Fondi strutturali 2014-20, meno informatici e più economisti

di di Paolo Colli Franzone (NetSquare - Osservatorio Netics) |

Se l’Agenda digitale deve diventare una colonna portante della politica industriale del Paese, che se ne occupino esperti di politiche industriali.

#PAdigitale è una rubrica settimanale a cura di Paolo Colli Franzone promossa da Key4biz e NetSquare – Osservatorio Netics.
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Italia


Paolo Colli Franzone

Mentre siamo ancora fermi al palo per quanto riguarda la governance centrale dell’Agenda Digitale (competenze formalmente attribuite al Presidente del Consiglio e non ancora delegate) e la messa in piena operatività dell’Agenzia per l’Italia Digitale (bilancio non ancora approvato), fervono i preparativi in vista della partenza del settennio 2014-2020 per i fondi strutturali.

Nelle stanze “di quelli che contano”, si condivide l’auspicio che una nuova pioggia di miliardi canalizzati sul tema “Agenda Digitale” possa risvegliare un mercato in affanno e contribuire a portare l’Italia a livelli “decenti” rispetto al raggiungimento degli obiettivi 2020.

Non possiamo che essere d’accordo e associarci all’auspicio: ne abbiamo assolutamente bisogno, e non possiamo fallire. 

Il dubbio che non può non insorgere è uno solo: saremo capaci di capitalizzare gli errori commessi nel settennio appena concluso?

 

Partiamo dall’inizio: i fondi

All’Italia sono stati assegnati 2,1 miliardi di Euro. Di questi, a oggi (26 marzo 2014, dati “OpenCoesione”) ne abbiamo spesi pochissimo più della metà (1,3 miliardi).

Scendendo nel dettaglio, soltanto quattro Regioni (nell’ordine: Toscana, Emilia-Romagna, Liguria e Piemonte) sono riuscite a spendere più del 70% dei fondi assegnati e riusciranno a spenderli tutti (la Toscana l’ha già fatto) entro il 2015 quando si esauriranno le ultime code progettuali.

A settennio praticamente concluso, Abruzzo e Molise (fanalini di coda) risultano non aver speso oltre il 99% dei fondi assegnati. Disastro.

Sfruttando le notevoli possibilità di ricerca ed estrazione offerte dal sito “Open Coesione“, ci si può rendere conto di quanto – a volte – la fantasia possa superare limiti impensabili: filtrando i progetti  che contengono la parola “cloud” nella categoria “incentivi alle imprese”, si apre un mondo.

Quattordici progetti (undici dei quali concentrati in Regione Veneto) per un totale di 1.600.000 Euro circa, spesi al 36,51%.

Le cifre, in sé, non sono tali da impressionare più di tanto. “Spiccioli”, rispetto ai 2,1 miliardi complessivi. A impressionare sono “i titoli” di questi progetti: si va dalle “piattaforme ERP” alle più modeste “applicazioni gestionali per PMI”, alla “gestione documentale avanzata” e all’immancabile “content management”. Tutto sul cloud, ovviamente.

 

Valore medio di progetto: intorno ai 114.000 Euro

“La domanda nasce spontanea”, come si dice.

Ha senso, tutto questo?

Se stiamo parlando di Software as a Service, e di ERP o di piattaforme gestionali o documentali (per quanto, si badi bene, “avanzate”), verrebbe da dire che i conti non tornano.

Ipotizzando che le imprese beneficiarie siano PMI (e lo devono essere per forza), quanto mai potrà costare un ERP SaaS per poche decine di utenti concorrenti?

Non è un caso che invece, scorrendo i “titoli” dei progetti presentati e approvati nelle Regioni “virtuose”, si leggono meno “trendy words” e più concretezza. Molto spesso (Toscana e Liguria, soprattutto), si enumerano pochi grandi progetti “di sistema”: meno contributi a pioggia, più sostanza.

 

Se è vero (ed è verissimo) che i fondi 2014-20 vanno usati bene, dovremmo tenere conto anche di queste cose: meno “slogan”, pochi grandi progetti di sistema, orientamento al risultato “reale” e non alla grande bellezza della perfetta rendicontazione a prescindere dagli effetti.

Evitare quelle che la guida “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi Comunitari” chiama “le trappole del non sviluppo”: la convenienza a estrarre  un beneficio certo dalla conservazione dell’esistente.

Saggiamente, la guida consiglia di destabilizzare queste trappole del non sviluppo, rischiando un beneficio incerto in un contesto fortemente innovativo.

Spendere centinaia di migliaia di Euro di fondi strutturali per portare un ERP in SaaS nelle PMI del Nord-Est può risultare un’operazione interessante per il fornitore dell’ERP medesimo. Ma non è il caso.

Per questo tipo di iniziative c’è un mercato decisamente più che maturo, con offerte che cubano qualche migliaio di Euro.

 

Come sempre, il difetto è nel manico

Mancano piani “ragionati”, agende digitali regionali costruite a partire da obiettivi sistemici e strategie adeguate.

In molti casi, le amministrazioni regionali non dispongono di professionalità all’altezza di un compito che sta diventando sempre più “estraneo” al DNA del funzionario pubblico medio, abituato a distribuire incentivi a pioggia.

Anche in questo caso, ha fortemente senso immaginare un cambio radicale di paradigma: se l’agenda digitale deve diventare una colonna portante della politica industriale del Paese, che se ne occupino esperti di politiche industriali.

Qualche informatico in meno, qualche economista in più.