Pagamenti elettronici, più luci che ombre

di di Paolo Colli Franzone (NetSquare - Osservatorio Netics) |

Per l’Antitrust, le linee guida dell’AgID non svolgono in merito ai pagamenti elettronici, una ‘forte azione propulsiva per le PA’. Bisogna cambiar verso.

#PAdigitale è una rubrica settimanale a cura di Paolo Colli Franzone promossa da Key4biz e NetSquare – Osservatorio Netics.
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Italia


Paolo Colli Franzone

E’ di questi giorni la notizia del rilievo fatto dall’Authority della Concorrenza e del Mercato rispetto al “persistere di ostacoli alla diffusione di un’ampia gamma di strumenti di pagamento e, conseguentemente, alla libera scelta dell’utenza”.

Ci avviamo a festeggiare il primo anniversario dalla data di entrata in vigore dell’obbligo introdotto dall’art. 5 del CAD (le PA e i gestori di pubblici servizi devono accettare modalità di pagamento caratterizzate dall’uso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni), e l’Authority fa presente all’AgID che le linee guida emanate nel febbraio 2014 (cioè: nel febbraio 2014 AgID dice alle PA come devono adempiere a una norma entrata in vigore otto mesi prima!) sono, sostanzialmente, troppo lasche e peraltro rimandano l’implementazione al giugno 2015.

 

Sempre secondo l’Authority, le linee guida AgID “non svolgono quella forte azione propulsiva per le PA”. Tradotto in italiano: AgID “fa melina”, non creando le condizioni per una reale interoperabilità degli strumenti di pagamento. A tutto beneficio di Poste, ovviamente, visto che la stragrande maggioranza dei pagamenti verso la PA viene fatta attraverso il mitico e modernissimo “bollettino di conto corrente postale“.

Il tutto, in palese violazione del Regolamento CE 260/2012 che privilegia l’apertura al mercato e la semplificazione verso il cittadino pagatore anche attraverso il ricorso al tradizionale bonifico bancario ove proprio il cittadino medesimo non fosse orientato a utilizzare carte di credito, ATM, pagamenti su mobile, eccetera.

E ci risiamo.

Ancora una volta, “facciamoci riconoscere”.

AgID continua a muoversi “piano piano, pacatamente e serenamente”.

 

Gli enti, in assenza di un documento di linee guida fatto come si deve (“perché”, “come”, “quando”), finiscono per decidere di non decidere. Fatte salve (fortunatamente!) le solite eccezioni rappresentate dai “coraggiosi”, quelli che se ne infischiano delle linee guida e dell’andamento lento e si danno da fare pensando a creare valore per i cittadini e per le amministrazioni per le quali lavorano.

Perché alla fine, come evidenziano chiaramente i dati relativi (per fare un esempio) ai pagamenti delle contravvenzioni fatti in tabaccheria, offrire strumenti di pagamento agili (e molteplici) significa accelerare i tempi di incasso da parte della PA.

Un bollettino postale rimane inevitabilmente quel paio di settimane sul mobile nell’ingresso, accanto all’ombrello. Se non piove, rimane lì. Oppure, lo si paga attraverso l’Internet Banking pagando comunque l’obolo a Poste e chiedendosi nel frattempo che senso ha una doppia intermediazione per un semplice pagamento.

 

L’avviso della contravvenzione o la bolletta della luce pagabili dal tabaccaio vengono pagati molto più rapidamente.

Ma tant’è.

 

Ricapitolando: una norma divenuta cogente il 1 giugno 2013 verrà attuata, sempre che gli dei lo vogliano, il 1 giugno del 2015; nel frattempo, i cittadini pagano oboli e gli enti incassano in ritardo. E continuiamo a infischiarcene delle direttive comunitarie e della tutela della concorrenza e del mercato.

Come modello “lose-lose” (ci perdono tutti), non c’è male.

Paradossalmente, le stesse Poste Italiane (che stanno investendo moltissimo nello sviluppo di nuovi strumenti di pagamento e nuovi modelli di relazione con l’utenza) si trovano nella stessa situazione dei loro “concorrenti” (le banche, SISAL, i tabaccai, la GDO) e subiscono inevitabilmente ritardi nel go-to-market di questi nuovi servizi.

 

Come sempre, ci si incarta su tavoli con troppe sedie intorno e sulla presunta necessità di spaccare il capello in quattro con regole tecniche e progettazioni di sovrastrutture “vendute” come indispensabili.

Che “non ci voglia niente”, per dare al cittadino la possibilità di pagare alla PA esattamente come già fa da anni per pagare qualsiasi altro prodotto/servizio/prestazione, è evidente ai più.

Tutto il resto è complicazione, condita da un bel po’ di noia e di scoraggiamento.

Ma da ottimisti, continuiamo a sperare che cambi verso.