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Perché l’app del voto dei dem in Iowa è stato un flop. I 3 pasticci da evitare anche in Italia con l’eVoting

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Diciamolo subito, l’app che è andata in tilt in Iowa non è stata utilizzata per far votare gli elettori ed esprimere la preferenza per i candidati democratici, quindi non si può parlare di un flop del voto elettronico (e-Voting), ma è stato un pasticcio la modalità telematica utilizzata per inviare i risultati, fortunatamente espressi su carta.

Cosa è accaduto? Perché l’app è andata in tilt?

I responsabili delle 1.678 assemblee, dei “caucus”, hanno provato a comunicare i risultati con IowaReporterApp scaricata sui loro smartphone, ma il sistema è collassato a causa del traffico dati massiccio ed “imprevisto”, come ha detto la società Shadow, organica ai democratici, che ha sviluppato l’applicazione negli ultimi due mesi con un budget di circa 60.000 dollari.

Quasi nessuno l’aveva testata prima di cominciare le assemblee

Alla base del malfunzionamento, il fatto che l’app non sarebbe stata sufficientemente testata perché i tempi erano troppo stretti, risulta che quasi nessuno l’aveva testata prima di cominciare le assemblee.
Il Dipartimento della sicurezza interna ha detto che non gli è stato chiesto di controllare l’app.  La portavoce del partito democratico in Iowa, Mandy McClure, ha assicurato che non ci sarebbero stati “attacchi hacker o intrusioni”, così l’unica soluzione è stata quella di procedere con il conteggio manuale e i dati non sono stati diffusi fino a ieri sera.

I tre errori da evitare anche in Italia

In sintesi quali sono stati gli errori della modalità telematica che l’altra notte ha lasciato gli Stati Uniti senza i risultati del primo voto per le presidenziali? Sono 3 dal nostro punto di vista:

L’eVoting a cui sta lavorando la Farnesina non prevede app né tecnologia blockchain

Come detto non è stata una bocciatura dell’e-Voting, ma il caso Iowa di sicuro viene preso in considerazione dalla Farnesina che è al lavoro per introdurre il voto elettronico per gli italiani all’estero ed ha già scartato sia l’utilizzo di app sia della blockchain, presentata oggi come la soluzione di tutti i problemi.

Perché non la blockchian? Per ragioni politiche. Il concetto di blockchain è eliminare gli intermediari, quindi anche il Viminale, non sarebbe più intermediario sulla sicurezza del voto. Impossibile. In più la blockchain non consente altri strumenti di garanzia della libertà di voto e di completa segretezza del voto.

Ma la soluzione tecnologica che al momento piace alla Farnesina, secondo quanto risulta a Key4biz, è così declinata:

Registro pubblico dei domicili digitali (Rdd).

Il sistema di registrazione degli elettori attivo e passivo integrato e interconnesso con il Registro pubblico dei Domicili Digitali; con l’Anagrafe di Stato civile e con l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE).

L’elettorato può votare quante volte vuole, è valido solo l’ultimo voto espresso. Come mai tante possibilità di voto? Per consentire all’elettore di esprimere liberamente il proprio voto, pensate ai voti comprati che richiedono la prova della fotografia con lo smartphone o a un voto imposto da un componente della famiglia. In questi casi di illegalità, l’elettore può ripetere il voto ed esprimerlo liberamente in un secondo momento.

Come garantire la segretezza e sicurezza del voto?

La risposta proposta alla Farnesina è la crittografia asimmetrica, che garantisce anche l’anonimizzazione del voto.

Chi ha proposto questa soluzione al ministero degli Esteri è in attesa della convocazione dei tavoli tecnici di lavoro per cercare di mettere a punto il sistema e-Voting made in Italy per le prossime politiche, ma solo per gli italiani all’estero.

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