#Cashless, Bitcoin: il parere degli economisti

di di Cristian Testa |

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#Cashless è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e Waroncash.org. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

 

 

Never doubt that a small group of

thoughtful committed citizens

can change the world

Margaret Mead

 

 

Il dibattito economico sul Bitcoin si è acceso soprattutto nell’ultimo anno. Da quando i media si sono impossessati della notizia non sono mancate prese di posizione più o meno autorevoli sulla nuova frontiera del denaro digitale.

 

I dubbi dell’establishment – La BCE ha osservato (ottobre 2012) come la moneta creata dal misterioso Nakamoto abbia delle caratteristiche in comune con lo Schema Ponzi, una forma di truffa nata nell’Inghilterra vittoriana e diventata famosa negli USA negli anni 20, che promette mirabolanti guadagni futuri e che all’inizio dà ai primi investitori lauti ritorni per attrarne di nuovi. Su questo punto bisogna però osservare come i pionieri della moneta elettronica, anche per evitare sospetti del genere, abbiano utilizzato lo stratagemma di rendere i primi Bitcoin nulli, cioè i primi blocchi distribuiti col sistema del mining erano di valore zero.

Molto critico è stato anche il Nobel Paul Krugman, che ha sostenuto che il forte aumento di valore della moneta ha come conseguenza il fenomeno dell’accaparramento (hoarding): gli utenti in possesso di Bitcoin attendendosi continui aumenti di valore saranno portati a conservarla anziché spenderla, provocando cosi fenomeni deflattivi. L’economista liberal aderisce così alla tesi di Adam Smith che due secoli prima aveva criticato per motivi analoghi le monete in metalli preziosi, ritenendole uno “spreco di risorse” rispetto alle banconote.

Il giornalista economico Neil Irwin lamenta l’enorme volatilità della moneta, in grado di perdere il 75% del suo valore in 2 giorni (aprile 2012). Per Irwin c’è un’indubbia eleganza in una “valuta senza confini”, ma il denaro è tale solo se si è in grado di spenderlo e qui ci sarebbero due vistose limitazioni: nessuna pubblica amministrazione lo accetta e la limitatezza numerica della moneta non permette che ce ne possa essere una larga diffusione, il che porterebbe ad un aumento di valore e la conseguente tendenza all’accumulazione.

 

A queste osservazioni si può forse ribattere come il fenomeno del hoarding possa verificarsi anche con monete reali: la forza dello Yen negli anni 90 ha creato una forte deflazione in Giappone portando al collasso il sistema bancario nipponico e innescando una spirale finanziaria ancora in atto. In questo quindi il Bitcoin è un moneta al pari delle altre. Inoltre si deve tener conto del fatto che nonostante la crescita di valore esponenziale della valuta, le transazioni, e quindi il suo uso, stanno aumentando: all’inizio del 2013 si contavano una media di circa 30.000 operazioni al giorno mentre alla fine dell’anno questo dato è ben oltre le 70.000.

Non tutti gli economisti hanno manifestato perplessità, Russ Roberts (George Mason University) non ritiene che la moneta virtuale debba allarmare le banche centrali perché sarà sempre ad appannaggio di una nicchia molto digitalizzata, inoltre questa novità potrebbe avere effetti positivi nel lungo periodo sul sistema economico globale perché “la competizione è sempre un bene, anche tra monete”.

Simon Johnson, docente del MIT con un passato nel FMI, prevede che a breve Bitcoin subirà pressioni da parte del Governo Federale e sarà attaccato dalla lobby delle grandi banche a causa della sua “natura distruttiva” e questo attacco congiunto potrebbe risultare letale se i sostenitori del progetto non avranno già pronta una strategia politica di difesa. Secondo l’economista questa indubbia novità non avrà vita facile, con le istituzioni finanziarie abituate da secoli ad avere uno stretto controllo sulle monete. I bassi costi delle transazioni e la velocità delle stesse non possono non mettere in allarme le banche. Johnson ritiene che l’unica strada percorribile per chi vuole difendere la valuta virtuale sia quella di persuadere la politica che questa sia una grande opportunità d’innovazione internazionale, meritevole di regolazione (normativa) e non di distruzione.

 

Tulipani digitali – L’esperto di investimenti e noto opinionista economico Peter Schiff  è ben più tranchant e sostiene che l’aumento di valore esponenziale del Bitcoin sia frutto di una classica bolla speculativa, simile a quella dei tulipani del 600, e che più che di investimento si dovrebbe parlare di gioco d’azzardo.

Molta preoccupazione ha suscitato il caso Silk Road, il sito dell’internet underground in cui sono possibili transazioni di merci illegali (principalmente droga e armi), dove è stata utilizzato il denaro digitale provocando l’intervento del FBI. Ma proprio la struttura informatica del Bitcoin dovrebbe rassicurare le istituzioni: il fatto che esista un registro pubblico condiviso che tiene conto di tutti gli scambi mai effettuati  è un perfetto deterrente a qualunque tentativo di riciclaggio.

L’analista della Fed Francois Velde ha manifestato perplessità sulla governance della moneta, affidata ad un nucleo di pochissimi sviluppatori, “è difficile immaginare un mondo dove la principale valuta è basata su un codice cosi complesso da essere compreso e controllato da pochissimi”.

Secondo altri, il problema di fondo della moneta virtuale sarebbe il suo essere nata in un contesto hacker e quindi anti-statale, per cui il suo uso rimarrebbe limitato ad ambienti paranoici e complottisti alla perenne ricerca dell’anonimato. Questa tesi, per quanto diffusa in rete, è più che altro un pregiudizio che non tiene conto del fatto che la moneta ha già avuto una  diffusione anche in ambienti che nulla hanno a che spartire con le nicchie anarchiche e che è ormai accettata come forma di pagamento da oltre 12 mila operatori. In realtà, come ha evidenziato anche Jerry Brito  (George Mason University), il Bitcoin non è anonimo come sembra, perché una volta che le autorità associano l’identità dell’utente alla sua chiave pubblica  potranno vedere e seguire tutte le sue transazioni.

Nonostante le critiche di molti studiosi, va osservato come in novembre, si è pronunciato in favore della valuta virtuale anche il Ministero della Giustizia US, definendola “un legale mezzo di scambio”.

 

Le due facce del Bitcoin – Ciò che spesso viene però ignorato dai detrattori del denaro digitale è che questo è composto da due elementi essenziali: il network di pagamento (Bitcoin) e la valuta virtuale (bitcoins). Secondo l’imprenditore Erik Voorhees questa combinazione permette la trasmissione di ricchezza e proprietà senza l’intervento dello stato, solo grazie al livello tecnologico raggiunto dalle capacità umane. E questo è indubbiamente di grande utilità dato che può essere fatto a migliaia di km di distanza e in tempo (quasi) reale. E l’utilità ha inevitabilmente un prezzo. Il che spiega, almeno in parte, la folle corsa della moneta digitale in questi ultimi 2 anni.