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People&Tech. Realtà virtuale e cinema, prove di dialogo?

Si è appena conclusa la 74ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (30 agosto-9 settembre 2017) che quest’anno ha dedicato un’intera sezione in concorso alla realtà virtuale, in una location d’eccezione, il Lazzaretto Vecchio. Dal 31 agosto fino al 5 settembre la Virtual Reality (VR) ha permesso allo spettatore di immergersi in simulazioni realistiche e affascinanti. Un evento importante, dal momento che la Mostra è il primo festival cinematografico al mondo ad aver istituito una competizione per la VR, riconosciuta come forma d’arte emergente.

Ben 31 sono state le proiezioni visibili secondo tre modalità: postazioni girevoli per la visione da seduti nel VR Theater, installazioni immersive e visione “stand up”, in modalità interattiva o meno.

Con i visori VR lo scenario vissuto dallo spettatore sembra essere proprio reale: si viene completamente avvolti in situazioni di tutti i tipi, limitate solo dalla fantasia degli autori. Una realtà che vale la pena provare. Ho sperimentato alcune delle proiezioni in programma, riflettendo sulle infinite opportunità che si aprono con la VR. Devo ammettere che la prima sensazione avvertita è stata quella di smarrimento, trovandomi immersa in paesaggi non abituali, come in un faro arroccato in un mare sconfinato (Arden’s Wake Expanded, risultato poi il miglior VR), di fronte ad un ghiacciaio della Groenlandia in scioglimento (Greenland Melting), o in un garage abbandonato dove si raccolgono gli oggetti che le persone gettano via (Shi Meng Lao Ren – The Dream Collector). E mi sono interrogata su quale sia il ruolo dello spettatore esplorando un diverso tipo di narrazione (Nothing Happens).

Di qui alcune prime riflessioni. I nostri sensi non sono abituati all’esplosione di immagini e suoni in 3D che ci consentono di esplorare le diverse scene che si susseguono e ci investono a 360°. Occorre spesso una seconda visione per poter carpire i dettagli di ognuna. Pur escludendo il mondo reale che ci circonda, nella VR viene naturale spostarsi per non andare a sbattere contro pareti e librerie; così come quando qualcuno ci viene incontro correndo è istintivo muoversi per evitare che ci venga addosso. Quindi, pur essendo consapevoli che si tratta di una simulazione, i nostri sensi sono alterati, dal momento che la realtà virtuale sfrutta suoni ed immagini digitali 3D sostituendoli alle nostre percezioni sensoriali.

Certamente le applicazioni della VR possono essere molteplici e coinvolgere diversi ambiti del quotidiano, dai musei alla formazione professionale, solo per fare qualche esempio. È ancora troppo presto per comprenderne lo sviluppo in ambito cinematografico, ma l’interesse è alto, come confermato dal Presidente della Mostra, Paolo Baratta, durante la conferenza stampa dedicata alla Virtual Reality. E, d’altro canto, interessato sembra essere il pubblico, considerato che solo nei primi due giorni “1.200 spettatori hanno sperimentato la Realtà Virtuale al Lazzaretto Vecchio”.

Ovviamente, vanno considerati anche gli aspetti critici che si accompagnano alla realtà virtuale. Tra questi, ad esempio, l’isolamento al quale è esposto lo spettatore, ovvero il fatto che egli si immerge completamente nello scenario che gli si presenta ma non ha alcuna percezione di cosa accade al suo esterno. Come rimediare alla mancanza del fatto che la condivisione di un film con partner e amici si associa anche alla condivisione di impressioni ed emozioni in tempo reale?

Probabilmente la realtà virtuale costituirà un ulteriore contributo tecnologico che investirà le nostre vite, al quale non possiamo e non dobbiamo sottrarci. L’importante, però, come per qualsiasi innovazione tecnologica, è che sia l’essere umano a dominarla e a gestirla nel modo a lui più vantaggioso possibile.

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