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Odiens, il dibattito sulla Rai fa bene a tutti

Rai

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 26 novembre 2014

C’è da pensare che il tema Rai, con tutto quel che ne segue per l’intero sistema dei media e delle industrie audiovisive in Italia, sia effettivamente all’ordine del giorno.

È vero che sul canone se ne stanno sentendo e inventando di tutti i tipi, dalla modulazione secondo fasce di reddito, all’aggancio alla bolletta elettrica (e a qualsiasi casa uno possieda), oppure agli aggeggi per comunicare che ci troviamo a possedere (in tal caso l’esattore sarebbero le compagnie telefoniche).

La verità è che se vuoi che tutti contribuiscano, devi per forza agganciarti a qualcosa di universalmente diffuso (l’elettricità e cioè la casa; la comunicazione, e cioè gli aggeggi per effettuarla/riceverla) oppure a un consumo che derivi da passioni “irrefrenabili”, come il gioco d’azzardo (lotto, macchinette mangiasoldi etc) sulle quali puoi spalmare tasse stando tranquillo che il consumo non si contrarrà.

Alla fin fine la decisione di imboccare l’una o l’altra strada (oppure un cocktail di tutte) dipenderà dal grado di reattività populistica connesso ad ogni ipotesi (Tocchi la casa?: ahi! ahi! Intercetti la bolletta elettrica? Oppure quella telefonica? Il rumore populista si abbassa, ma insorgono gli azzeccagarbugli delle compagnie costrette ad analitici rendiconti. Spremi qualcosa dalla mania del gioco? Non sia mai che si mischi il sacro del Servizio pubblico col profano tintinnare dei Jackpot).

La sensazione è che, comunque, l’aver posto all’ordine del giorno il tema del finanziamento del Servizio pubblico dia automaticamente la stura alle domande collegate: perché un Servizio pubblico?

Chi lo guida?

Come se ne valutano i risultati?

Domande nuove non perché anche ieri non avessero senso, ma perché invece di porsele e di dare risposte, si recitavano vuote litanie sulla “qualità” dei programmi, la “cultura” e via orecchiando, ma si partiva nella sostanza dal sistema del Duopolio (parliamo degli ultimi trenta anni!) che riproduceva se stesso come epifenomeno dell’equilibrio politico (questo è stato il capolavoro di Berlusconi: collocare gli oppositori come puntelli. Giacché i puntelli è così che funzionano, controllate in qualsiasi cantiere: più si “oppongono” più puntellano. E così pur sentendosi soggettivamente oppositori svolgono nella sostanza la funzione di sostenitori. E naturalmente qui ci riferiamo a quelli con la testa di legno. Perché se invece avessero una testa vera non starebbero lì a opporre/sostenere quel che c’è, ma cercherebbero di cambiarlo per davvero).

Oggi l’occasione del cambiamento c’è perché il Duopolio gode di pessima salute per molteplici e strutturali ragioni, a partire dal fatto che si basa sul controllo dei media (le frequenze, i canali) mentre il protagonista è diventato e ancor più diventerà il prodotto, che si rende disponibile attraverso le mille strade di internet.

Così Biscione e Cavallo, se non si svegliano, o se non vengono svegliati, rischiano la fine delle repubbliche marinare italiane, spiazzate dalla scoperta delle rotte oceaniche.

Se tanto ci dà tanto, il tira e molla e il pensa e ripensa sulle formule di finanziamento, apre necessariamente il discorso complessivo sulle finalità e gli assetti dell’attuale “mondo Rai” e, di riflesso, dell’attuale “mondo Mediaset”. Insomma, è difficile che i parlamentari diano il via libera a un finanziamento senza aver discusso di come lo si guida, e per andare dove.

Finanziamento e fini sono facce della stessa medaglia. E quando guardi l’una, non puoi evitare di pensare all’altra.

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