola impresa che si lancia sul mercato sull’onda di un’idea innovativa, specialmente nel campo delle nuove tecnologie“. Ma un modello di impresa capace di sviluppare un business scalabile e ripetibile, e soprattutto capace di produrre grandi profitti in tempo assai breve. Se uno impiega l’IA per ottimizzare vendite e consegne, ma poi fa i profitti a spese di centinaia di migliaia di esseri umani disponibili solo perché non hanno altra alternativa se non raccogliere pomodori, che progresso è? A cosa è servita l’idea innovativa, se non a riempire le tasche di colui che l’ha avuta, guadagnandoci a spese di molti altri esseri umani, come accade nella gig economy?

Key4Biz.  Torniamo all’IA e agli algoritmi. Secondo molti, insieme ai dati, sarebbero il nuovo petrolio?

 

Alberto Contri. Anche in questo caso assistiamo a troppe facili mitizzazioni. Il dato, se non è interpretato, non vale niente. E per estrarne del valore ci vuole un cervello umano capace di intuizione. Mentre i computer possono fare confronti e calcoli a velocità inimmaginabili, ma non sanno decidere, se non sulla base di informazioni già acquisite. Di conseguenza, anche parole tanto cool come deep learning e machine learning ci parlano di macchine che certamente sanno apprendere da sole, ma perpetuando un pre-giudizio, vale a dire ripetendo quella stringa di programma che sarà stata inserita all’inizio (semplifico, ovviamente).

Key4Biz.  Lo abbiamo accennato prima, si parla oggi di umanesimo digitale, come vede questa corrente di pensiero?

 

Alberto Contri. Ai visionari entusiasti del nuovo umanesimo digitale, vorrei poi ricordare che i computer ragionano – per così dire – in una modalità bidimensionale, mentre il cervello umano ragiona in modalità tridimensionale e anche più. Potranno fare calcoli alla velocità di decine e decine di petaflop al secondo (e un petaflop vale un milione di miliardi di calcoli…) ma non potranno intuire né immaginare.

Key4Biz.  Alcuni affermano che i giovani di oggi stanno diventando digitali così come il nostro cervello, qual è la sua posizione a riguardo?

 

Alberto Contri. A quanti affermano ciò, ovvero che il nostro cervello grazie a innovative ibridazioni con le macchine diventerà digitale, ricordo che il cervello umano ci ha messo 250.000 anni per diventare quello che è funzionando in maniera analogica: è quindi davvero risibile pensare che possa essersi modificato in una modalità tanto significativa a pochi anni dalla nascita del web. Né potrà farlo per altre migliaia di anni. Non bastasse questa elementare osservazione, consiglio la lettura di un saggio illuminante, “Scimmie digitali” di Maurizio Codogno e Paolo Artuso (l’uno matematico e l’altro filosofo della scienza), che tra l’altro affermano “…Invero curiosa questa intenzione di far diventare digitale il nostro cervello, dato che non abbiamo ancora capito come funziona veramente…”

Key4Biz.  Intanto in Cina, dal 2014, grazie ad avanzate applicazioni di IA, stanno sperimentando sistemi di controllo sociale in grado di dare un punteggio a ciascuno, punendo chi ha punteggi bassi. Un controllo sempre più capillare in una società della sorveglianza?

 

Alberto Contri. Da un certo punto di vista è una fantastica dimostrazione di quanto possa essere potente l’intelligenza artificiale con le applicazioni di riconoscimento facciale e tutto il resto. Si sa che i comportamenti scorretti per ora presi in considerazione vanno dalle infrazioni al codice della strada al fumo nei luoghi vietati, dall’acquisto di troppi videogiochi alla pubblicazione di notizie false online; ma è facile intuire dove si può arrivare: un giudizio negativo su una attività di governo può essere facilmente considerata una fake news… e il gioco è fatto.

Key4Biz.  Che riscontri si avranno da queste sperimentazioni? E dove porteranno?

 

Alberto Contri. Asia Channel News ci ha appena informato che a nove milioni di persone è stato impedito di acquistare biglietti di voli interni a causa di un punteggio sociale “basso”. Caspita: ma è una situazione assolutamente identica a quella raccontata nella puntata della serie tv “Black Mirror” del 21 ottobre 2016, intitolata Caduta libera, in cui si stigmatizzavano gli effetti disumani della diffusione di un analogo sistema di controllo sociale. In proposito è il caso di citare la professoressa Stefania Bandini, direttore del Complex Systems & Artificial Intelligence Research Center dell’Università Bicocca di Milano: “…Viviamo nell’oscillazione tra una visione utopica dell’I.A., con le macchine al servizio degli uomini, e la visione distopica di tanta filmografia che ci ha mostrato quanto possono essere minacciose per l’umanità alcune applicazione dell’intelligenza artificiale. Occorre vigilare…“.

Key4Biz.  Che cosa significa per lei vigilare?

 

Alberto Contri. Vigilare significa una cosa sola: ammettere che ci siano dei limiti etici che non si possono valicare, e impegnarsi a rispettarli. Domandandoci inoltre se innovazioni digitali e sviluppo delle tecnologie vanno a vantaggio dell’umanità, o solo di quei pochi miliardari sempre più ricchi e sempre più capaci di sapere tutto di noi e di controllarci fino a farci fare tutto quello che vorranno.
Alla faccia dell’umanesimo.

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