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Open Fiber, palla al piede della ‘rete nazionale’. La soluzione? Lo spezzatino non di TIM, ma di Open Fiber

È inutile girarci intorno o continuare a prenderci in giro. Open Fiber è l’unico vero ostacolo alla “rete nazionale”.

I continui rinvii delle decisioni su questo tema, che ha rappresentato e rappresenta il dossier più importante del governo, sono conseguenza diretta del disastro che si sta consumando da un anno e mezzo a questa parte in Open Fiber con la gestione di Cassa Depositi e Prestiti (CDP).

Accanimento terapeutico

L‘azienda è di fatto fallita e tenuta in piedi con accanimento terapeutico da parte di CDP, che non vuole ammettere i propri errori e la scelta di un management completamente inadeguato all’obiettivo di alto profilo che Open Fiber aveva negli anni passati.

Una illazione? No. I numeri parlano da soli con un debito che a fine anno raggiungerà l’incredibile cifra di 6 miliardi di euro contro ricavi di circa 470 milioni di euro, la cui gran parte serve per ripagare gli interessi sul debito stesso. In questa situazione Open Fiber si ritrova a pagare i costi operativi dell’azienda e quindi anche gli stipendi, attingendo al debito e sottraendolo agli investimenti, in una spirale senza fine.

Debito buono e debito cattivo

Parafrasando Mario Draghi esiste “debito buono” e “debito cattivo”. Il debito buono è quello che si usa per gli investimenti, il debito cattivo è quello che si usa per “pagarsi le vacanze”. Open Fiber guidata da Mario Rossetti e dai suoi boys sta usando il debito per “pagarsi le vacanze”.

E così, invece di lavorare “pancia a terra”, come ama esprimersi Rossetti, il top management ha già programmato due interessanti gite ad eventi (le vacanze di cui sopra?) di discutibile utilità, come quelli previsti ad aprile ed a maggio rispettivamente a Madrid ed a Washington, del tutto inutili rispetto al raggiungimento delle milestones previste dal PNRR o per la copertura delle Aree bianche.

Ora, di fronte all’insostenibilità dell’ingente debito e del fatto che Mario Rossetti non ha rispettato il Piano industriale da egli stesso scritto, si capisce perché Cassa Depositi e Prestiti (CDP) stia facendo incredibili pressioni su tutto il mondo politico perché TIM prediliga la proposta CDP-Macquarie.

Una qualunque alternativa porterebbe all’inevitabile fallimento di Open Fiber.

Antitrust Ue al varco

Ma tutti sanno che la proposta di CDP-Macquarie non è percorribile per diversi motivi uno su tutti l’Antitrust europeo. Da qui la situazione di stallo dalla quale si esce solo in due modi.

Il primo, consiste nella vendita della rete di TIM a qualcuno che non sia CDP-Macquarie in quanto, sfortunatamente per loro, entrambi azionisti di Open Fiber. Il secondo, guarda alla risoluzione del problema Antitrust europeo, assicurando quindi la competizione infrastrutturale che l’Antitrust europeo vuole mantenere.

Spezzare in due Open Fiber

In che modo? Spezzando in due Open Fiber: le Aree nere da una parte e le Aree grigie e bianche sussidiate dall’altra. E successivamente vendendo i 9 milioni di unità immobiliari che Open Fiber dichiara di aver coperto nelle aree nere del paese ad un soggetto terzo.

Tutto il resto è il solito bla-bla prodotto dal chiacchierificio di Open Fiber che è poi amplificato da CDP e dalla grande stampa nazionale che corre dietro all’inserzionista pubblicitario.

Se qualcuno ha in mente un’altra soluzione, siamo pronti a darne evidenza a raccontarla su queste stesse pagine.

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