L’Italia riparta dai Comuni

di di Paolo Colli Franzone (NetSquare - Osservatorio Netics) |

Secondo Netics, la creazione di infrastrutture condivise produrrebbe una crescita del 9% del mercato del software e dei servizi IT per i Comuni, cui corrisponderebbe un calo del 5% della spesa per l’hardware.

#PAdigitale è una rubrica settimanale a cura di Paolo Colli Franzone promossa da Key4biz e NetSquare – Osservatorio Netics.
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Italia


Paolo Colli Franzone

Seppure a piccoli, piccolissimi passi, sembra che qualcosa finalmente si muova tra i palazzi romani a vario titolo investiti di un qualche ruolo rispetto alle politiche digitali del Paese.

Palazzo Chigi prepara la “Digital Venice” di luglio: due giorni di lavoro in apertura del semestre italiano di Presidenza UE, durante i quali il Presidente del Consiglio – ce lo auguriamo – svelerà in dettaglio obiettivi e strategie per l’Italia Digitale.

E speriamo che siano obiettivi e strategie capaci di far ripartire, dopo almeno tre anni di calma piatta, un mercato assolutamente fermo.

Ma noi siamo ottimisti, e quindi ci crediamo. Il mercato ripartirà.

 

Ecco: ma da dove ripartiamo?

 

Lo scenario più probabile è quello che vede i Comuni protagonisti di una prima ondata di nuova domanda, ed è sicuramente da qui che dovremo ripartire.

Come evolveranno i sistemi informativi delle grandi città diventate città metropolitane?

Dovranno necessariamente interconnettere i sistemi informativi dei comuni compresi nell’area metropolitana, in modo da realizzare una piattaforma di governo del territorio all’altezza di questo nuovo ruolo.

Dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) anche integrare i sistemi informativi delle decine di municipalizzate che erogano servizi alla cittadinanza, col duplice obiettivo di innalzare la qualità complessiva dei servizi resi e di risparmiare sicuramente un bel po’ di soldi.

 

L’Osservatorio Netics ha recentemente effettuato una “micro survey” (nessuna valenza statistica dei dati rilevati, preciso) rilevando la frammentazione dei sistemi informativi in un paio di aree metropolitane del Nord Italia. Migliaia di server, decine di anagrafiche, almeno cinquanta rappresentazioni cartografiche del medesimo territorio. Per non parlare della frammentazione delle licenze d’uso di database, software per la sicurezza, mail server, application server, eccetera.

Difficile, sulla base dei pochi dati rilevati, esprimere una stima del risparmio derivante da un consolidamento dell’infrastruttura IT in ciascuna area metropolitana. Comunque, anche soltanto “andando a sensazione”, parliamo di qualche centinaio di migliaia di Euro risparmiabili in ciascun contesto, per non parlare dei vantaggi in termini di affidabilità e sicurezza delle infrastrutture consolidate e del risparmio energetico derivante.

 

E poi, i piccoli e piccolissimi Comuni. Dove, nonostante diverse decine di milioni di Euro spesi da Stato e Regioni negli ultimi anni, con pochissime eccezioni imperversa la polverizzazione di infrastrutture debolissime e di soluzioni software mediamente inadeguate.

Inadeguate, si badi bene, non per colpa dei produttori di software: in assenza di un mercato “vero”, quasi nessuno di questi ISV ha avuto il coraggio di investire in nuovi prodotti.

Il mercato del software per i piccoli e piccolissimi Comuni (quelli sotto i 5.000 abitanti) è, ormai da troppo tempo, un vero e proprio suk. Il software si regala, nella migliore delle ipotesi si svende.

Software quasi sempre ben adeguato dal punto di vista funzionale: “fa tutto quello che deve fare“. Ma assolutamente “vecchio” sotto il profilo architetturale.

5.600 Comuni (su un totale di poco più di 8.000) con una spesa IT complessiva inferiore ai 60 milioni di Euro/anno. Poco più di 10.000 Euro l’anno per ciascun Comune.

Sono ancora troppo poche le Unioni di Comuni che hanno “davvero” centralizzato le funzioni IT: in moltissimi casi, ci si è limitati a centralizzare i rapporti coi fornitori con l’obiettivo di ridurre i costi.

Laddove, invece, il problema sarebbe esattamente l’inverso: bisognerebbe aumentare i costi per software e servizi, riducendo drasticamente quelli relativi all’infrastruttura.

Qui il Cloud può giocare un ruolo centrale, soprattutto se si capirà che le attuali Unioni rappresentano una massa ancora lontana dall’essere “critica”. E’ necessario che più Unioni condividano un’unica infrastruttura fisica per l’IT.

Netics sostiene che la “vera” massa critica si raggiunga mettendo insieme almeno 70.000 abitanti, il che significa – in molti casi – “unire” svariate decine di Comuni.

 

Sempre secondo uno scenario elaborato da Netics, la creazione di infrastrutture condivise e orientate al servizio (secondo il paradigma di “shared service centre”, mutuabile dalle numerosissime esperienze in Regno Unito, Danimarca, Francia, Canada) produrrebbe una crescita del 9% del mercato del software e dei servizi IT per i Comuni, cui corrisponderebbe un calo del 5% della spesa per l’hardware.

Tradotto in valori assoluti, avremmo una spesa IT incrementata di 25 milioni l’anno.

Brutte notizie per la spending review, quindi?

Non necessariamente, se si pensa che un miglior governo dell’informazione può sicuramente aiutare anche i piccoli Comuni a recuperare efficienza. Si pensi solamente all’ottimizzazione della gestione dei tributi e delle tariffe comunali.

 

E’ necessario che l’offerta inizi seriamente a considerare l’opportunità di investire su questi due scenari, approntando offerte capaci di attivare la domanda.

E’ necessario, soprattutto, che le città metropolitane da una parte e i piccoli Comuni dall’altra vengano accompagnati in questa importante trasformazione. Serve un piano, tanto per cambiare.