L’edizione 2025 della Global Innovation Index
L’innovazione resta il motore della competizione globale, ma il suo slancio rallenta. È questa la fotografia che emerge dal Global Innovation Index (GII) 2025, la classifica annuale dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WIPO), giunta alla sua 18ª edizione.
Ai primi posti del ranking restano Svizzera, Svezia e Stati Uniti, seguite da Corea del Sud e Singapore. due economie che da anni trainano il blocco asiatico con forti investimenti in R&S e infrastrutture digitali.
Completano la Top 10 il Regno Unito, la Finlandia, i Paesi Bassi, la Danimarca e, per la prima volta, la Cina. Pechino supera così la Germania (ora all’11° posto), un passaggio storico che segna la trasformazione della potenza asiatica da “fabbrica del mondo” a protagonista assoluto della frontiera tecnologica, con primati nei brevetti, nelle esportazioni high-tech e nella concentrazione di cluster innovativi.
Italia: 28° posto, stabile ma con margini di crescita
L’Italia si colloca al 28° posto, confermandosi nella fascia medio-alta dei Paesi avanzati, ma senza progressi significativi rispetto agli ultimi anni. Roma sconta ancora un ritardo sugli investimenti in ricerca e sviluppo, rispetto alla media europea, pur mostrando segnali positivi sul fronte della manifattura high-tech, delle startup e della creatività culturale.
Per un Paese che punta sulla transizione digitale e verde, il dato del GII è un campanello d’allarme e allo stesso tempo uno stimolo a rafforzare il sostegno pubblico e privato all’innovazione.
L’avanzata dei Paesi emergenti
Il 2025 segna anche la progressione di diverse economie a medio reddito: India (38ª), Turchia (43ª), Vietnam (44°) e Filippine (50ª) confermano una crescita costante, mentre in Africa spiccano Mauritius (53ª), Sudafrica (61ª) e Senegal (89°).
La WIPO evidenzia che 17 economie a basso e medio reddito performano sopra le attese rispetto al loro livello di sviluppo, dimostrando che innovazione e crescita non sono più un’esclusiva dell’Occidente.
I cluster dell’innovazione: la nuova geografia della competizione vede la Cina primeggiare
Un ruolo centrale nel GII 2025 è riservato agli innovation cluster, i poli territoriali ad alta densità di ricerca, imprese e università. La Cina ne ospita 24 tra i 100 più importanti al mondo, confermando la sua capacità di attrarre talenti e investimenti. Gli Stati Uniti seguono con 22 cluster, tra cui il San Jose–San Francisco (3° globale e primo per intensità innovativa).
In Europa spiccano la Germania, con sette cluster, e il Regno Unito, con poli come Oxford e Cambridge, seppure con una minore forza di venture capital rispetto agli Stati Uniti.
La mappa dei cluster mostra come l’innovazione non sia diffusa in modo uniforme, ma si concentri in hub globali che diventano i veri snodi della competizione tecnologica e industriale.
Il rallentamento degli investimenti in R&S e venture capital
Se i ranking premiano le economie resilienti, i dati economici del GII sollevano preoccupazioni:
- la crescita della spesa globale in R&S è scesa al 2,9% nel 2024 (dal 4,4% del 2023) e si prevede rallenti al 2,3% nel 2025, il livello più basso dal 2010;
- la spesa in R&S aziendale reale è quasi ferma (+1%), frenata dall’inflazione e dal calo dei ricavi in settori come l’automotive e i beni di consumo;
- il venture capital ha mostrato un rimbalzo in valore (+7,7%), ma concentrato in mega-deal statunitensi e sull’intelligenza artificiale generativa; il numero di deal globali, invece, è calato per il terzo anno consecutivo (-4,4%), segnale di un mercato meno dinamico fuori da pochi settori.
Come ha sottolineato il Direttore Generale della WIPO, Daren Tang, l’innovazione resta “un motore fondamentale di resilienza e crescita, ma richiede sostegno politico, investimenti continui e collaborazione tra pubblico e privato”.
Il messaggio del GII 2025 è chiaro: in un contesto di rallentamento globale, solo i Paesi che sapranno consolidare i propri ecosistemi innovativi e costruire cluster forti saranno in grado di mantenere rilevanza e leadership nella corsa tecnologica internazionale. E per l’Europa rimbombano forti le parole di Draghi a Bruxelles su capacità di innovare, livelli di indipendenza tecnologica e di competitività.