Il provvedimento

Parental control, quando la montagna partorisce il topolino

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Prevale la logica della “autoregolamentazione” e si fabbricano “foglie di fico” che producono fuochi d’artificio mediali, presto dimenticati. E tutto resta come prima.

In questi ultimi giorni, meritano essere evidenziate – nell’ambito mediale e quindi culturale – almeno tre notizie: entra in vigore oggi una regolamentazione dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) che vorrebbe impedire ovvero limitare l’accesso dei minori a contenuti inappropriati attraverso lo smartphone; è di ieri un incontro dell’evanescente Comitato Media e Minori con il Governo per presentare una nuova versione del “Codice di autoregolamentazione”; promossa per domani una conferenza stampa in Senato di ben 3 Ministri della Repubblica che annunciano iniziative contro la violenza sulle donne…

Nelle more di conoscere le iniziative contro la violenza sulle donne annunciate per domani dai ministri dalla Famiglia, Natalità e Pari Opportunità Eugenia Roccella, dell’Istruzione e Merito Giuseppe Valditara e della Cultura Gennaro Sangiuliano  (non vogliamo partire prevenuti, magari si tratterà di interventi concreti e finanche efficaci), le due altre notizie sono accomunate da quel che potremmo definire “governo lasco” del sistema mediale italiano, ovvero dall’intervento di uno Stato che si inchina (anzi abdica) di fronte al Mercato.

Lo strumento più elegante di un approccio turbo-liberista, anche nella società digitale (digitalizzata), resta l’“autoregolamentazione”, uno strumento giuridico attraverso il quale uno Stato tollerante e benevolo dimostra fiducia nei confronti degli operatori di uno specifico mercato.

Si accantona una volontà normativa netta e decisa di intervento della mano pubblica e si asseconda la volontà degli operatori commerciali.

Questa è la vera verità, al di là di ogni retorica dichiarazione di intenti.

E quando si dovrebbe intervenire invece in modo netto e finanche brutale, si finisce per volgere lo sguardo da un’altra parte: abbiamo già denunciato su queste colonne l’incredibile “u-turn” messo in atto dalla Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni che, qualche settimana fa, aveva orgogliosamente annunciato un provvedimento per limitare l’accesso dei minori alla pornografia ed ai contenuti inappropriati, per poi fare marcia indietro e rimandare la patata bollente al Parlamento, dato che la questione è “complessa” (rimandiamo su questi temi – da ultimo – al nostro intervento su “Key4biz” del 5 settembre 2023, “Pornografia sul web: la tardiva scoperta del Governo e l’esigenza di un intervento radicale”… e si rimanda anche all’articolo di Luigi Garofalo, su “Key4biz” dell’8 settembre 2023, “Parental control, il governo fa “copia e incolla” della norma esistente. Meloni: “Su blocco siti porno per minori e verifica età online intervenga Parlamento””)… E naturalmente, temiamo, il Parlamento continuerà a… sonnecchiare, dato che siamo in fase della storia d’Italia nella quale la quasi totalità del processo normativo (quello destinato a divenire effettivamente legge dello Stato) è stata assunta dall’Esecutivo.

Procediamo con ordine: entrano in vigore oggi 21 novembre 2023 le disposizioni adottate dall’Agcom, con la delibera n. 9/23/Cons, del 25 gennaio 2023, intitolata “Adozione delle linee guida finalizzate all’attuazione dell’articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 in materia di “sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio”.

Con questa delibera, l’Autorità ha individuato i requisiti minimi dei “Sistemi di Controllo Parentale” (in inglese si tratta della diffusa definizione di “parental control”) rilasciati dagli operatori, le modalità di realizzazione degli stessi, le modalità di configurazione e la fornitura di informazioni chiare e trasparenti sulle modalità di utilizzo da parte degli utenti.

Con il termine “Sistema di Controllo Parentale” (ovvero “Scp” in acronimo), si intende un sistema che permette di limitare o bloccare l’accesso a determinate attività online da parte di un minore, impedendo l’accesso, tramite qualunque applicazione, a contenuti inappropriati per la sua età (es. pornografia, violenza, armi, droghe, ecc.).

Sulla carta, si tratta di una iniziativa valida, ma soltanto sulla carta, perché una minima parte delle “sim” delle utenze telefoniche utilizzate da minori sono effettivamente intestate a minori: il dato non è noto, ma andremo ad approfondire la questioni direttamente con i gestori.

Quindi, a parte la piccola quota percentuale di schede “Sim” che verranno sottoposte a questo filtro, la gran parte degli utenti minori dovranno essere sottoposti ad un controllo genitoriale.

In sostanza, lo Stato abdica alla propria funzione ed affida ai genitori il controllo del flusso da web, ovvero esattamente quel che avviene – ovvero non avviene – oggi stesso, allorquando esistono sistemi tecnici, non di agevole funzionalità, per imporre dei filtri.

Prima di oggi, se un genitore voleva immettere un blocco a contenuti inadatti ai minori, doveva impostare un “Parental Control” a livello software, oppure in alternativa doveva contattare la compagnia telefonica, utilizzando specifici “Pin” o addirittura lo “Spid”; il gestore, però, spesso se ne occupava in modo incompleto o addirittura richiedendo un pagamento (peraltro illecito)…

Semplicemente, ora si impone ai gestori di telefonia mobile di mettere a disposizione sistemi semplici e gratuiti per adottare questi filtri… in concreto, quanti genitori si assumeranno effettivamente questo compito?!

È esattamente lo stesso problema che si pone con i sistemi di “parental control” televisivi (audiovisivi), che pure sono stati adottati da “broadcaster” come Sky e da “piattaforme” come Netflix: già da tempo abbiamo posto – anche su queste colonne – la domanda su quanti sono gli utenti di emittenti e piattaforme che hanno attivato il controllo parentale, senza ricevere risposte… Temiamo che la percentuale sia minima (sicuramente ad 1 cifra soltanto) a dimostrazione della sostanziale inefficacia della misura “repressiva”.

Da oggi, se un minore cerca di accedere ad una serie di siti web classificati da Agcom come rischiosi, l’accesso verrà automaticamente bloccato. Premessa: sempre se la scheda “sim” risulta intestata ad un minore (vedi supra).

L’Autorità Garante nelle Comunicazioni ha stilato un elenco delle principali categorie soggette al controllo parentale, che quindi saranno inaccessibili su “Sim” o utenze dov’è attivo il blocco.

Queste le 8 categorie identificate dall’Autorità:

  • siti web con contenuti a luci rosse;
  • siti di scommesse e di gioco d’azzardo;
  • siti e pagine che promuovono razzismo, discriminazioni, autolesionismo e in generale violenza di ogni genere;
  • siti e pagine di sette sataniche e organizzazioni violente;
  • siti con contenuti potenzialmente dannosi per la salute;
  • siti e pagine per l’acquisto delle armi.

I blocchi riguardano soltanto il “mondo smartphone”.

Ribadiamo: i blocchi avranno effetto esclusivamente sui telefoni in cui è inserita una “sim” che è intestata a un minorenne, o che include un’offerta telefonica destinata a un minorenne.  

Tutto dipende dall’intestatario della “sim”

Poiché tutto dipende dall’intestatario, comunque, non ci sarà alcun nuovo limite se la “Sim” è di un genitore o di un altro maggiorenne. In quel caso, volendo porre un divieto, bisognerà impostare nuovamente i classici e sempre macchinosi “Parental Control”.

Ci sono diverse modalità: con un codice Pin all’attivazione dell’utenza, tramite Spid, con autenticazione sul sito dell’operatore oppure attraverso un codice inviato via sms o via mail… Tutto questo deve essere messo alla prova dei fatti, e teoricamente i gestori dovrebbero attivarsi per sensibilizzare opportunamente i genitori…

Da oggi, i genitori possono chiedere gratis di attivare (o disattivare) il filtro su qualunque “Sim” di persone su cui hanno potestà genitoriale o intestata a loro stessi.

Da oggi, quindi, tutti i gestori telefonici italiani hanno attivato in modo automatico il “Parental Control” obbligatorio per i minorenni, con la possibilità di attivarlo manualmente anche su Sim non intestate ad un minorenne ma comunque utilizzati da ragazzi sotto i 18 anni.

Le modalità di attivazione cambiano a seconda dell’operatore.

Solo alcuni hanno attivato in automatico il blocco alle “Sim” intestate ai minori. Tutti i gestori consentono certamente l’attivazione su richiesta, con modalità variabili però: via call center, via pagina personale sul web, via app…

Operativamente, come si può attivare: l’utente deve attivare il “Parental Control” attraverso l’applicazione di gestione dell’abbonamento, ad esempio MyTim, MyFastweb o My Vodafone; per quanto riguarda invece Iliad invece, la compagnia francese offre gratuitamente ai suoi utenti l’app McAfee Safe Family che include un sistema di “Parental Control”. Alcuni gestori come Vodafone ad esempio hanno rimodulato un’offerta già esistente, ovvero la Vodafone “Red Max Under 16”, che da oggi diventa “Red Max Under 18”, estendendo quindi il parental control (integrato nell’offerta) anche ai ragazzi di 17 e 18 anni…

Concretamente, è bene (anzi è indispensabile) contattare l’operatore per apprendere com’è possibile fare per attivare il “blocco”.

E per la rete fissa?! Considerando che la maggior parte dei fornitori di servizi telefonici nazionali fornisce anche servizi Internet tramite rete fissa, tutte le possibilità di “Parental Control” sono disponibili anche per le connessioni domestiche, tuttavia, è necessario attivarle manualmente attraverso l’“app” di gestione…

Per attivare il “Parental Control” al minore che naviga a casa in Wi-Fi (su fisso) non c’è però alternativa ad applicare sistemi ulteriori rispetto a quello di Stato. Un’alternativa, a questo proposito, è attivare un account Wi-Fi dedicato al minore e dotato di “Parental Control”. Possibile farlo su alcuni router più avanzati, come quelli Fritz!Box o Netgear

Alcuni genitori potrebbero sentire l’esigenza di attivare altri sistemi di “Parental Control”, oltre a quello di base offerto dagli operatori: ad esempio, per limitare alcune “app” specifiche (tempo di utilizzo o blocco completo), come i social. Oppure per limitare fasce orarie e quantità di tempo di utilizzo.

Va rimarcato che solo pochi genitori si trovano a proprio agio con questi tipi di “Parental Control”, su “app” o integrati nelle funzioni del cellulare.

E notoriamente i figli sono bravi ad aggirare questi filtri, basta spiare la password al genitore. Questa è la ragione che ha spinto il legislatore a dare a tutti un parental control di base e di (presunta) facile attivazione.

Anche in questo caso, lo Stato presuppone che il cittadino medio sia dotato di un discreto livello di alfabetizzazione digitale: il che – dati alla mano – non è.

Quali siti vengono realmente bloccati?! Non esiste ancora una “black list” pubblica validata da Agcom, che si affida ai gestori

Quali siti sono bloccati, concretamente: come scriveva giustamente Alessandro Longo sul quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” il 3 novembre scorso, ponendo la domanda “Sì, ma di preciso quali siti saranno bloccati?”, così rispondeva: “ancora non è chiaro. Agcom comunicherà i criteri per identificare gli specifici siti da bloccare. Nell’attesa, gli operatori possono usare blacklist create da loro o prese da terze parti affidabili, specializzate. Gestire i filtri Quelle sim si troveranno quindi con blocchi di default. Ma i genitori possono personalizzare il tutto. Sbloccare alcune categorie, ad esempio, o disattivare i filtri completamente. Gli operatori possono dare anche facoltà di attivare blocchi temporali, validi insomma solo in certi orari”.

La “personalizzazione” potrà avvenire in 3 modi: tramite un “Pin” di attivazione ottenuto al momento dell’attivazione della “Sim”; oppure con un codice riservato di attivazione (il famoso “Otp”, ovvero “One time password”) via sms o mail; lo Spid; oppure tramite pagina personale sul sito dell’operatore.  

La Delibera prevede che gli operatori devono comunicare all’Autorità le categorie utilizzate ed i soggetti cui sono affidati definizione e aggiornamento delle liste di domini e siti oggetto di blocco. Nei casi in cui non sia possibile effettuare un filtro a livello di singolo contenuto, esso va esteso all’intero sito o applicazione. Per siti e applicazioni che prevedono l’“age verification” alla registrazione e conseguente filtro dei contenuti accessibili (dolente ed irrisolta questione, questa della verifica dell’età, soprattutto in Italia), si applica la restrizione corrispondente all’età minima richiesta per l’accesso…

In sostanza, la materia appare ancora piuttosto incerta e fluida.

Su questi argomenti, si rimanda anche all’articolo su “Key4biz” del 16 maggio 2023: “Parental control, Zorzoni (Aiip): ‘Agcom renda pubblici gli indirizzi da oscurare’” ed all’intervento di Luigi Garofalo, su “Key4biz” del 1° settembre 2023, “Minori e porno, da metà novembre al via il Parental Control. Intervista a Laura Aria (Agcom): “Le nostre linee guida per rendere la misura efficace”.

A questo risultato, debole, si è giunti dopo una consultazione pubblica avviata dall’Agcom nel gennaio 2022, alla quale hanno contribuito sia l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (Agia) sia il Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu) dell’Agcom stessa.

Gli operatori non si sono dimostrati entusiasti, adducendo costi per queste nuove tecnicalità da implementare, complessificazione delle procedure, incremento del fabbisogno di risorse umane da impiegare.

Si è quindi giunti ad una soluzione debole, fragile, che temiamo finirà per produrre un buco nell’acqua, dato che temiamo che la gran parte dei genitori non si adopererà ad attivare il “Parental Control”, esattamente come avviene per quanto riguarda la televisione

Il nuovo “Codice di Autoregolamentazione” Media e Minori, che si applica alle emittenti televisive e vorrebbe estendersi anche al web ed ai “social media”

E prendiamo spunto da un’altra notizia, sostanzialmente correlata: la notizia non è stata oggetto di interesse da parte dei media (un qualche articolo su testate minori, un trafiletto su “Il Sole 24 Ore” di oggi), ma è anch’essa interessante, in quanto sintomatica di un approccio lasco a queste problematiche.

Dopo oltre 20 anni, il “Codice di Autoregolamentazione” del Comitato Media e Minori è stato rinnovato per adeguarlo alle innovazioni tecnologiche e al nuovo scenario televisivo. Il nuovo testo è stato votato dal Comitato insieme alle maggiori emittenti e associazioni di settore (Rai, Mediaset, La7, Confindustria Radio Tv, AerAnti-Corallo), e, in base alla nuova legislazione, una volta ratificato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), varrà per tutte le realtà con responsabilità editoriale.

Il Presidente del Comitato Jacopo Marzetti ha dichiarato ieri all’Ansa: “dopo oltre 20 anni il codice di autoregolamentazione del Comitato Media e Minori, unica autorità governativa sul tema, è stato rinnovato per adeguarlo alle innovazioni tecnologiche e al nuovo scenario televisivo… Domani il nuovo codice verrà presentato al Governo e l’ho voluto fare proprio nella Giornata Mondiale dei Diritti del Fanciullo, che non deve contenere solo proclami, ma fatti concreti in un momento in cui i ragazzi ne hanno estremamente bisogno”. Marzetti riconosce con onestà che si tratta di “un piccolo passo”.

Pur mantenendo l’impianto originario e conservando intatti i principi ispiratori del Codice del 2002, il nuovo testo introduce innovazioni, che vorrebbero rafforzare – almeno sulla carta – l’attenzione riservata verso il pubblico dei minori. Viene teoricamente ampliata la platea dei fornitori di servizi media audiovisivi aderenti al Codice e sono inclusi i servizi non lineari offerti dagli editori.

Per quanto riguarda i contenuti, gli editori si impegnano ad adottare criteri e livelli condivisi di classificazione di programmi da sottoporre anche a revisione periodica. Ciò dovrebbe consentire di promuovere una maggiore uniformità di settore. Gli editori, relativamente alla loro offerta lineare, si impegnano ad informare circa la maggiore o minore adeguatezza dei contenuti per i minori, ricorrendo all’utilizzo di sistemi di segnalazione permanente; per quanto riguarda l’offerta non lineare, gli editori si impegnano ad applicare la segnaletica sui contenuti proposti, in particolare relativamente ai programmi potenzialmente nocivi, “adottando idonei accorgimenti tecnici”. È mantenuta, inoltre, quale misura di garanzia, la “fascia ‘protetta” di programmazione 16 e le 19 per le reti generaliste. Gli editori si impegnano anche a promuovere, con attività di comunicazione, il corretto uso di tutti i media, incluse le piattaforme di condivisione video e i “social network”, con ciò ampliando la sfera di interesse all’intero mondo dei media…

Nelle premesse del “Codice”, si esprime, infine, l’auspicio che anche i fornitori di servizi per la condivisione video senza responsabilità editoriale, insieme agli altri attori dello scenario mediale, mettano in atto forme di autodisciplina a garanzia dei minori.

Auspicio”, appunto.

Torneremo su questo argomento, ricordando che non riteniamo che l’operato del Comitato Media e Minori (al di là dell’auto-elogio del suo attuale Presidente) si sia dimostrata in questi vent’anni minimamente efficace, anzi significativa, senza entrare nel merito di una attività comunicazionalmente sconosciuta ai più…

Un “comitato” semi-clandestino, insomma.

Il dissenso dell’Aiart rispetto alla nuova proposta di “regolamento” ovvero del nuovo Codice “Media e Minori”. Luca Borgomeo: “analizzare le cause della crisi del Comitato, la sua evidente insignificanza”

Da segnalare che la proposta di nuovo “Codice di Autoregolamentazione Tv e Minori” del Comitato Media e Minori è stata approvata nell’assemblea di giovedì della scorsa settimana 16 novembre 2023 con il voto contrario di Luca Borgomeo, in rappresentante della cattolica Aiart, associazione degli utenti radiotelevisivi e mediali (l’acronimo Aiart sta per “Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione”, una onlus fondata nel lontano 1954, ma da qualche anno si autodefinisce “associazione cittadini mediali”).

La sua presa di posizione merita essere rilanciata, perché evidenzia criticità gravi: “a nome dell’Aiart esprimo il netto e inequivocabile giudizio negativo sulla proposta di modifica del Codice Media e Minori. Il Comitato di Presidenza dell’Aiart, riunitosi il 9 novembre, dopo ampia consultazione delle strutture provinciali, operanti in tutte le regioni italiane, ha giudicato la proposta di riforma del Codice Media e Minori del tutto inidonea ad assicurare un’efficace tutela dei minori utenti dei media ed ha deliberato di richiedere formalmente al Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu) di sostenere la decisione dell’Aiart di non approvare la proposta di riforma e di chiederne un rinvio”.

Queste le motivazioni: “il giudizio negativo dell’Aiart si basa sui seguenti dati oggettivi. Prima di nominare la Commissione per elaborare un nuovo Codice, era necessario e urgente – come più volte richiesto dall’Aiart, anche dal sottoscritto in Assemblea del Comitato Media e Minori – di procedere ad un esame delle cause della crisi del Comitato, della sua scarsa operatività, della sua perdita di credibilità, della sua evidente insignificanza. Proposta non accettata, nemmeno discussa, e ovviamente non poteva essere accolta da quanti affermano – negli atti predisposti dalla Commissione  Visco (Emilia Visco, uno dei componenti in rappresentanza degli utenti, n.d.r) – che “anche grazie alle Emittenti e al Comitato Media e Minori, il mezzo televisivo ha migliorato la sua affidabilità per i minori e il contributo offerto all’attività delle famiglie” Sic !”. 

L’Aiart, pur riconoscendo ed apprezzando il lavoro svolto dalla Commissione, al di là del parere negativo sul contenuto della proposta, denuncia che la composizione della Commissione – pur se formalmente legittima – non è realmente rappresentativa del Comitato stesso. Soltanto 8 membri effettivi (il Comitato Media e Minori ha 15 membri effettivi) e questi 8 erano espressione 5 delle emittenti, 1 delle istituzioni e 2 degli utenti: “una maggioranza assoluta delle emittenti e, ovviamente, la proposta risente di questo predominio delle emittenti e del ruolo subalterno delle istituzioni e degli utenti”.

Ciò potrebbe bastare, a commento della logica sottesa alle “autoregolamentazioni” ed ai “codici” di questo.

Le motivazioni del giudizio negativo dell’Aiart sono molteplici: “appare evidente che, forse, non è del tutto chiaro che il Codice non è più Codice Tv e Minori, ma Codice Media e Minori. E se 20 anni fa si poteva accettare l’idea di un ruolo preminente della televisione nel campo dei media, oggi non è assolutamente possibile. Nel Codice si fa opportunamente riferimento all’evoluzione dello scenario tecnologico e mediale e alla radicale trasformazione dell’accesso ai prodotti mediali, ma si continua a ritagliare un ruolo dominante alle trasmittenti televisive, che – a giudizio dell’Aiart e di quelle associazioni di utenti realmente rappresentative – sono le principali responsabili del declino del Comitato Media e Minori, avviato con lo smantellamento del Comitato stesso, con i licenziamenti in tronco (nel luglio 2014) dei 4 dipendenti; declino testimoniato dal fatto che nell’arco di quasi un decennio (2014.2022) il Comitato per oltre 4 anni non è stato costituito”.

E qui la denuncia è ancora più pesante: “il nuovo Codice, elaborato dalla Commissione (formalmente in rappresentanza delle 3  componenti: istituzioni, emittenti, utenti) ma di fatto “diretta” e “condizionata dalla prevalente maggioranza delle emittenti,  è – a giudizio dell’Aiart –  funzionale a perpetuare nel tempo un Comitato senza poteri reali, inadatto a tutelare i minori, e tale da assicurare alle emittenti televisive, in particolare a Mediaset-Rai-Confindustria Televisione, un ruolo dominante, relegando gli utenti ad un ruolo marginale, quasi coreografico…  per l’Aiart – tenendo presente l’attuale realtà dei media – dovrebbe essere assicurata una parità assoluta tra tv e social, anche in considerazione che minori e giovani prediligono di gran lunga i social alla tv…”.

Le istanze dell’Aiart non sono state accolte e la proposta di nuovo “Codice” è stata trasmessa al Governo…

Ancora una volta “pannicelli” caldi?

Torneremo presto su questa vicenda (si ha notizia che anche altri membri del Comitato Media e Minori abbiano maturato perplessità sul nuovo “Codice”), con opportuni approfondimenti, ma anch’essa è emblematica, come l’entrata in vigore da oggi delle disposizioni di cui alla Delibera Agcom del 25 gennaio 2023.

Ancora una volta, pannicelli caldi, in estrema sintesi.

E temiamo che qualcosa di simile emergerà dalla conferenza stampa annunciata per domani a Palazzo Madama… Recita il comunicato stampa: “mercoledì 22 novembre 2023, alle ore 11, nella Sala Koch del Senato (dove è calendarizzato l’esame del disegno di legge del governo contro la violenza sulle donne, già approvato dalla Camera), i ministri dalla Famiglia, Natalità e Pari Opportunità Eugenia Roccella, dell’Istruzione e Merito Giuseppe Valditara e della Cultura Gennaro Sangiuliano terranno una conferenza stampa per presentare iniziative rivolte al mondo della scuola per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne”.

Che uscirà fuori, da questo “tris” ministeriale?! Speriamo non una dinamica di “annuncio” e “smentita” come quella della Premier di qualche settimana fa (contro l’accesso dei minori ai “social”), ovvero una ennesima “toccata e fuga” di puro effetto mediale…

Tra contenuti porno ed inappropriati che dilagano sul web ed una cultura dell’immaginario maschile veicolata da media e “social media” che alimenta la violenza sulle donne… si assiste alla deriva di una società con criticità profonde.

Non ancora adeguatamente affrontate dalle istituzioni e dalla politica.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.