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#Odiens, al mattino meglio satellite e digitale terrestre

Odiens

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato in Odiens, Europa 18 settembre 2014

Si può immaginare il futuro sviluppo di una intera stagione televisiva basandosi sul comportamento dei telespettatori nei soli primi giorni di quella appena iniziata e, per di più, limitandosi a guardare quel che accade dalle 8 alle 9 del mattino? Forse sì, forse no. Ma proviamoci.

Sappiamo che l’ascolto della tv dalle 8 alle 9 del mattino è questione di “pochi”, l’equivalente di 5 milioni di spettatori e cioè appena un quinto rispetto alla platea serale. Ma sappiamo anche che a quell’ora si pratica l’ascolto mordi e fuggi, tra un caffè, una sistemata alla casa prima di uscire, etc etc. E dunque gli italiani che scelgono dentro la tv del mattino sono in realtà molto più numerosi della loro media auditel. E si tratta di un ascolto, “puntiforme e processuale” insieme.

Puntiforme perché il pubblico a quell’ora accende la tv giusto per dargli un’occhiata: ma anche processuale e, aggiungeremmo, liturgico, perché proprio chi attiva la tv giusto per dare un’occhiata ai titoli del giorno o alla composizione d’ospiti di Agorà e Omnibus, lo fa seguendo percorsi personali e consolidati. Non scegliendo, ma avendo già scelto. È a quell’ora, dunque – in assenza delle distorsioni gravitazionali causate da partite di richiamo, da sanremi e da quant’altro – che si manifesta la gerarchia delle preferenze verso i “canali” in quanto tali.

E allora, se la giornata si vede dal mattino, pare che la stagione stia vedendo un robusto guadagno della tv satellitare e delle tv del digitale terrestre, che dalle 8 alle 9 passano dal 22% al 26% del totale rispetto al terzetto Rai-Mediaset-La7.

A rimetterci sono in particolare i “generalisti in diretta” e cioè Rai Uno, Rai Tre, Canale 5 e La7, mentre tengono o migliorano (è il caso di Rai Due) le reti collaterali portatrici di fiction. In altri termini, la gente cerca meno di prima la compagnia delle reti “identitarie” (la Rai Uno istituzionale, la Rai Tre di sinistra, il Canale 5 complice o La7 interessante).

C’è, a dirla in breve, meno attenzione di un tempo per quel che la tv “ha da dirci” e badiamo piuttosto a quel che la tv “ha da darci” (prodotti preconfezionati fiction e factual) oppure la lasciamo più spenta di prima (il numero degli spettatori di quell’ora è diminuito di un quinto).

Forse è qui, dentro la più ampia crisi del rapporto fra patto generalista (identitario, comunitario etc) e pubblico che troviamo, più che nelle performance dei conduttori, la matrice della difficoltà dei talk show politici a radunare platee vaste come quelle cui si erano abituati. Tanto per non limitarci a crocifiggere il Giannini e il Floris di turno.

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