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#Odiens. Fenomeno ‘Real Tv’: la vita quotidiana che conquista lo schermo

di Stefano Balassone (@SBalassone) |

Sempre più diffusi i format televisivi che isolano momenti del quotidiano, come ad esempio la cucina e lo shopping, sezionati al microscopio.

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato in Odiens, Europa 5 settembre 2014

C’è un canale fra tanti che si è dato il nome giusto per troneggiare nella televisione corrente. Non fa tanti ascolti perché in prime time non supera i trecentomila spettatori e resta sempre sotto l’1% di share, ma in compenso i programmi che mostra gli costano talmente poco, perché sono doppiaggi o adattamenti di programmi che girano il mondo, così che i proprietari possono fare vendite molteplici a basso prezzo sicuri di rifarsi, e con ampio margine, delle spese di produzione. E per parte loro i broadcaster che li comprano non faticano a guadagnarci anch’essi, pur con ricavi pubblicitari resi limitati dalle piccole dimensioni dell’audience. Insomma, format transnazionali e adattabili, con costi contenuti.

Il canale si chiama Real Time ed è una creatura del gruppo Discovery Channel che del fabbricare canalini piccoli e lucrosi ha grande esperienza. Ma perché citiamo proprio questo fra tanti canalini che imperversano dove un tempo regnavano i canaloni della tv generalista?

Perché quel canale ospita in maniera sistematica ed esclusiva, al punto da dichiararlo nell’insegna, quella real tv che la sta facendo da padrona, sparsa anche in tanti altri canali e canaletti, laddove in tempi lontani aveva dominato la tv dell’evento, della eccezionalità, del luogo comune nobilitato: e cioè la vecchia tv generalista, commerciale e pubblica.
I titoli di questa tv che va per la maggiore sono Cucine da incubo, Masterchef, Il Boss delle torte, Ma come ti vesti, Notte di shopping, Guardaroba Perfetto, Fashion, Come trattare il cane, Wedding Planners, Abito da sposa cercasi (in versione nomale e per spose XXL), Non sapevo di essere incinta, 24 ore in sala parto, SOS genitori, Supergrassi contro supermagri, Sfida all’ultimo chilo, Clio make up, Laboratorio unghie, Svuota cantine, Rinnova tutto, Extreme makeover, Plastik, Il Cigno, La squallida Jane, Sepolti vivi (dagli acquisti compulsivi), Extreme couponing (maniaci dell’acquisto incentivato) Malattie imbarazzanti (per saperne di più rinviamo al prezioso Factual, Reality, Makeover edito da Bulzoni).
Si tratta sempre e comunque, questo è il lato vitale del genere, di format che isolano e tematizzano al microscopio alcuni aspetti della vita quotidiana, scavando nelle paure e manie contemporanee, nei meccanismi di insoddisfazione e auto accettazione, nella ricerca della “vocazione”. Programmi che, qui sta il punto, insegnano a dotare di “segno” il vestirsi, l’abitare, il cucinare etc.
Dotare di “segno”, appunto, piuttosto che di “senso”. Laddove il generalismo tenterebbe la scalata concettuale, l’illuminazione della condizione umana, la ricerca del nesso comunitario, lo specialismo fa l’operazione contraria, frantumando gli spigoli dell’esistenza fino a renderli rotondi, prescrivendo pozioni che curano sintomi anziché cure che aggrediscono o grumi del malessere. La parola chiave è: “fai bene e starai bene”. Sicché la ricerca della felicità diviene questione di tecniche, di maestri che illuminano, di trasformazioni (makeover), anzi trasformismi della persona.
Chissà perché Woody Allen, dopo avere da tempo liquidato i conti con gli psicologi, non passa ad occuparsi dei maestri di stile.