Una legge delega sul nucleare entro la fine dell’anno, l’aggiornamento del quadro normativo per la gestione delle scorie radioattive, un Deposito Nazionale atteso da decenni, e una strategia ampia e partecipata che coinvolga i territori. Sono i capisaldi dell’intervento che il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha tracciato nel corso dell’audizione tenuta oggi di fronte alle Commissioni VIII e X della Camera dei deputati.
Un passaggio istituzionale tanto atteso quanto cruciale, vista la necessità, come ha ribadito lo stesso ministro, di affrontare “temi caldi” che toccano da vicino le comunità locali. Da un lato la gestione delle scorie nucleari, dall’altro la delicata individuazione delle aree idonee per impianti a fonte rinnovabile, entrambi campi in cui il fenomeno NIMBY (Not In My Back Yard) si manifesta in tutta la sua complessità.
Verso una nuova legge delega sul nucleare
La nuova legge delega dovrebbe rappresentare una svolta anche sotto il profilo della trasparenza e della concertazione istituzionale.
“Il nostro compito è dare un quadro chiaro dello status quo e di dove si voglia andare”, ha dichiarato Pichetto Fratin, evidenziando come “i territori abbiano bisogno di voci autorevoli che riportino nei giusti binari le legittime preoccupazioni”.
Nel dettaglio, la delega interverrà sul Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, in aggiornamento rispetto al DPCM del 30 ottobre 2019. Punto centrale sarà la realizzazione del Deposito Nazionale e del Parco Tecnologico annesso, con procedure già incardinate e scandite da una fitta serie di passaggi.
Deposito Nazionale, il percorso tecnico-amministrativo
Dopo la pubblicazione nel dicembre 2023 della Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI) con 51 località potenzialmente adatte, nessuna autocandidatura è pervenuta né da enti locali né dal Ministero della Difesa. È quindi partita la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), tuttora in corso, con una fase di scoping chiusa a gennaio 2025.
La roadmap illustrata dal ministro prevede:
- Manifestazioni d’interesse da Regioni e enti locali coinvolti, seguite da trattative bilaterali e identificazione di interventi premianti.
- Indagini tecniche di 15 mesi condotte da Sogin sotto il controllo di ISIN.
- Proposta di localizzazione da parte di Sogin, seguita da decreto ministeriale.
- Campagna informativa territoriale e infine l’iter autorizzativo, con la VIA e l’Autorizzazione Unica.
In caso di mancata intesa con i territori, si procederà con Comitati interistituzionali Stato-Regioni o, in ultima istanza, con decreto del Presidente della Repubblica, su delibera del Consiglio dei Ministri e con la partecipazione del presidente della Regione interessata.
Secondo le stime aggiornate della Sogin, l’Autorizzazione Unica è attesa per il 2029, mentre l’entrata in esercizio del Deposito Nazionale è prevista per il 2039.
Cos’è il Deposito Nazionale?
La struttura, oltre a garantire lo smaltimento definitivo dei rifiuti a bassa e molto bassa attività, sarà dotata di un Parco Tecnologico con funzioni di ricerca e sviluppo sulle tematiche energetiche e ambientali. Per i rifiuti ad alta e media attività, è previsto un Centro Stoccaggio Alta attività (CSA) temporaneo in attesa di una soluzione di smaltimento geologico, potenzialmente in Italia o in un contesto internazionale a partire dal 2050.
La mappa delle scorie
Contrariamente a quanto spesso percepito, i rifiuti radioattivi però già esistono e sono distribuiti su tutto il territorio nazionale. Al 31 dicembre 2023, secondo i dati ufficiali dell’Inventario nazionale ISIN, in Italia si registravano:
- 32.663,1 m³ di rifiuti radioattivi, con un incremento del 5% rispetto al 2022.
- Di questi, il 99% è a bassa o molto bassa attività.
Il Lazio è la regione con il maggior volume (10.549 m³, pari al 32,3%), seguita da Lombardia (19,7%), Piemonte (18,28%), Basilicata (13,1%) e Campania (7,95%). Tuttavia, in termini di radioattività complessiva (considerando anche combustibile irraggiato e sorgenti dismesse), il Piemonte detiene il 79,3% del totale nazionale, complice anche la presenza del sito di Saluggia.
Dove sono stoccate le scorie oggi
Gli attuali detentori di materiale radioattivo in Italia sono:
- 4 ex centrali nucleari in decommissioning.
- 4 impianti del ciclo del combustibile (Sogin, Enea).
- 7 centri di ricerca universitari e industriali.
- 4 centri operativi e 1 centro militare (CISAM – Marina).
- 1 reattore di ricerca europeo (ISPRA-1).
Molti di questi siti ospitano anche combustibile nucleare esaurito, in parte già inviato all’estero (Francia e Regno Unito) per il riprocessamento. I residui da tali operazioni produrranno circa 83,45 m³ di rifiuti ad alta/media attività, con un volume lordo di circa 780 m³ considerando i contenitori metallici (cask).
La sfida del consenso e della trasparenza
Il quadro tratteggiato da Pichetto Fratin restituisce l’immagine di una strategia a lungo termine, tecnicamente solida, ma con un nodo politico e sociale irrisolto: la mancanza di consenso sui territori.
“Le scorie non nascono con il Deposito Nazionale – ha ammonito il ministro – esistono e sono già tra noi, nei nostri territori, e vanno gestite in sicurezza”.
Il messaggio è chiaro, il tempo della procrastinazione è finito. Serve una visione condivisa e un’alleanza tra istituzioni e cittadini, fondata sulla trasparenza, sull’informazione e su una gestione responsabile del rischio.
Un banco di prova non solo per la politica energetica del Paese, ma anche per la tenuta del suo rapporto con le comunità.