Talk e non solo

Odiens, il talk show cambia pelle nel gran salotto della Gruber

di Stefano Balassone |

E’ tempo di cambiare. I talk show si rinnovano. Il nuovo metodo della Gruber, e anche di Floris, è quello di toccare in maniera veloce e fugace varie sfaccettature della realtà.

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 6 novembre 2014

Gran salotto ieri sera da Lilli Gruber (cui la temporanea assenza ha donato in immediatezza perché evidentemente a stare un po’ con se stessi ci si consolida). Augias e Buttafuoco, freschi dall’aver scritto gli ultimi libri (è il loro mestiere) eran lì che fiorettavano alla grande, saltando di palo in fresca, come s’usa nelle conversazioni di mondo, ma sempre badando a lasciare tracce evidenti della loro capacità di cogliere il nocciolo delle questioni, quali che siano.

A partire dalla principale, e cioè il cono gelato, assaporato dal ministro (o ministra? Bah) Madia sulla copertina di Chi (e da Alfonso Signorini nella sua testa pensando di tirare la volata – gioco di squadra Mediaset – a una Barbara d’Urso in versione “indignata”).

Ieri e dovunque non si è parlato d’altro.

Perfino una radio, chiamandoci per sapere la nostra sulla riforma della Rai è riuscita a partire dall’ambiente della gelateria. E tutti lì, anche noi, a scherzare come nella toilette di una caserma.

Sbrigato il suddetto titolo di testa a Otto e Mezzo si è passati alle questioni minori: l’influenza della mens ebraica (Gesù, Freud, Einstein, qualche dubbio per Marx) sulla cultura mondiale; il nesso Amore-Morte nel nazionalsocialismo della Germania fra le due guerre e in esso le figura dell’Eroe –cioè Goering, e della Baronessa (se non sbagliamo il titolo nobiliare) sua sposa; lo sturm und drang renziano come tentativo del paese di cavarsi fuori dalla melma di nero, evasione e burocrazia autoreferente che ne caratterizzano il modello di inviluppo.

Al di là dell’aria salottiera dovuta al rango degli ospiti, forse è proprio questo, ovvero il contatto veloce e fugace con molteplici sfaccettature della realtà – e della cultura che ne è parte – il metodo/formula che Lilli può davvero adottare in questi frangenti in cui sono svaniti i nemici e le certezze di un tempo e andiamo cercando a tastoni i punti di riferimento che diano senso alle azioni singole e collettive (collettive si fa per dire). Usare la tv come macchina per “sentire” piuttosto che come armamentario per “dire”, o per far dire a Brunetta (da ultimo meno respingente del solito), a Fassina, a Picierno o a Roberta Lombardi quel che già sappiamo ci diranno.

Ieri lo notavamo per Floris, oggi ci sembra di coglierlo per Lilli. E ci chiediamo se e quanto rapidamente stiano imboccando la medesima strada anche Formigli, Santoro e lo stesso Crozza. Del resto non sarebbe sorprendente che la rete che ha più investito sul vecchio talk show del batti e ribatti fosse la prima a venirne fuori orientando i suoi programmi di conversazione verso l’indagine anziché la rappresentazione/denuncia etc etc. A costo di sconcertare per qualche tempo la platea (peraltro ieri sera per Otto e Mezzo al 4,2%, che di questi tempi…), ma sperando di cominciare a esserne più stabilmente ricercata per l’utilità anziché per la scontatezza.