Un’analisi di Goldman Sachs, guidata da Jan Hatzius, confuta l’idea che l’attuale impennata degli investimenti in AI stia generando una bolla speculativa simile a quella del dot-com del 2000.
L’investimento, aumentato di circa 300 miliardi di dollari dal 2023, viene considerato sostenibile grazie al valore economico potenziale offerto dall’AI generativa. Goldman sottolinea come l’infrastruttura necessaria per supportare applicazioni sempre più complesse richieda investimenti ingenti, giustificati dal ritorno atteso in termini di produttività. Sebbene il valore assoluto dell’investimento sembri elevato, in rapporto al PIL statunitense resta inferiore all’1%, un livello modesto se confrontato con precedenti cicli tecnologici, che oscillavano tra il 2% e il 5%.
La previsione stima un valore attuale scontato tra 5 e 19 trilioni di dollari derivante dai guadagni in produttività, superando nettamente i costi previsti per la costruzione dell’infrastruttura AI. Tuttavia, emergono interrogativi sulla reale capacità degli attuali protagonisti del settore – in particolare gli hyperscaler – di mantenere un vantaggio competitivo nel lungo periodo, in un contesto di rapida evoluzione tecnologica.
Il report evidenzia inoltre che il successo non è garantito per chi investe per primo: le aziende che seguono potrebbero beneficiare di infrastrutture già esistenti.
La sostenibilità dell’attuale boom dipenderà, secondo Goldman, dalla capacità delle aziende di ottenere ritorni sproporzionati rispetto agli investimenti effettuati, e dalla possibilità di sviluppare capacità computazionali tali da abilitare persino l’emergere dell’AGI.
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Anche i generali si rivolgono ai chatbot basati su AI per ottenere risposte
Anche i vertici militari stanno adottando l’uso dei chatbot basati su AI per ottimizzare i processi decisionali. Il generale William ‘Hank’ Taylor, comandante dell’8ª Armata statunitense in Corea del Sud, ha dichiarato di utilizzare regolarmente strumenti di AI generativa per analizzare decisioni strategiche e quotidiane, con l’obiettivo di migliorare la propria efficacia come comandante.
Questo approccio si inserisce in una più ampia strategia militare che mira a integrare l’AI in ambiti operativi e logistici, dalla gestione delle forniture alla preparazione di rapporti, fino al supporto nei trasferimenti di personale.
Tale innovazione si allinea con il principio dell’”OODA Loop” – osservare, orientarsi, decidere, agire – sviluppato durante la guerra di Corea, che sottolinea l’importanza della rapidità decisionale.
Nell’ottica del futuro conflitto, dove le decisioni saranno prese a ‘velocità macchina’ piuttosto che umana, l’adozione di AI assume un ruolo centrale. Tecnologie basate su AI sono già in uso in droni, sistemi di targeting e analisi dati; un algoritmo ha persino pilotato un F-16 modificato in un combattimento simulato.
Tuttavia, l’impiego dell’AI solleva anche questioni di sicurezza e affidabilità. Il Pentagono mette in guardia contro i rischi legati alla divulgazione di dati sensibili e alla potenziale produzione di risultati errati da parte dei modelli generativi.
L’uso dell’AI da parte dei comandanti richiede quindi un equilibrio tra innovazione e prudenza, evitando una delega eccessiva delle decisioni strategiche a sistemi che, per quanto potenti, restano privi di consapevolezza e contesto umano.
Questo scenario conferma come l’AI non sia più solo uno strumento per civili o imprese tecnologiche, ma stia diventando una risorsa fondamentale anche nella definizione della leadership militare del XXI secolo.
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