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#eJournalism: dopo il Datagate, solo il 58% dei giornalisti USA disposto a usare documenti top secret

Stati Uniti


Le rivelazioni di Edward Snowden grazie alle quali è scoppiato lo scandalo del Datagate facendo venir fuori le pratiche poco corrette di intercettazione della Nsa (National Security Agency) hanno messo sotto la lente un certo modello di giornalismo, essenzialmente basato sulla divulgazione di indiscrezioni e documenti ‘confidenziali’. Un modello che però sembra in crisi, almeno negli Stati Uniti.

 

Rispetto a dieci anni fa, i giornalisti Usa ritengono cruciale mettere in risalto l’ipocrisia delle istituzioni. Eppure sono meno propensi a ricorrere a documenti confidenziali (leaks) per esporre tale ipocrisia.

Questo il succo di uno studio (relativo allo scorso anno) della Scuola di giornalismo dell’Università dell’Indiana sulle “pratiche di giornalismo controverse“.

Il sondaggio è stato condotto online lo scorso anno e ha coinvolto oltre mille giornalisti di radio, TV, testate cartacee e digitali.

 

Nonostante il clamore per le rivelazioni di WikiLeaks e le ricadute del caso Snowden (incluso il Premio Pulitzer alle testate che lo avevano lanciato), la percentuale di giornalisti che ritengono “giustificata” la diffusione di simili documenti senza autorizzazione è sceso drasticamente: dal 78% del 2002 al 58% del 2013 (nel 1992 superava l’80%).

 

In realtà sembra che i professionisti Usa non approvino granché solo il ricorso a tecniche “controverse”, quali microfoni o telecamere nascoste, celare la propria identità o pagare qualcuno per ottenere informazioni confidenziali. Ciò mentre al contempo, secondo il sondaggio, per il 78% rimane “estremamente importante” condurre inchieste serrate su procedure e affermazioni del governo (dieci anni fa era il 71%, e vent’anni fa il 67%).

 

#eJournalism è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e LSDI (Libertà di stampa, diritto all’informazione).
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Questa ritrosia a usare i “leaks” può essere dovuta anche agli attacchi senza precedenti condotti dall’amministrazione Obama nei confronti dei “whistleblowers”, incluso l’ostracismo nei confronti di Glenn Greenwald, ad esempio, il reporter del Guardian che per primo ha esposto il Datagate nel giugno 2013. Una vicenda che fra l’altro troverà nuovo slancio con l’arrivo nelle librerie Usa, la prossima settimana, di No Place To Hide, il libro in cui stesso Greenwald dettaglia il suo incontro con Snowden e le ampie implicazioni della sorveglianza di massa – oltre all’importanza di continuare a diffondere documenti confidenziali.

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