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Partite Iva, i medici hanno i migliori punteggi Isa

Fedeltà fiscale scarsa per l’82,9% delle lavanderie. Male autonoleggi e ristoranti

Con il nuovo concordato preventivo le partite Iva italiane dovranno decidere se pagare le imposte proposte loro dall’Agenzie delle Entrate e non essere sottoposte a controlli per due anni (uno per i forfettari), quanti accetteranno questo patto con lo Stato? Qualche indizio potrebbe darcelo il punteggio Isa. Gli ISA sono gli Indici Sintetici di Affidabilità, indicatori costruiti dall’Agenzia delle Entrate attraverso metodologie statistiche ed economiche che misurano la coerenza dei dati forniti da imprese e professionisti e quindi anche il loro grado di trasparenza e affidabilità. Per esempio vengono analizzati i numeri sui ricavi, sul valore aggiunto, sulle scorte, sugli ammortamenti e lo Stato verifica che non ci siano incongruenze, magari tra numero di giorni lavorati e versamenti all’Inps, oppure che non manchino informazioni rilevanti.

Coloro che hanno un “voto” superiore a 8 (in una scala da 1 a 10) hanno diritto a un regime premiale. Non a caso inizialmente una delle proposte relative al concordato preventivo prevedeva che si potesse applicare solo alle partite Iva più virtuose, quelle che, appunto, sono al di sopra della soglia degli 8 punti. Per esempio non devono chiedere un visto di conformità e possono effettuare liberamente la compensazione tra crediti per quanto riguarda l’Iva fino a un valore di 70mila euro.

Solo il 23,4% degli studi medici e dei laboratori di analisi ha punteggi inferiori a 8

Ma quante sono le attività promosse, ovvero con un punteggio ISA maggiore di 8? Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, aggiornati al 2021, si tratta complessivamente di solo il 44,6% delle persone fisiche, delle società di persone e delle società di capitale esistenti. È una percentuale che scende al 32,4% nel caso delle partite Iva che dichiarano ricavi inferiori a 30mila euro e sale al 46% in quello dei professionisti e delle società che superano tale soglia, che sono, comunque, la grande maggioranza. In alcuni segmenti del mercato, però, questi numeri sono molto migliori. Vediamo quali.

La burocrazia del Ministero dell’Economia e delle Finanze negli anni ha partorito ben 176 categorie professionali dai molitori di cereali ai laboratori di corniciai, dai conciatori di pelli alle guide turistiche. Ebbene, tra queste 176 quella più virtuosa, in cui la proporzione di punteggi superiori a 8 è maggiore, è quella degli studi medici e dei laboratori di analisi. Sono molti, 103.642 in tutto, e di questi la grande maggioranza, 79.348, il 76,6%, rientra in questa fascia.

Hanno un punteggio ISA migliore della media anche veterinari, notai, commercialisti

Come si vede nella nostra infografica, in cui abbiamo fatto una selezione dei settori, dopo gli studi medici sono le farmacie ad avere gli Isa migliori. Sono 15.371 e 11.534, il 75% di esse ha un punteggio maggiore di 8. Molto bene, con una quota di promossi superiore al 60%, anche le attività connesse all’informatica, quelle collegate alle creazioni artistiche e letterarie, nonché i veterinari e i numerosi intermediari del commercio. Questi ultimi, agenti e rappresentanti di ogni tipo di merce e servizio, sono 90.571, e in 54.634, il 60,3%, rientrano in un regime premiale grazie a un ISA maggiore di 8. Dati positivi anche per la categoria dei notai, con il 56,6% di promossi, così come gli studi dei commercialisti, 56,5%, gli psicologi, 54,9%, i dentisti, 52,1% e i geometri, 51,6%, per citare alcune delle attività più note.

Altre categorie fanno meglio della media, ma meno della metà delle imprese o dei professionisti che ne fanno parte hanno un ISA superiore a 8. È il caso di comparti importanti, come gli studi legali e quelli di architettura. Tra gli avvocati a venire promosso a pieno dall’Agenzia delle Entrate è il 48,2%, mentre tra gli architetti ancora meno, il 47,5%.

Le attività con gli ISA peggiori, ci sono anche i bar e i ristoranti

Sono le tintorie e le lavanderie quelle che presentano le statistiche più negative, ben l’82,9% di esse, cioè 5.643 su 6.809, presenta ISA sotto il punteggio di 8. Non ci sono grandi differenze in base all’entità dei ricavi. Anche le realtà non minuscole, con più di 30mila di entrate all’anno, presentano nell’81,4% dei casi valori inferiori alla soglia di 8. Pure i noleggi di autovetture fanno molto peggio della media con solo il 21,8% a presentare un ISA sopra l’8, nonché, dato piuttosto grave, anche i servizi di assistenza residenziale, quindi le strutture per anziani e disabili, con solo il 25%.

Male anche le attività forse più frequentate dai cittadini, i bar e i ristoranti. Partiamo dai secondi: solo 22.123 su 74.524, il 29,7%, non presentano nessuna incongruenza al punto da avere diritto a un trattamento di favore. Tra i bar, tra cui sono incluse in realtà anche le gelaterie e le pasticcerie, sono, invece, il 31%, sempre molto meno della media.

Nella nostra infografica abbiamo evidenziato anche le statistiche riguardanti altri esercizi molto frequentati e/o recentemente sotto l’occhio dei media, come parrucchieri e balneari. Tra i servizi di acconciatura ad avere un punteggio ISA maggiore di 8 sono il 40,9%, poco più dei negozi di alimentari, con il 40,2%. Tra gli stabilimenti balneari la percentuale sale al 42,5%, ma rimanendo anch’essa, seppur di poco, inferiore a quella nazionale.

Le persone fisiche hanno un punteggio ISA migliore rispetto alle società

Come si è detto l’Agenzia delle Entrate fornisce anche una lettura del punteggio ISA in base alla tipologia di personalità giuridica dell’attività. Ebbene, contrariamente a quanto forse molti potrebbero pensare, sono i più piccoli, cioè le persone fisiche, ad avere ottenuto nel 2021 i punteggi più alti. Non le piccolissime, ovvero le persone fisiche con ricavi inferiori a 30mila euro l’anno, tra cui a superare l’8 sono solo il 32,4%, ma fra tutte le altre, che sono del resto più di un milione, ce la fa ben il 53,8%.

Si tratta di un dato in netto contrasto con quello delle società di persone, tra cui questa percentuale scende al 42,8%. Eppure sono più grandi, visto che mediamente dichiarano compensi di 296.200 euro contro i 132mila delle persone fisiche. Ancora peggiore, con una quota di superamento del punteggio di 8 solo del 36,4%, è la situazione delle società di capitali, che rappresentano i più ricchi, ovvero quelle attività che generano ricavi di 674.551.

Essere più grandi, quindi, da questo punto di vista appare persino più controproducente che essere piccolissimi, perché evidentemente la gestione della società diventa così complessa da rendere più frequenti quelle incongruenze che allontanano dall’”Olimpo” del fisco.

I dati si riferiscono al 2021
Fonte: Agenzie delle Entrate

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