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#Cashless: Nets, il modello del Nord

#Cashless è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e Waroncash.org.
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Europa


Abbiamo avuto il piacere di parlare con l’azienda leader dei pagamenti digitali nell’area più avanzata al mondo in quest’industria: Nets, società che ha base a Copenaghen, controllata dalle banche norvegese e danese (50% ognuna). A rappresentare Nets c’è stata Suzanne Bronnum, Vice Presidente dell’area carte.

 

Può presentare al pubblico italiano Nets?

 

Suzanne Bronnum. Nets è nata nel 2010, ma la nostra è una storia ben più lunga che inizia negli anni 60. Nel 2010 diverse banche da diversi paesi decisero di unirsi per ottenere una maggiore efficienza attraverso la centralizzazione delle operazioni, cosi la norvegese Nordito e la danese PBS si unirono per meglio affrontare la competizione internazionale. Principalmente operiamo in Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Estonia. Siamo l’azienda numero 1 nei pagamenti con carta di debito in Scandinavia, detenendo il 40% del mercato complessivo, mentre siamo i numeri 2 nei pagamenti con carta nell’intera Europa. Abbiamo 2.700 dipendenti in diversi paesi e il nostro business consiste nel creare soluzioni di pagamento e gestione delle informazioni che siano in grado di offrire efficienza alla nostra clientela, composta sia da imprese che da consumatori. 

 

Avete una forte presenza nel Nord Europa, ma avete ambizioni ben più vaste. A quali mercati guardate con particolare interesse?

 

Suzanne Bronnum. Operiamo principalmente in 12 mercati nella Scandinavia e nell’area Baltica, ma anche in Germania, Olanda, Regno Unito e Irlanda. Vogliamo anche crescere nel continente e guardiamo con interesse alcune aree, soprattutto nell’Europa Centrale, come la Polonia, perché ci sono economie in grande crescita. Sono paesi molto veloci e sono in grado di creare nuove soluzioni e prodotti perché sono nuovi nel business e quindi mentalmente aperti. Anche se poi non è cosi facile lavorare lì perché ci sono legislazioni molto particolari. Certo, poi vediamo con interesse anche al Sud, ma quei mercati sono molto maturi e competitivi. Per Nets riteniamo sia più semplice lavorare in mercati vicini e ci piacerebbe molto crescere in Svezia, ad esempio.

 

I paesi del nord sono di certo il punto di riferimento nel settore: i pagamenti cash sono appena il 26% in Svezia, il 35% in Danimarca, il 39% in Finlandia. Perché siete cosi propensi ai pagamenti digitali?

 

Suzanne Bronnum. Di certo le banche hanno avuto un ruolo fondamentale: hanno cooperato e centralizzato molte attività per essere più efficienti e produttive. Anche i Governi hanno fatto la loro parte, investendo molto in efficienza, infrastrutture, e digitalizzazione, cosi noi adesso abbiamo la banda larga dappertutto, e un paese moderno e digitale aiuta molto nel nostro settore. Credo poi ci sia anche un’inclinazione culturale nei nostri paesi: alla gente non piace il contante, preferisce le carte e gli altri pagamenti perché siamo popoli tradizionalmente molto portati all’efficienza. Ormai da noi si presume di poter pagare con carta sempre e ovunque.

 

Immagino che i difetti del cash siano ben conosciuti nei vostri paesi, quali sono quelli ritenuti più fastidiosi?

 

Suzanne Bronnum. Credo che siano state molto utili le informazioni diffuse negli anni dalle banche centrali che hanno diffuso i grandi costi legati al denaro contante e questo ha spinto anche i politici ad attivarsi. Un recente report ha calcolato che i costi totali di distribuzione, controllo, trasporto, gestione e circolazione del cash è costato 84 Mld , cioè lo 0,6% del Pil dell’Unione e 130 per ogni cittadino europeo. Inoltre, gli scandinavi conoscono molto bene i pericoli legati alla micro criminalità nei negozi e nelle strade che proprio di cash si nutre. E poi sappiamo bene quanto il contante sia anche sporco: analisi chimiche dimostrano che una banconota in media contiene circa 40.000 batteri. 

 

Quali sono le best practise che potrebbero essere adottate nell’Europa del sud per superare l’epayment divide, come lo chiamiamo in CashlessWay?

 

Suzanne Bronnum. È fondamentale avere maggiori e più accurate informazioni dai governi e dalle banche centrali sui reali costi del denaro contante per la collettività, e poi vanno elaborate legislazioni e regole che permettano di sviluppare una strategia. Ma ci vuole soprattutto una profonda collaborazione tra pubblico e privato per spingere verso un sistema di pagamento che sia più sicuro, veloce e quindi efficiente. L’Europa del sud dovrebbe muoversi in questa direzione, puntando soprattutto sulle tecnologie legate alla telefonia cellulare , creando servizi nuovi e utili. Grazie ai wallet che si possono gestire via telefono ormai il contante in tasca non serve più a nulla.

 

Potrebbe essere un problema creare un sistema cosi innovativo in paesi come l’Italia che hanno un’età media della popolazione piuttosto alta?

 

Suzanne Bronnum. In realtà non credo. Le nuove tecnologie in fondo sono piuttosto semplici sia per i ragazzi che per le persone più anziane, almeno fino ai sessantenni. La predilezione per il cash è soltanto una questione d’abitudine che deve essere superata.

 

Cosa c’è di nuovo nella frontiera dell’epayment?

 

Suzanne Bronnum. Credo che la più importante innovazione sia la nuova legislazione entrata in vigore in Danimarca due settimane fa, ora è possibile per i commercianti decidere se accettare o meno pagamenti in contanti. È la fine di una lunga battaglia portata avanti dalla Camera di Commercio danese che per anni ha chiesto proprio che venisse concessa questa possibilità di scelta. Cosi anche in quel paese ora siamo più vicini a quella società cashless che ci aspettiamo per il futuro. Una società più efficiente e trasparente in cui ci sono anche delle stranezze come la chiesa che non accetta contanti: c’è un progetto in Svezia, chiamato kollektomat, che rende possibile fare delle offerte nei luoghi di culto con carta scegliendo attraverso un sistema touchscreen, lo scopo di ogni singola donazione.

 

 

 

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