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Nuovo lockdown, vecchia infodemia. Voci confuse tra Governo, Regioni e ISS

Questa mattina, si è tenuto l’atteso Consiglio dei Ministri chiamato ad approvare, tra l’altro, i nuovi provvedimenti governativi di contenimento della pandemia da Covid-19: ancora una volta, esattamente come avveniva con il precedente Esecutivo, la cittadinanza è costretta ad assistere ad un policentrismo di voci, pareri, previsioni, senza che emergesse una linea comunicazionale unica da parte di Palazzo Chigi. È vero, non c’è la conferenza stampa “a reti unificate” cui ci aveva abituato l’avvocato del popolo Giuseppe Conte, ma la sostanza non cambia!

Questa confusione alimenta un fenomeno non meno grave della pandemia, qual è la infodemia, che andiamo denunciando – anche su queste colonne – ormai da un anno, e che abbiamo avuto occasione di rappresentare molte volte ai diretti “co-autori” del fenomeno, ovvero il controverso e quasi mitico “Cts” ovvero il Comitato Tecnico-Scientifico della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, allorquando si teneva la quotidiana conferenza stampa delle ore 18.

Le nostre critiche – e quelle di molti altri ben più autorevoli esponenti della società civile – assai poco sono servite se, a distanza di un anno, ci ritroviamo nello stesso stato confusionale, alimentato da un pluralismo di voci (tra virologi ed opinionisti) che produce stress ed ansia.

La solita complessificazione decisional-burocratica

I dati sulla pandemia dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) vengono prodotti e proposti senza una linea editoriale coerente, senza una chiave di lettura univoca, e continuano ad essere suscettibili di interpretazioni varie e variegate, rispetto alle quali il Governo non sembra di essere in grado di mettere la parola “fine” in modo deciso e tempestivo.

I processi decisionali sono complicati ma è evidente una continua dinamica di complessificazione burocratico-decisionale: il caso degli ultimi giorni e delle ultime ore ne è la ennesima sconfortante riprova.

Queste le fasi della giornata: dapprima un incontro Governo-Regioni durato due ore (la “Cabina di Regia” Ministero della Salute-Iss-Regioni che ha analizzato questa mattina in anteprima i dati settimanali), poi la riunione del Consiglio dei Ministri iniziato poco prima di mezzogiorno, durato poco più di un’ora, che ha approvato il nuovo provvedimento.

Novità formale: non più un Decreto del Presidente del Consiglio (Dpcm), bensì un decreto legge, che sarà in vigore da lunedì 15 marzo a lunedì 6 aprile, quindi per 3 settimane.

Si domanda naturalmente e giustamente il cittadino: bene, allora cosa accade per la mia Regione? Se si passa alla graduazione “rossa”, verranno chiuse anche tutte le scuole?!

Il comunicato stampa della Presidenza non chiarisce, perché si deve verosimilmente attendere una ulteriore riunione della “Cabina di Regia”, la pubblicazione ufficiale del report settimana dell’Iss, e soltanto dopo il Ministro della Salute firmerà le ordinanze con il cambio di colore delle Regioni.

Quindi, in sequenza: dapprima si attende il report del monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità (intorno alle ore 15 emergono informazioni sulla “bozza”), poi la nuova riunione della Cabina di Regia, poi il Ministro della Salute firmerà le sue… “ordinanze”!!!

Dal report dell’Iss, emergerebbe la rigida richiesta degli “scienziati”: “è fondamentale che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie” e rimanga “a casa il più possibile”. Formule che ci ricordano qualcosa, ovvero la fase più cupa e buia della pandemia del 2020…

Intollerabile stillicidio informativo

Nel tardo pomeriggio verremmo illuminati dalle decisioni finali del Ministro Speranza: la penosa suspence si rinnova e si aggrava.

Non è possibile.

È intollerabile, in un Paese civile e moderno!

La decisione di Palazzo Chigi chiarisce soltanto alcuni aspetti e tace rispetto ad altri.

Si apprendere che Pasqua sarà blindata come lo è stato Natale.

La bozza del decreto legge trapelata prevede che da sabato 3 a lunedì 5 aprile tutta Italia sarà in zona rossa (3, 4 e 5 aprile), compresi quindi i giorni di Pasqua e Pasquetta.

Dalla “zona rossa” nazionale, saranno esentate le regioni che in quel momento si troveranno in “zona bianca” (attualmente solo la Sardegna).

E vengono rinnovate disposizioni kafkiane, indegne di una democrazia liberale, come ulteriori limitazioni agli spostamenti per quanto riguarda visite a parenti e amici: la bozza del decreto prevede, in ambito regionale, lo spostamento verso 1 sola abitazione 1 volta al giorno a 2 persone con minori di 14 anni…

Dal 15 marzo al 2 aprile (e nella giornata del 6 aprile) le Regioni “gialle” vengono portate in “arancione”.

Quindi da lunedì prossimo 15 marzo, tutte le Regioni (ad eccezione della Sardegna bianca) saranno comunque o in “zona rossa” o in “zona arancione”.

E poi si attiva un meccanismo di soggettività regionale: come già richiesto dall’Iss viene introdotto un automatismo che si attiva per quanto riguarda le “zone rosse”: scatteranno automaticamente quando l’incidenza settimanale dei casi supererà i 250 ogni 100mila abitanti (indicatore che si ha ragione di ritenere debba essere validato dall’Istituto Superiore di Sanità e non soltanto dalle autorità sanitarie regionali…).

Crescono incertezza e confusione e stress ed ansia

Dalla serata di ieri sera, la confusione e l’incertezza è andata crescendo.

Un ruolo non marginale l’ha svolto la Rai, nell’alimentare questo caos informativo.

Ieri sera, dopo la confortante – spiritualmente – ultima puntata della serie televisiva Lux Vide “Che Dio ci aiuti” (per gli appassionati, si sa che è in gestazione la settima serie), il solito Bruno Vespa ospitava la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e dava subito la parola alla giornalista italiana più appassionata alla tematica pandemia, sempre in prima linea (e certamente – anche – la più informata del/dal Palazzo), Fiorenza Sarzanini, premiata due mesi fa con l’incarico di Vice Direttore del “Corriere della Sera”: la giornalista benediceva una policroma cartina geografica dell’Italia elaborata dalla redazione di “Porta a Porta”, frutto di non meglio precisati dati provenienti da fonti Iss ed altre.

Per quanto riguarda il Lazio, per esempio, Sarzanini sosteneva che sarebbe stata certamente “rossa”, dato che nel pomeriggio l’Assessore alla Sanità della Regione Alessio D’Amato (Pd) aveva dichiarato, che, con un valore “Rt” salito a 1,3, il Lazio dal “giallo” andava verso il passaggio diretto al “rosso”, ovvero che “la zona rossa è possibile per il superamento del valore 1,25, anche se l’incidenza è sotto soglia e anche i tassi di occupazione dei posti letto sono entro la soglia di allerta”. Ma, caro Assessore, perché lei ritiene di dover diffondere informazioni che non possono vantare una interpretazione univoca?! E – sia ben chiaro – come Lei tanti altri colleghi di altre Regioni…

Tutte le fonti informative (quelle serie almeno) hanno giustamente continuato ad utilizzare il condizionale (“dovrebbero” e “potrebbero” e “sarebbero”…), nelle more che arrivi la parola definitiva, ovvero quella della “Cabina di Regia” e soprattutto del Ministro Roberto Speranza. Supremo Verbo che arriverà soltanto nel pomeriggio di venerdì.

Dalle agenzie di stampa, nessuna protesta su queste modalità comunicazionali incerte ed erratiche sembra levarsi, almeno dai politici di professione: merita essere segnalata la presa di posizione, oggi pomeriggio, della Vice Presidente del Gruppo Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli: “è venerdì e le mamme devono organizzarsi. Vogliono giustamente sapere se lunedì i figli andranno a scuola o studieranno in dad”.

Meno elegante la reazione di Alessandro Di Battista (come definirlo?! attivista ex grillino?!), su Facebook: “a quanto pare si va verso una nuova stretta, inclusa la chiusura delle scuole i cui effetti, sociali e psicologici, saranno visibili per anni. Non credo che al governo vi siano masochisti per carità. Evidentemente i ‘migliori’ sono preoccupati come noi comuni mortali dell’avanzata delle varianti. Però c’è un però. I ‘migliori’ al governo hanno, oggettivamente, il culo al caldo”. Di Battista invita chi è al Governo a “muovere le natiche, in molti casi flaccide e compromesse”, chiedendo di erogare “sostegni economici alle categorie più colpite, quasi tutte eccetto la loro, ai genitori con figli piccoli dei quali si ignora il disagio infinito dal punto di vista organizzativo, sociale e, ripeto, psicologico”. E conclude: “francamente e lo dico in modo ‘moderato ed evoluto’, avete rotto i c….!”.

Verso le ore 15 di oggi Askanews batte questo dispaccio: “da lunedì, se dovessero essere chiuse le scuole in 17 Regioni su 20 (tutte tranne Sicilia, Valle d’Aosta, e Sardegna), gli studenti in dad potrebbero diventare 7,6 milioni: nove su dieci”. L’agenzia rilancia alcune stime della testata specializzata “Tuttoscuola”, che segnala come non si verificava dal “lockdown” del 2020 una chiusura così massiva: 3 milioni e 500mila bambini della scuola dell’infanzia e primaria, un milione e 500mila alunni delle medie e 2 milioni e 600mila studenti delle superiori potrebbero essere impegnati nella “Dad”. Nove ragazzi su dieci (90,1 %) degli 8,5 milioni di alunni iscritti nelle scuole statali e paritarie potrebbero così essere impegnati nella didattica a distanza. Le uniche Regioni con la scuola “in presenza” potrebbero quindi restare Sicilia, Valle d’Aosta, ed ovviamente Sardegna.

Giustamente, però, Aska scrive “se”, ed usa il condizionale.

Ed alle 16 odierne, la Sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia (M5S) dichiara “se dovessero essere confermate le anticipazioni sul cambio di colore di molte regioni italiane, 9 studenti su 10 resterebbero a casa. Una situazione che sarebbe la peggiore dai tempi del lockdown nazionale di un anno fa”, sostenendo che “alcune regole vadano riviste. Mi riferisco in particolare alle chiusure degli asili nido, delle scuole dell’infanzia e di quelle elementari. Almeno queste dovrebbero restare aperte anche nelle zone rosse, per non far gravare l’emergenza sui nostri bambini e non mettere in seria difficoltà le famiglie italiane”. Ma la senatrice Floridia è al governo o all’opposizione?!

E come commentare quest’altra notizia?! Si apprende che le Regioni hanno richiesto al Governo, durante la conferenza Stato-Regioni di questa mattina tenutasi prima del Cdm, “uniformità dei parametri a livello nazionale per la misurazione del contagio”. Da non crederci! A distanza di oltre un anno dalla fase più critica della pandemia, siamo ancora a questo punto, ad invocare… “uniformità dei parametri per la misurazione del contagio”??? A conferma che si assumono decisioni importanti, per la popolazione tutta, sulla base di numerologie non adeguatamente validate.

Grande è lo sconforto del cittadino, e crediamo di così interpretare il vissuto della gran parte della popolazione italiana.

Piccole piattaforme crescono: dopo “ItsArt” e “Italiana”, ora “Nexo+” e “Audiovisiva…

Mentre il cittadino resta sconcertato ed attonito in attesa del Verbo Speranza, l’operatore del settore culturale italiano assiste con stupore ad iniziative effervescenti nel business delle piattaforme e dello streaming: come se dovessimo prevedere di restare (rin)chiusi in casa per alcuni anni ancora, e dovessimo quindi nutrire il nostro immaginario soltanto per via digitale?! E stendiamo un velo pietoso sull’annuncio (ad effetto, ma evanescente) del Ministro Dario Franceschini sulla riapertura di cinema e teatri per il 27 marzo. Non dell’anno 2021, certamente…

Nelle more del reale lancio della “Netflix della cultura” alias “ItsArt” (= “Italy is Art”) promossa dal Ministro della Cultura Dario Franceschini ed affidata (non si capisce bene perché) alla “newco” formata da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e Chili (mentre Rai continua a restare a guardare), la settimana scorsa il titolare del Ministero degli Esteri Luigi Di Maio ha lanciato la piattaforma culturale-multimediale della Farnesina, “Italiana” (vedi “Key4biz” del 5 marzo 2021, “Non bastava ItsArt: al via anche ‘Italiana’ la piattaforma culturale del Ministero degli Esteri”) e ieri l’altro mercoledì 10 marzo 2021 è stata lanciata un’altra piattaforma, ed oggi venerdì 12 se ne annuncia un’altra…

La piattaforma Nexo+: “piazza” versus “rifugio”, “partecipazione attiva vs algoritmo” ?

Il 10 marzo è nata Nexo+ (ovvero anche Nexoplus) piattaforma di contenuti “on demand” per un “tempo libero di qualità”, ideata da Nexo Digital, la casa di produzione e distribuzione italiana specializzata nell’ambito degli eventi al cinema.

Con un abbonamento di 9,99 euro al mese, Nexo+ presenterà ai suoi spettatori, settimana dopo settimana, concerti, film d’autore, contenuti d’arte, documentari, musica, opera, balletto, teatro, approfondimenti culturali.

Si parte con 1.500 ore di contenuti: cinema, documentari, opera, musica, balletto, teatro, approfondimenti di arte e cultura, organizzati dalla redazione Nexo+ in 40 playlist tematiche in continuo aggiornamento.

All’interno della piattaforma anche 4 “canali dedicati” realizzati in collaborazione con Elisabetta Sgarbi, Far East Film Festival, Feltrinelli Real Cinema, Scuola Holden

Interessante l’approccio “ideologico”, prima ancora che il “modello di business”: la piattaforma intende porsi come “luogo d’incontro, di condivisione, di costruzione. Un luogo che promuove la curiosità, tutela le differenze, amplifica il sapere, il divertimento, l’emozione”. E così rivendica una propria diversità: “un luogo che vuole stimolare una partecipazione attiva, diversa da quella che può essere proposta da un algoritmo. L’obiettivo è infatti quello di offrire agli spettatori un approccio multidisciplinare nella scelta e nell’organizzazione e indicizzazione dei contenuti, così da spaziare, come accade con gli eventi al cinema di Nexo Digital, dalla cultura all’educational, dal cinema ai concerti”.

Questa la metafora utilizzata: “piazza” contro “rifugio”: “come in una piazza in cui ci si incontra più che in un rifugio esclusivo, Nexo+ si propone come un luogo in cui il proprio tempo diventa uno spazio per la mente, dove nutrire le proprie passioni e dove scoprirne di nuove”.

Torneremo presto con attenzione sull’intrapresa promossa da Ernesto Di Sarro, con il necessario approfondimento, anche se francamente – a prima vista – temiamo che cerchi di intercettare una domanda di mercato che è più latente che reale

Naturale sorge il quesito: e come si pone Nexo+ rispetto ad ItsArt? E rispetto a Rai Cultura? E rispetto a Sky Arte? E rispetto ad Italiana?!

Audiovisiva: piattaforma streaming on demand di cultura documentaristica, “una Wunderkammer digitale”

A confermare la tesi secondo le quali esisterebbe una “fame di cultura” notevole da parte degli italiani (si nutrono dubbi, in verità, analizzando i dati sui consumi nazionali, e ben prima del crollo da pandemia), sembra muoversi anche l’altra iniziativa lanciata oggi: “Audiovisiva”.

È online da oggi la nuova “piattaforma streaming on demand”, che riunisce e rende disponibile una selezione curata dei migliori documentari sui protagonisti della cultura italiana del XX e XXI secolo.

Anche in questo caso, le ambizioni sono notevoli e ben rappresentate ideologicamente: si tratta di una offerta di audiovisivo di qualità, “il centro dei film è l’incontro con architetti, designer, artisti, fotografi, registi, musicisti, che danno voce a storie iconiche, aneddoti, racconti di vita e progetti da scoprire all’interno di una Wunderkammer digitale”. Sia consentita la battuta: ci sembra una ambizione notevole, che ricorda quella dell’Ad di Chili Giorgio Tacchia, quando sogna per ItsArt il divenire una… “Disney della cultura”.

Audiovisiva si pone come “modello innovativo di fruizione culturale, con l’obiettivo di promuovere la cultura italiana nel mondo attraverso l’uso del documentario”.

La piattaforma unisce la vocazione culturale – che fa perno su ricerca e curatela dei contenuti, alle migliori tecnologie digitali disponibili oggi per la fruizione dell’audiovisivo – ad una distribuzione multicanale sui mercati internazionali, volta tra l’altro a favorire anche in Italia la nascita di un nuovo modello per l’utilizzo dell’audiovisivo a uso “educational”, per la didattica e la ricerca.

Viene offerta una “library” liberamente consultabile di oltre 300 documentari, dei quali i primi 40 disponibili alla visione.

La piattaforma intende fornire una visione complessiva del patrimonio documentario “non fiction” esistente sulla cultura italiana, rendendo via via accessibili “online” film che prima non erano disponibili, catalogati per nome del protagonista o per ambito di riferimento (arte, architettura e design, fotografia, film sui film..).

“Italiana” è stata fondata da Francisca Parrino (Presidente della società), Alessandra de Antonellis e Barbara Carneglia come “impresa sociale” grazie al sostegno di Fondazione Cariplo (che l’ha selezionata fra le più interessanti start up innovative del panorama culturale).

Per massimizzare la possibilità di accesso ai documentari da parte degli utenti in tutto il mondo, Audiovisiva propone un modello di distribuzione multicanale senza restrizioni territoriali: i titoli presenti nel catalogo sono accessibili, a seconda dei casi, attraverso lo “store” di Audiovisiva, oppure attraverso piattaforme terze come iTunes, Google Play, Amazon Video (solo per Usa e Regno Unito), Vimeo on demand, Kanopy.

In particolare, sul modello di alcune grandi piattaforme internazionali, Audiovisiva offre anche un servizio di “streaming educational” specificamente pensato per scuole e università, che possono acquistare pacchetti di accessi da offrire ai propri studenti e docenti per vedere gratuitamente i film selezionati, attraverso un “codice coupon” dedicato con fruizione individuale, per poi ad esempio discuterli in aula e approfondire alcuni ambiti trattati.

Il sistema di distribuzione delle opere è pensato per dare allo stesso tempo visibilità e sostegno a chi le ha prodotte: la strategia mira a dare “un ritorno equo per il lavoro di chi – con scrittura, riprese, montaggio e infinita passione – documenta, conserva e trasmette la nostra storia culturale”. Per questo, nel caso di documentari a pagamento, i proventi delle vendite sono diretti per la maggior parte a sostegno della filiera creativa e produttiva: in particolare, il 70 % del prezzo pagato per vedere i film tramite lo “store” di Audiovisiva è destinato a chi detiene i diritti dell’opera (nella maggior parte dei casi il regista, trattandosi di produzioni indipendenti); il restante 30 % del prezzo rimane ad Audiovisiva, per sostenere i costi della piattaforma e del lavoro necessario ad alimentarla…     

E Cinecittà Istituto Luce resta a guardare, così come Rai rispetto ad ItsArt?

Non possiamo che augurare il miglior successo anche a questa piattaforma (che si autodefinisce “fatta a mano, con cura”), anche se temiamo che la nicchia di mercato cui si rivolge non abbia ancora una base tale da rendere praticabile un business model efficace. Ci sembra più una iniziativa da “servizio pubblico”.

E infine, rispetto a questa iniziativa di Audiovisiva – così per Rai rispetto ad ItsArt – domandiamo: e Cinecittà Istituto Luce resta a guardare?! Oppure nella prospettiva grandiosa dei 300 milioni di euro annunciati per la rigenerazione degli “studios” di via Tuscolana – a fronte di un misterioso piano di rilancio – qualcuno ha pensato anche a questi segmenti di mercato?!

[ Nota: articolo chiuso in redazione alle ore 16:30 di venerdì 12 marzo 2021. ]

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