Fuga dalla tv

Odiens, gli over 65 incollati alla tv mentre gli altri stanno sul web

di Stefano Balassone |

Il consumo televisivo continua a crescere tra gli over 65. Tutti gli altri ‘guardano’ altro, internet soprattutto.

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 27 ottobre 2014

A prima vista non sembra che il consumo di tv, le ore che gli italiani ci passano davanti, sia granché cambiato fra l’ottobre del 2013 e quello ormai agli sgoccioli. Dalle 7 del mattino alle 20 della sera c’erano 10,6 milioni di spettatori nel 2013 e sono 10,5 milioni nel 2014. E dunque, se è vero che più gente sta a casa peggio sta andando l’economia, saremmo indotti a concludere che la situazione sia stabile, come se, tra perdurante stagnazione e mancata ripresa, le cose del Paese si stessero trascinando sempre uguali.

Ma poi, se vai a pignoleggiare dentro i numeri, ti viene il sospetto che il Paese si stia ulteriormente spaccando tra chi sta sempre peggio e chi vede migliorare le proprie prospettive. Viene fuori infatti, tanto per cominciare, che i più anziani (gli over 65 anni) hanno aumentato il consumo di tv del 2% mentre praticamente tutte le altre classi di età lo hanno diminuito del 5%. Un andamento contrapposto, di lento, reciproco allontanamento di masse, che fa pensare alla deriva dei continenti.

Come mai?

Forse perché ad ogni anno che passa le classi anziane si infoltiscono degli arrivi della generazioni nate fino agli anni ’50, quando a livello popolare l’istruzione era scarsa, e milioni di ex braccianti e contadini poveri, se non finivano via clientela a fare gli uscieri nei ministeri si apprestavano, in questa o quella tayloristica manifattura, a una lunga vita di manovali scarsamente specializzati, (allora il Terzo Mondo ce l’avevamo in casa, con bassi salari, skill ridotti e tutto il resto che gli si accompagna). Tra questi, i sopravvissuti, fisicamente e psicologicamente, all’inferno delle casse integrazioni più o meno in deroga, sono ora a casa, con pensioni basse e figli molto più istruiti dei loro padri, ma non più fortunati in termini sociali. E mentre quei figli stanno su Facebook i loro genitori che sono per lo più gli italiani fermi alla licenza elementare, consumano più tv. Il resto della società invece la tv la sta vedendo di meno, in particolare le mamme tra i 35 e i 44 anni e i loro bambini tra i 4 e i 7 anni (ma qui forse si annida un fenomeno più strutturale che congiunturale). E cioè il volgersi alla rete delle mamme ancora abbastanza giovani da voler condividere con i figli più piccoli le nuove navigazioni regalate dal web.

Tra le regioni più grandi il Lazio è quella che sottrae più teste alla tv (-8%), mentre, sintomo di crisi perdurante, ci stanno ancora attaccate il Nord Est e, in genere, le zone a piccolissima impresa. Quasi a dirci che – non è la prima volta che lo constatiamo – la flessibilità dei tempi in cui si competeva sul prezzo, si è trasformata in marginalità quando, orfani delle svalutazioni e indifesi nel mercato aperto, quella che conta è solo la qualità.

E sarà per questo, supponiamo che chi sta uscendo più velocemente dalla crisi e dal consumo casalingo di tv (-20%) siano i soliti quartieri alti della cultura e del denaro. Spaccatura sociale in corso, insomma. Se continua così in questo Paese torneremo a darci tutti del lei senza essere mai passati dal tu sostanziale.