La proposta

Paola Pisano: “Per porre fine agli attacchi d’odio online coinvolgere piattaforme social e Authority”

di Paola Pisano, già ministra dell'Innovazione e Digitalizzazione |

Dopo l'attacco d'odio #ConteServoDelSistema, la proposta dell’ex ministra dell'Innovazione e Digitalizzazione: “Sensibilizzare scuole, famiglie, aziende e soprattutto media che dovrebbero essere formati con estrema serietà sul tema per non confondere mai un attacco d'odio con una notizia”.

Il gioco è di nuovo riuscito. Solo 59 account sono stati responsabili dei 50mila tweet dell’attacco d’odio #ConteServoDelSistema. Il 2 agosto scorso se la sono presa con l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma può accadere a chiunque. Dirigenti e militanti di tutte le forze politiche, dalla destra alla sinistra al centro e soprattutto può investire soggetti deboli. 59 account su 1.270 coinvolti hanno pubblicato 7.660 tweet che ricondivisi hanno mandato in tendenza dell’hashtag*. 

Una volta in trend, l’hashtag #ConteServoDelSistema ha attirato altri gruppi di utenti. Estrema destra, promotori di contenuti omofobi e razzisti, alcuni autonomi con gruppi di estrema sinistra. La dinamica in questi attacchi è sempre la stessa. Coinvolgere utenti magari anche contrari alla tesi purché condividano l’hashtag dell’attacco. Ciò che fa notizia è solo il numero finale. “Oltre 50mila tweet con l’hashtag #conteservodelsistema”

Qualche media tradizionale riprende la “non-notizia”

Nessuno verifica sul numero di favorevoli o contrari, su chi ha parlato dell’ex Presidente o ha portato avanti la propria agenda personale. 

Qualche media tradizionale riprende la “non-notizia” agendo da cassa di risonanza dell’attacco d’odio. La diffusione del messaggio è facilitata dalle piattaforme on line e aggravata dalla tipologia di messaggio. Le prime – progettate per stimolare e semplificare l’interazione di tutti nei confronti di tutti – hanno un modello di attività economica che deve attirare il maggior numero di utenti possibile per aumentare i ricavi che derivano dalla pubblicità di prodotti e servizi. I secondi, i messaggi d’odio, che per loro natura provocano curiosità e stupore, attirano più utenti di post più neutri come dimostra una ricerca condotta da Sinan Aral, professore del Massachusetts institute of Technology di Boston (MIT). Al tutto si aggiungono le caratteristiche proprie della rete. I messaggi su internet rimangono attivi per tempi più lunghi, possono riemergere su altri canali e spazi web, nella perenne confusione tra chi produce il contenuto, chi lo diffonde, chi ne è vittima. A volte coperti da anonimato altre come su Facebook, con nome e cognome in bella vista. 

All’orizzonte non si prevedono miglioramenti. Più di 4 miliardi gli utenti social con un tasso di crescita di 15 persone al secondo, un numero di informazioni in aumento esponenziale, tecniche di creazione profili e notizie false sempre più raffinate. 

La proposta per arginare l’hate speech

Arginare il fenomeno appare complicato.

Per iniziare a rispondere a questa sfida quando ero Ministra ho istituito un gruppo di esperti sul tema. Il loro prezioso lavoro, pubblicato a febbraio scorso all’indirizzo https://assets.innovazione.gov.it/1613027971-odio-report-6.pdf, mette in luce spunti interessanti. Sensibilizzare scuole, famiglie, aziende e soprattutto media che dovrebbero essere formati con estrema serietà sul tema per non confondere mai un attacco d’odio con una notizia. 

È necessario un coordinamento nazionale e internazionale coinvolgendo chi ad oggi lavora già sul tema. In Italia come sempre siamo dotati di ottimi esperti.  Il coordinamento deve avvenire anche con le piattaforme social che dovrebbero condividere con authority indipendenti i loro strumenti di analisi e mitigazione. Strumenti da utilizzare sulla base di regole chiare, condivise e trasparenti.  Va da sé che sarebbe quanto mai rischioso delegare ai provider privati il ruolo di “decisori” di ciò che è consentito e ciò che non è consentito comunicare pubblicamente.
Mentre un ambiente digitale a rischio zero è irraggiungibile, sono certa sia possibile stabilire le condizioni necessarie per un ambiente al sicuro dalle nuove forme di criminalità cyber con regole e norme chiare affinché il mondo del web non continui ad essere un angolo di realtà dove tutto è possibile ed è concesso. 

Solo a quel punto si potrà considerare internet un diritto universale. 

Paola Pisano, già ministra dell’Innovazione e Digitalizzazione.

*Dati e screenshot presentati sono stati raccolti con la piattaforma di monitoraggio e analisi Metatron Analytics.