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Pa digitale, l’uscita di scena di Diego Piacentini. Non torna ad Amazon?

A settembre 2016, quando ha accettato l’incarico da Matteo Renzi, Diego Piacentini ha detto a Mario Calabresi direttore di Repubblica “Regalo due anni all’Italia per portarla nella modernità e farvi dimenticare i certificati”. Il Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale ha mantenuto la prima parte della promessa. Alla scadenza del mandato di due anni se ne va. Declinando anche l’invito del Governo a restare per un altro anno alla guida del Team per la trasformazione Digitale.

“Oggi inizia la mia fase di ‘prorogatio’ di 45 giorni insieme al Team Digitale. Ringrazio il Governo per avermi chiesto di rimanere un altro anno, ma alla scadenza del mandato di 2 anni mi riunirò come previsto alla mia famiglia a Seattle”, ha annunciato Piacentini sul suo profilo Twitter. “Lavorerò in ‘prorogatio’ fino alla nomina del nuovo Commissario per garantire continuità. Passerò il testimone, soddisfatto del lavoro di questi 24 mesi e orgoglioso dei risultati ottenuti. Abbiamo ancora 45 giorni di lavoro cruciali”, ha concluso il l’ex Senior Vice President di Amazon.com. “Non tornerò ad Amazon, i miei due anni di aspettativa sono scaduti circa un mese fa, mi prendo un po’ di tempo per riflettere”, ha dichiarato Piacentini.

Piano Crescita Digitale, il bilancio dei due anni di Piacentini

Per quanto riguarda la seconda parte della sua promessa, è riuscito Piacentini in due anni a portare la Pubblica amministrazione nella modernità e a far anche dimenticare a tutti gli italiani i certificati cartacei? Il manager non è riuscito in questa sfida.

Certo due anni sono troppo pochi per avere la presunzione di digitalizzare la PA. E questo lo sapeva anche Piacentini. Ma perché, per esempio, il Commissario straordinario non ha esercitato i suoi poteri ‘straordinari’ per obbligare-incentivare i Comuni ad entrare (tecnicamente si dice a subentrare) nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), uno dei capisaldi del Piano Crescita Digitale?
Ad oggi, sono 538 su circa 8mila Comuni a farne parte.

A cosa serve l’anagrafe unica digitale? A far comunicare in modo telematico tutti i Comuni tra di loro, perché oggi questo avviene ancora, nella maggioranza dei casi, per posta, con la carta. Ecco un esempio: un cambio di residenza. Il nuovo Comune deve mandare al precedente una comunicazione che viene letta e processata manualmente. Su scala nazionale questo avviene circa 7.000 volte al giorno. Immaginando che ogni operazione richieda un minimo di dieci minuti, anche solo il completamento di un’attività così banale costa ai Comuni almeno 14 milioni di euro l’anno. E, naturalmente, non è un caso isolato: ci sono ancora tante operazioni che ad oggi devono essere processate a mano.

Invece il cambio di residenza da un comune a un altro, entrambi subentrati all’ANPR, può avvenire con pochi clic, senza più gimkana tra gli uffici comunali. Dunque la restante parte dei Comuni italiani quando effettuano questa migrazione, senza costi aggiuntivi, verso l’anagrafe digitale? Perché, Commissario Piacentini, solo 538 Comuni (dati AgID) ce l’hanno fatta a migrare l’anagrafe dei cittadini in quella nazionale e tutti gli altri Comuni sono ancora al palo?

Spid, quando obbligatorio per tutti i servizi online della PA?

Per quanto riguarda lo Spid, il sistema pubblico di identità digitale, perché il Commissario Piacentini, insieme al Governo Renzi, poi Gentiloni e infine M5S-Lega, non ha pensato a più modi per far decollare l’identità digitale?

Ad oggi su circa 60 milioni di persone ad sono state erogate 2,7 milioni, con 4mila Pubbliche amministrazioni che consentono l’accesso ai servizi online anche attraverso l’identità digitale. Per il 2020 il target è di 10mila Pa.

Lo Spid in Italia ha iniziato a superare le centinaia di unità e ad arrivare a quasi 3 milioni da quando è stato reso obbligatorio per godere del bonus docenti e del bonus cultura, destinato ai 18enni nati nel ‘98 e nel ’99 (il Team Digitale ha risolto un bug importante sulla piattaforma 18App). Poi a macchia di leopardo lo Spid è stato ancorato anche alla partecipazione di alcuni concorsi pubblici. È la strada giusta, ma è ancora troppo poco per dare l’accelerata giusta allo Spid. L’identità digitale dovrebbe essere obbligatoria per esempio per accedere ai siti della Pa, a partire dall’Inps fino all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima ha annunciato, la settimana scorsa, che entro il 2018 sostituirà le credenziali Fisconline con lo Spid. Dunque entro l’anno, nel caso di prosecuzione senza intoppi del piano, per i servizi online alle persone fisiche lo SPID diventerà obbligatorio (anche se non è ancora chiaro se sostituirà il PIN Fisconline anche per chi ne è già in possesso).

Lo Spid manda in pensione Fisconline, da un’idea di Diego Piacentini? No, del Direttore uscente dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.

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