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Pay tv in trasformazione in Europa, ma la crisi economica pesa sugli abbonati

Pay Tv

Il mercato della pay tv è in forte mutamento. La congiuntura economica pesa anche sul settore della televisione a pagamento e le operazioni in atto indicano una chiara e forte tendenza verso il consolidamento.

Ma se, secondo uno studio diABI Research, la pay tv cresce a livello globale e per le fine del 2014 si stimano ricavi per 280 miliardi di dollari, in Europa si registra un rallentamento, stando alle previsioni di IHS Technology che parla ancora dei rischi di cord-cutting.

L’Italia risente maggiormente di questa flessione mentre continuano a crescere a ritmo sostenuto i mercati di Regno Unito, Germania e Spagna.

IHS sostiene però che le ragioni di questa perdita di abbonati in Europa non sia da attribuire all’avanzata dei servizi online degli Over-The-Top ma quanto alla congiuntura economicache continua a frenarela crescita della pay tv.

 

“Il fenomeno del cord-cutting – spiega Guy Bisson, responsabile per la ricerca tv di IHS Technology – è un fenomeno innegabile sul mercato europeo della televisione a pagamento”.

Nel primo trimestre del 2014, il numero della famiglie abbonate alla pay tv risulta in calo in dodici principali Paesi europei, nello specifico in Belgio, Danimarca, Italia, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Repubblica Ceca, Moldavia, Lettonia, Lituania e Polonia.

Per il 50% di questi Paesi, si tratta già del secondo trimestre in calo. IHS precisa tuttavia che per quanto riguarda i cinque principali Paesi europei, solo l’Italia rallenta, mentre Francia, Germania, Spagna e Regno Unito continuano a vedere questo mercato allargarsi.

Crisi economica

L’avanzata degli Over-The-Top sul mercato dei contenuti, fino a poco tempo dominio assoluto dei broadcaster, pesa sicuramente sulle scelte dei broadcaster.

L’arrivo di Netflix in sei Paesi europei il prossimo autunno, ma anche la forte crescita dei servizi di video streaming, grazie anche produzioni originali offerti proprio dalle web company come Google, Amazon, Microsoft o Yahoo!, fanno temere l’industria dei media.

Anche se, secondo IHS, il rallentamento della py tv europea non è da attribuire ai nuovi servizi online, alcuni ancora neanche presenti nel Continente, o al boom della tv on-demand.

“Non ci sono evidenti relazioni tra i mercati che registrano un evidente calo e l’ingresso degli OTT come Netflix”, sottolinea Guy Bisson.

Resta comunque, indica ancora l’analista di IHS, che “un ribasso su due trimestri consecutivi in alcuni Paesi importati è una tendenza preoccupante per l’industria nel suo insieme”.

Per Bisson, si tratta piuttosto del prodotto della cattiva congiuntura economica che spinge le famiglie a tagliare le spese per l’entertainment e dell’impatto delle nuove tecnologie che offrono maggiori possibilità di consumo dell’offerta audiovisiva (video o tv in streaming, catch-up tv, video on-demand con o senza abbonamento…).

Non a caso recentemente si sono registrate importanti operazioni di consolidamento in Europa.

Regno Unito

La scorsa settimana, BSkyB (la pay tv britannica controllata al 39% da 21st Century Fox, ndr) ha annunciato la nascita di Sky Europe con dentro anche Sky Italia e Sky Deutschland. Un’operazione da 6,2 miliardi di euro che porta alla nascita di un colosso paneuropeo della televisione con 20 milioni di abbonati in Regno Unito, Irlanda, Italia, Germania e Austria. Per BSkyB, si tratta della più importante manovra in 25 anni della sua storia.

Germania

Per gli investitori di BSkyB, Sky Europe consentirà d’avere una maggiore esposizione sul mercato tedesco, dove c’è una bassa penetrazione di pay tv e quindi un maggiore potenziale di crescita.

Sky Deutschland sta puntando molto sulle nuove tecnologie e su servizi come Sky Go per internet. Secondo Idate, in Germania solo una famiglia su cinque paga per i canali premium mentre nel Regno Unito il rapporto è di una su due. Le cose però adesso stanno cambiando e le tv commerciali hanno perso gran parte del loro appeal. Sky poi dopo aver acquistato i diritti tv della Bundesliga ha aumentato del 9% a 3,7 milioni i propri abbonati.

Italia

In Italia, Mediaset ha annunciato nei giorni corsi che la sua pay tv Premium ha adesso un piano stabile e la sua valorizzazione potrebbe superare i 900 milioni di euro anche grazie all’ingresso di Telefonica che ha rilevato l’11,11% mettendo sul piatto 100 milioni di euro.

Il Biscione è anche in trattative con alcuni partner stranieri, interessati a entrare in Premium. Tra questi Vivendi e Al Jazeera sarebbero in pole position.

Il gruppo si è mosso con abilità e ha portato a casa i diritti della Champions League spendendo circa 700 milioni di euro, ma anche quelli per le partite di otto squadre big della Serie A per 373 milioni di euro.

Una bella mossa per il broadcaster consapevole che i maggiori introiti per la pay tv arrivano proprio dai contenuti sportivi.

Spagna

Dopo mesi di trattative, a inizio mese inoltre Mediaset ha ceduto a Telefonica il 22% della pay tv spagnola Digital+ per 365 milioni di euro. L’operatore tlc, che ha rilevato anche la quota di Prisa, ha adesso il pieno controllo della principale tv a pagamento iberica ed è forte anche nell’offerta online di contenuti con Movistar. Mossa previdente in vista del prossimo sbarco di Netflix, la piattaforma americana di video streaming, in Spagna previsto per il prossimo anno.

Francia

In Francia Vivendi ha già fatto capire di voler puntare al mercato televisivo con la cessione per 17 miliardi di euro dell’operatore tlc, Sfr, a Numericable. Il gruppo guidato da Vincent Bolloré si potrà concentrare sullo sviluppo di Vivendi, e quindi di CanalPlus, con occhio attento al nostro Paese e alla penisola iberica.

Non a caso la scorsa settimana, Bolloré avrebbe incontrato in Italia il vicepresidente di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, per valutare un’eventuale partnership in Premium.

Vivendi aveva già manifestato il proprio interesse per la pay tv italiana attraverso la controllata CanalPlus che ha già cominciato a studiare i conti del gruppo dopo aver siglato il 24 aprile a Londra un Memorandum d’intesa sottoscritto anche da Al Jazeera.

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