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Perché i villaggi Potëmkin hanno dato nome al fenomeno delle costruzioni temporanee politiche

I villaggi Potëmkin originali, quelli che hanno dato nome al fenomeno delle costruzioni temporanee “politiche”, furono dei villaggi fittizi di carta pesta fatti costruire dal principe russo Grigorij Aleksandrovič Potëmkin per impressionare l’Imperatrice Caterina la Grande e il suo entourage durante un viaggio d’ispezione compiuto in Novorossiya e Crimea nell’1787.

I territori erano stati da poco annessi all’Impero dopo la vittoria sugli Ottomani nella Guerra Russo-Turca del 1768-1774. Potëmkin—che ne era il governatore, nonché l’amante preferito dell’eroticamente eclettica Imperatrice—era interessato a mettere in mostra i progressi fatti sotto la sua amministrazione. Secondo alcune cronache, avrebbe fatto costruire dei finti villaggi— abitati da felici contadini altrettanto finti—che venivano montati e poi smontati frettolosamente per essere ancora riedificati, sempre un passo avanti lungo l’itinerario delle autorità.
L’aneddoto irrita gli storiografi italiani, che preferiscono ritenerlo “una leggenda” inventata dai detrattori di Potëmkin.

Gli studiosi anglosassoni sono più possibilisti, forse perché l’episodio è citato nelle corrispondenze diplomatiche dell’epoca, o perché la storia—anche moderna—è ricca di altri fatti simili, come la visita nel 2013 di Vladimir Putin alla città russa di Suzdal. Per l’occasione, le facciate delle case più malandate sono state ricoperte da grandi manifesti con porte e finestre stampate sopra. Nello stesso anno, in preparazione per il vertice “G8” a Enniskillen, nell’Irlanda del Nord, le autorità britanniche hanno fatto affiggere delle grandi vetrofanie sulle vetrine dei molti negozi abbandonati della zona per far sì che le botteghe sembrassero in piena attività e zeppe di consumatori prosperosi.

Si potrebbe anche citare lo stratagemma adottato dal “costruttore” Donald Trump e raccontato nel suo libro The Art of the Deal. Doveva convincere degli investitori della validità di un progetto, non ancora “quagliato”, per la costruzione di un casinò. Siccome non c’era nulla di concreto, per ricevere una delegazione del Gruppo Holiday Inn—un potenziale finanziatore—noleggiò un gran numero di macchine movimento terra e li mise a rimodellare a casaccio il terreno dove doveva sorgere la costruzione, che malgrado tanta attività nei fatti non era ancora partita. I visitatori ci cascarono. Se non fosse per i suoi “villaggi”, il Principe Potëmkin sarebbe ricordato oggi solo per essere uno tra i molti amanti di Caterina la Grande e per la “comparsata” nel titolo del film “La corazzata Potëmkin” di Sergej Ėjzenštejn.

Ci vuole un certo tipo di personalità per dare il proprio nome a una truffa che permanga nei secoli. Forse l’unico candidato dei tempi moderni è l’italoamericano Charles Ponzi, che negli anni Venti rese famoso lo “schema Ponzi”—in economia, un modello di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi “investitori”, a loro volta vittime della truffa. Oggi il meccanismo è anche noto, più elegantemente, come “marketing multilivello”. Esiste una sorta di scala della notorietà storica, guidata dai fondatori delle grandi religioni—Buddha, Gesù Cristo e Maometto—per scendere poi ai “15 minuti di fama” per ognuno ipotizzati dall’artista pop Andy Warhol. Grigorij Potëmkin e Charlie Ponzi non sono certo dei personaggi sacri, ma battono la grande maggioranza dei Primi Ministri e dei vincitori del Premio Nobel.

*Nota Diplomatica ‘Villaggi Potëmkin’ di James Hansen

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