Lettera Anesti. L’economia rimetta al centro l’elemento umano per evitare nuove crisi

di di Eutimio Tiliacos |

La libertà assoluta dell’homo oeconomicus privata di condizionamenti etici equivale al viaggio di una nave passeggeri che si inoltri senza bussola e riferimenti cartografici in un mare disseminato di scogli.

Prosegue la pubblicazione su Key4Biz della ‘Lettera ANESTI’ di Eutimio Tiliacos, analista internazionale con cui cerchiamo di comprendere meglio le dinamiche che stanno riformulando i ranking internazionali tra economia, finanza, manifatturiero, conoscenze e istituzioni internazionali.
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Mondo


Eutimio Tiliacos

Con il numero attuale, il 120esimo, Lettera ANESTI ha completato i primi 10 anni di pubblicazione mensile. L’11 Giugno 2004 veniva pubblicato il primo numero della Lettera che ha puntualmente anticipato, commentandole via via, le ragioni che hanno condotto alle vicende economiche degli anni successivi. Una raccolta completa dei 120 numeri pubblicati è reperibile su Google alla voce Lettera ANESTI o attraverso il sito www.anesti.it alla voce relativa del menù.

Qualche lettore in questi anni ci ha ringraziato per essere stati fra i pochissimi a prevedere con largo anticipo la crisi finanziaria e per aver dato loro modo di salvaguardare per tempo i propri investimenti. Tuttavia Lettera ANESTI non è mai stata, non intende essere e non sarà mai, una pubblicazione ad uso e guida degli investitori e il suo carattere assolutamente gratuito lo conferma; è stata piuttosto una pubblicazione che ha guardato allo scenario economico e strategico-economico cercando di evidenziare alcune inadeguatezze di una teoria economica che vuole prescindere dal dato antropologico per basarsi solo ed esclusivamente su modelli matematici. Validati e perfettamente funzionanti in certe condizioni, in altre condizioni questi stessi modelli hanno smesso di essere applicabili sia a fini predittivi sia a quelli di governo dell’economia.  La volatilità della percezione del rischio da parte degli investitori e il fatto che le scelte finanziarie possano essere in certi momenti condizionate dalla irrazionalità totale o parziale dei comportamenti umani, stanno diventando oggetto di indagine da parte di nuova corrente della scienza economica detta “finanza comportamentale” a cui non vogliamo né aderire né rifiutarla a priori ma osservarla nei suoi sviluppi per vedere se in futuro possa portare ad un uso più versatile dello strumento di politica economica.    

In questi anni di sviluppo delle tecnologie satellitari fondate sul principio della localizzazione accurata di un oggetto o di un mezzo e della correzione da interferenze contingenti, è entrato in sostanziale crisi anche il principio della libertà assoluta (ma cieca) e della conoscenza concreta (ma di breve respiro) contrapposte al “vedere oltre”. Spesso infatti importanti scelte economiche sono state condizionate dal dato contingente (trimestrale) a prescindere dalla variabilità attesa del contesto nel medio periodo. In aggiunta, il fattore umano in certe condizioni risponde agli stimoli dei mercati in un certo modo mentre in altri momenti reagisce al medesimo stimolo in modo completamente differente: come accaduto prima e dopo il 9 di Agosto del 2007.  Ne consegue che la libertà assoluta dell’homo oeconomicus (alla Adam Smith) privata di condizionamenti etici equivale al viaggio di una nave passeggeri che si inoltri senza bussola e riferimenti cartografici in un mare disseminato di scogli.

Per tale motivo negli anni Lettera ANESTI ha sostenuto la necessità per la scienza economica di ricercare nuovi strumenti e di riportare l’elemento umano al centro dell’indagine in contrapposizione a modelli puramente meccanicistici che prescindono dal dato antropologico.  

Ma il problema non si esaurisce nella individuazione di strumenti più efficaci ricadenti nella sfera del futuro della scienza economica. Sussiste anche in relazione a come mitigare gli effetti delle scelte operate in passato e nella individuazione di rischi futuri. Uno studio della Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) pubblicato a Maggio di quest’anno http://www.bis.org/publ/work448.pdf  si riferisce al fatto che alle banche centrali (e al sistema bancario in generale) è stato commesso l’incarico di assorbire temporaneamente una larga parte del debito pubblico dei paesi in crisi senza definire l’arco temporale a cui è sotteso il termine “temporaneamente”. Poiché è plausibile che il cosiddetto periodo temporaneo possa estendersi ancora per molti anni a venire, condizione perché il sistema regga è un basso tasso di inflazione generale, politiche macroeconomiche lungimiranti e una evoluzione della scienza economica in linea con la reale natura del fenomeno.

“The financial crisis and the monetary policy responses to it will force a major rethinking of the theory and instruments of central banking. “Dogmas” of the earlier “doctrine” have  been proved false. Central banks have rediscovered old tools, and used them with apparent success. But the consequences of the massive increase in long-term assets held by the central bank will last much longer, and are more uncertain, than changes in the policy rate……… For many years ahead, the balance sheets of central banks will remain much more extended (both in size and in the nature of assets held) than is desirable in any normal equilibrium……….. Getting central bank balance sheets back to more   normal levels will require coordination with Treasuries without surrendering monetary policy independence. Communicating decisions in a convincing way designed to lead markets will be essential. As central banks pragmatically monitor market resilience (“how much asset sales can the market absorb now?”), the “financial dominance” trap is to be  avoided. Central banks are at present fortunate that inflation expectations remain low as the economy recovers, favouring the gradual and deliberate normalisation of monetary policy that now appears to be beginning. This opportunity is not to be missed”.

Già lo scorso anno -in occasione della conferenza annuale della Banca dei Regolamenti Internazionali (la cosiddetta “banca delle banche”) veniva pubblicato un intervento  dal titolo BIS Papers No 74 “Navigating the Great Recession: what role for monetary policy?” 12th BIS Annual Conference 20-21 June 2013 Monetary and Economic Department December 2013  ( http://www.bis.org/publ/bppdf/bispap74.pdf) in cui si sosteneva che il vero pericolo per il sistema finanziario mondiale non risiede tanto nella diseguaglianza dei flussi netti di ricchezza fra i vari paesi, ma piuttosto nella diversa entità degli stocks (ossia della massa complessiva dei titoli rappresentativi della ricchezza finanziaria nominale).

L’altro elemento di vulnerabilità citato era l’esposizione in dollari delle banche non USA stimata nel 2007 già prima della crisi in 1 trilione di $.

In sintesi il rapporto concludeva affermando che (i) le quantità contano più di quanto si possa pensare (i) Quantities matter more than we thought; (ii) i rischi etici sono peggiori di quanto si potesse pensare (ii) Moral hazard is worse than we thought. In termini di dettaglio la relazione riportava quanto segue:

 “The crisis reminded us that quantities tell us something important about the behaviour of individuals and the system as a whole; something that is not contained in prices……………..As examples of quantities that signal vulnerabilities, let me cite international asset positions and cross-currency banking system exposures. Here, my focus is on the need to consider gross rather than net. Prior to the crisis, large and persistent current account surpluses and deficits took centre stage in the discussion of global imbalances. Analysts and policymakers rightly noted that large current account imbalances were almost always a precursor to crises. And, what made people think that, just because the main culprits this time were very large countries, some of them advanced rather than emerging, it would be different this time? Well, surely this mattered. As we said in June 2009, “the symbiotic relationship between leverage-led growth in several industrial countries and export-led growth in other economies contributed to sustaining the unsustainable for too long.” But this was about current accounts; about net flows. Financial vulnerability comes from gross stocks. A run, whether on a bank or a country, is devastating because of the size of the balance sheet; not because of net flows, but because of gross stocks; international investment positions for 127 countries as a percentage of world GDP shows that, since the mid-1990s, gross international asset positions have risen steadily from roughly 50% to more than 150% of world GDP. To get some sense of whether this number is large, we can do a rough calculation. Since the capital stock is roughly four times GDP,      (For the United States, in the first quarter of 2013 nominal GDP was reported to be US$ 16,004.5 billion while the net worth of the country was estimated at US$ 70,349.1 billion; this is a multiple of 4.4)  perfect risk-sharing would imply gross international asset positions on that scale.….If cross-border positions were entirely equity, which they are not, we would be roughly half-way there. My point is that, assuming globalization continues, we are likely to move further. But the move will not come without risks. The bigger cross-border positions become, the more damaging a sudden exit will be.”

“My second example of a quantity that signals vulnerability is the dollar liabilities of non-US banks. Even though current account imbalances between Europe and the US were relatively small, continental European banks managed to acquire substantial quantities of mortgage-backed and US Treasury securities prior to the crisis. My BIS colleagues Patrick McGuire and Goetz von Peter estimated that these created short dollar positions in excess of US$ 1 trillion. When interbank funding markets started to dry up in August 2007, these banks were left without sources for the dollars. And, since the banks were outside the US, the central bank could not lend to them – until the creation of the swap lines in December 2007. The BIS estimates that, at its peak in December 2008, the Fed lent US$ 583 billion to foreign central banks.

So, prices are not enough; think about quantities. And, net is not enough; think about gross.”

Sempre in tema di futuro e opportunità da cogliere, esiste la necessità, più volte richiamata in Lettera ANESTI, di proiettarsi su stili di vita, lavoro e di produzione della ricchezza profondamente innovativi per ricreare quello spessore della domanda globale oramai eroso dalla sovrabbondanza di offerta che si manifesta in tutti i settori a livello mondiale; domanda che stenta a manifestarsi attualmente perché è satura rispetto ai modelli esistenti e correntemente praticati dai consumatori. Sono necessari contenuti, servizi e prodotti innovativi ad esempio nei vari comparti dei trasporti, della logistica e dell’energia (solo per citare tre fra i settori che più ci stanno a cuore) e strategie che tengano conto del rinnovato quadro strategico globale, per quanto riguarda ad esempio gli approvvigionamenti, come dimostra anche il recente accordo a lungo termine fra Russia e Cina nel campo delle esportazioni di gas (e non solo), in cui il livello dei costi energetici rimarrà alto e si muoverà in ascesa nel futuro secondo un parametro che già oggi -per quanto attiene al gas- senza tener conto degli investimenti necessari e dei prezzi del trasporto potrebbe aggirarsi fra 60 e 70 $ per potere calorifico equivalente al barile di greggio. Da questa analisi e da queste vicende narrate scaturisce il costante riferimento che Lettera ANESTI ha fatto in passato alla necessità di coraggiose politiche industriali e a un maggior impegno strategico, diplomatico e militare dell’Italia.

The pricing issue is that the Chinese have been offering  335$ MMBTU and the Russians have been proposing 385$.  385$ is the base price, (or what is called in such negotiations P-zero),  for their sales into the EU.  The Russian media has been reporting  that a deal could be done at a P-zero 350$.  350$ -335$ MMBTU works out to 10$-9.50$/KCF,  ie per thousand cubic feet, which is the base of calculation for N. America. . China’s 2003 deal with Australia was at P-zero of 3.6$, add in the transport, and China’s investment in the infrastructure and equity injection in the NW Shelf (18% equity stake), it works out actually to a landed cost much higher than that, but it has still proven to be a great deal.  Turkmen gas is piped to Shanghai at about 9.0-9.25$/KCF.  Russia could easily agree to 335$, if they could get China to finance on very favorable terms elements of the infrastructure.  But Russia has been hesitant to do so, as 335$ would become then the reference for future negotiations with Europe, and that would substantially weaken the profit base of Gasprom.  But now, Russia’s national interest, in the current context, will likely over-ride corporate interest.  China is also now determined to increase substantially its use of LNG.  N. American LNG would have to be landed in China at 9.5$/KCF to be competitive.  From this perspective a more attractive market for West Coast N. American nat gaz would be Japan, which is less sensitive to price, and more focused on security, stability and quality of supply” ( Ken Courtis  “Russian Pivots to Asia. Putin-Xi summit in Shanghai. Massive Gas Deal, New Oil Deal, Civil Aviation, etc”, May 20  2014).