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Parler ritorna online, quale futuro per il social sovranista?

Parler, il social che piace tanto alla destra estrema americana e non solo, è ritornato online dopo mesi di inattività dopo che era stato messo al bando dagli store di Google ed Apple e da Amazon, che aveva interrotto il servizio di hosting dopo l’assalto di Capitol Hill lo scorso 6 gennaio.

Ieri, però, il sito ha comunicato di essere tornato attivo. “Quando Paler è stato messo offline a gennaio da quelli che desiderano mettere a tacere decine di milioni di americani, la nostra squadra si è messa al lavoro, determinata a mantenere la nostra promessa alla nostra comunità di tornare più forti che mai”, ha dichiarato in una nota Mark Meckler, nuovo amministratore delegato ad interim dopo che il suo board ha licenziato il precedente Ceo e fondatore John Matze. Meckler è noto per aver fondato il gruppo politico di destra Tea Party Patriots.

“Adesso il sito è costruito su una tecnologia sostenibile e indipendente che non fa affidamento ai big tech per le sue operazioni” ha aggiunto Meckler – noi prospereremo come una piattaforma di social media ispirata alla libertà di espressione, la privacy e il dialogo civile”.

Al momento potranno usare il social network solamente i suoi attuali user in quanto l’azienda è al lavoro per ripristinare i servizi per gli account già esistenti. I nuovi iscritti dovranno aspettare invece le prossime settimane.

A differenza degli altro social media, Parler non opera controlli e restrizioni sui contenuti che gli utenti pubblicano. Cresciuto notevolmente negli ultimi mesi del 2020 (al momento conta 20 milioni di iscritti) a causa delle elezioni presidenziali americane, era diventato il punto di riferimento dei sostenitori di Donald Trump dopo che Facebook e Twitter avevano iniziato ad etichettare i post dell’ex presidente sui presunti brogli elettorali come disinformazione.

La guerra di hosting

Prima del ritorno online del sito, i dirigenti di Parler avevano dichiarato di essere stati rifiutati da più società di web hosting che temevano un contraccolpo nelle pubbliche relazioni o un attacco informatico se avessero accettato di supportare il sito.

In precedenza, in seguito alla sua rimozione dai server di Amazon, Parler si era affidato a una società russa chiamata DDos-Guard per mostrare una semplice pagina del fondatore Matze in cui spiegava agli utenti del social i problemi a seguito della disattivazione dell’hosting di AWS.

Ciò ha sollevato preoccupazioni tra gli esperti di Internet per i timori che il governo russo potesse accedere ai dati o spiare gli utenti di Parler.

La società Epik di Seattle ha fornito supporto per la registrazione del dominio. Epik è famosa per aver contribuito a mantenere online altre pagine controverse, come il sito neonazista Daily Stormer, la piattaforma Gab e il forum di messaggistica 8chan.

Il New York Times è stato il primo giornale a confermare la notizia che i server di Parler saranno gestiti da SkySilk, azienda americana che ha sede a Los Angeles. La conferma è arrivata qualche ora dopo dai canali social di SkySilk attraverso le parole del proprio ad.

SkySilk non sostiene l’odio, anzi, sostiene il diritto al giudizio privato e rifiuta il ruolo di giudice, giuria e boia. Sfortunatamente, troppi dei nostri colleghi fornitori di tecnologia sembrano differire”, ha affermato in una nota pubblicata su Twitter e Linkedin Kevin Matossian, Ceo di SkySilk. “Anche se potremmo non essere d’accordo con alcuni dei contenuti trovati sulla piattaforma Parler, non possiamo consentire che i diritti del Primo Emendamento siano ostacolati o limitati da chiunque o da qualsiasi organizzazione.”

Il social sovranista in brevissimo tempo ritornerà operativo e più forte che mai. Chi lo fermerà?

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