Lettera Anesti: il modello matematico non basta a spiegare la finanza

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Eutimio Tiliacos

Prosegue con la pubblicazione della sesta ‘Lettera ANESTI’ la collaborazione tra Key4biz ed Eutimio Tiliacos, un analista di grande esperienza internazionale che conosce molto bene l’Italia e con cui cercheremo di maneggiare di volta in volta le migliori chiavi di lettura per comprendere meglio le dinamiche che stanno riformulando i ranking internazionali tra economia, finanza, manifatturiero, conoscenze e istituzioni internazionali. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

 

 

Forse il più bell’articolo del 2013 è quello apparso sul Financial Times del 26/27 Ottobre scorso. Ha riguardato una intervista ad Alan Greenspan, che è stato tra il 1987 e il 2006 il presidente della Federal Reserve (FED), la banca centrale USA. A lui da molti fu imputata la responsabilità di aver creato le premesse per l’esplosione della più profonda e prolungata crisi del secondo dopoguerra che, come noto, iniziò nell’agosto 2007, ossia appena pochi mesi dopo il suo ritiro dalla prestigiosa carica. Greenspan fu criticato pesantemente per le decisioni in materia di politica monetaria da lui attuate negli anni che precedettero la crisi, dettate – si disse – da eccesso di schematismi matematici nonché da comportamenti gravemente omissivi della FED in tema di controlli sul settore finanziario, non attuati con la necessaria energia e tempestività. Schematismi e omissioni, si disse allora, che di quella crisi furono concausa non marginale. Lo stesso Greenspan ammise nel 2008, in occasione di un hearing del Congresso USA, di doversi far carico della responsabilità di aver avuto sino ad allora una visione incompleta della problematica relativa alla economia e degli aspetti ad essa associati.   

 

Ora nel 2013, in occasione della recente uscita del suo nuovo libro  The Map and the Territory : Risk, Human Nature and the future of Forecasting’ (edizioni Penguin) Greenspan conferma e amplia questo giudizio sulla negatività dell’operato della FED in quegli anni sotto la sua guida, sostenendo che  la mappa di cui la FED di allora si serviva per orientare la direzione da intraprendere nell’attraversamento del territorio della finanza  era dopotutto incompleta e molto diversa dall’effettivo territorio che costituisce il panorama reale non solo della finanza ma dell’economia tutta attuale.

 

Nella stessa intervista,  dal titolo “Crash Course”  Greenspan afferma in particolare di non credere più che una economia basata esclusivamente su modelli matematici possa spiegare ogni cosa in modo deterministico “To me it suddenly seemed that the whole idea of taking the maths as the basis of pricing that system failed. The whole structure of risk evaluation – what they call the ‘Harry Markowitz approach’ – failed . The rating agency failed completely and financial services regulation failed too”…”The whole period upset my view of how the world worked – the models failed at a time when we needed them most … and the failure was uniform”. Egli ammette esplicitamente inoltre che la natura umana possa a volte stravolgere l’ordine atteso delle cose, in particolare quando l’ammontare crescente del debito fa evolvere la finanza da quello che si pensava potesse essere un suo ruolo esclusivamente passivo ad un ruolo di “causa e innesco” di una serie estesa di fragilità prima umane e poi economiche: fragilità che rischiano di compromettere la sopravvivenza stessa del sistema o comunque di farne pagare il salvataggio a molte generazioni a venire.

 

Così il Financial Times commenta le parole e il pensiero attuale di Greenspan ponendo l’accento sulla infondatezza di un principio di razionalità dell’individuo sempre e comunque quando agisce in un contesto economico-finanziario: “In the months that followed  [lo scoppio della crisi], Greenspan started to question and explore many things – including the unfamiliar world of anthropology and psychology… Yet in one respect, at least, Greenspan has had a change of heart: he no longer thinks that classic orthodox economics and mathematical models can explain everything. During the first six decades of his career, he thought – or hoped – that Homo economicus was a rational being and that algorithms could forecast behaviour. The Fed has 250 [economic] PhDs in that division and they are all very smart. And yet in September 2008, this pride was shattered when those venerated models suddenly stopped working  he recalls, shaking his head”.

 

Questa faglia sotterranea costituita dalle reazioni umane a volte irrazionali quando si reagisce a stimoli economici e che ha poi provocato il terremoto degli anni 2007-2008-2009, non era affatto stata presa in considerazione, come avrebbe dovuto,  nel quadro descrittivo degli anni che hanno preceduto e accompagnato la crisi, poiché quel quadro e quella rappresentazione prescindevano dal panorama dei comportamenti umani che pure ne facevano da sfondo; il panorama c’era, ma era come fosse avvolto nell’oscurità, una specie di palcoscenico piombato nel buio come in teatro quando bisogna cambiare l’arredo scenografico senza abbassare il sipario e vengono spente tutte le luci.

 

Per gli antichi greci l’azione del vedere non aveva il significato di un fenomeno passivo ma si associava all’idea di indagare e conoscere. L’Eidenai di cui Aristotele parla nel De Anima è più simile all’osservare e allo scrutare per comprendere l’intimità e la motivazione di ciò che si visualizza che non al semplice “vedere” come puro impulso ottico, anche se i termini odierni (osservare e vedere) possono sembrare tra loro sinonimi. Scrive al riguardo Marco Goldin in “Storia del paesaggio” (edizioni Linea d’Ombra) “la luce che in pittura non solo accende la verità in primo piano, ma la vastità delle distanze, la luce fa conoscere il mondo nella sua distensione. Lo sguardo nasce alle cose per abbracciare la natura, per renderla comprensibile, conoscibile, per farla vicina”.

 

Cogliere il nesso fra economia e comportamenti umani, non sempre razionali e non sempre catalogabili con sistemi di equazioni, costituisce il tema centrale della ricerca di una nuova corrente economica che abbraccia anche la finanza; è pertanto definita “comportamentale” perché associa ad elementi matematici anche una indagine degli impulsi umani catalogabili nella sfera psicologica che  porta lontano dai vecchi schemi di oramai provata fallibilità    

 

Recentemente il tema è stato discusso e approfondito con successo  fra gli altri da Vittorio Conti (ex commissario Consob) nella Annual Italian Linacre Lecture degli alumni del Linacre College della Università di Oxford dal tema “La tutela degli investitori in tempo di crisi: tra dibattito teorico, tutele ed approcci regolamentari in Europa”  tenutasi il 19 Ottobre scorso presso lo studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners e prima di lui dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco in occasione della Lecture by the Governor of the Bank of Italy  all’Imperial College dal tema “The Financial Sector After The Crisis”, London, 5 March 2013, Imperial Business Insights.

 

In termini più convenzionali ma pur sempre innovativi perché anch’essi legati in qualche modo a fattori di ispirazione  psicologica, nel Dicembre 2013 il Dipartimento Monetario ed Economico della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI / BIS) pubblicava gli atti del suo convegno annuale centrato quest’anno su come uscire dalla recessione che  – a 6 anni dall’esplodere della crisi – ancora paralizza le economie di buona parte del mondo sviluppato (BIS Papers No 74 “Navigating the Great Recession: what role for monetary policy? 12th BIS Annual Conference 20-21 June 2013 Monetary and Economic Department).

 

La tesi dei più autorevoli economisti presenti in quella occasione è stata che gli squilibri di bilancia dei pagamenti e valutaria e dei flussi finanziari fra paesi “risparmiatori ed esportatori” e paesi “debitori e importatori” sono certamente segnali precursori di crisi, ma il vero rischio risiede nel costituirsi di enormi stock (leggi volumi) di titoli finanziari che hanno oramai un carattere incontrollabile per le dimensioni assunte e una volta scossi dal panico dei mercati, possono precipitare con tutto il peso imponente della loro massa e avere effetto incontrollabile e distruttivo sulla economia come uno tsunami. Gli tsunami non vengono provocati da tempeste, dal vento o dalle correnti,  ma dallo spostamento repentino e imprevedibile di grandi masse dei fondali marini: un momento prima statiche e uno dopo, scosse da terremoti o da frane, sono a propagare tutto attorno ondate gigantesche e distruttive. La vulnerabilità finanziaria, dice la BRI, discende da questo “Prior to the crisis, large and persistent current account surpluses and deficits took centre stage in the discussion of global imbalances. Analysts and policymakers rightly noted that large current account imbalances were almost always a precursor to crises. Well, surely this mattered. As we said in June 2009, “the symbiotic relationship between leverage-led growth in several industrial countries and export-led growth in other economies contributed to sustaining the unsustainable for too long.” But this was about current accounts; about net flows. Financial vulnerability comes from gross stocks. A run, whether on a bank or a country, is devastating because of the size of the balance sheet; not because of net flows, but because of gross stocks”.

 

Un altro illuminante articolo che nel 2013 ha colpito la nostra attenzione di lettori è in realtà una indagine a puntate pubblicata da Reuters che spiega finalmente  perché gli USA spiino i propri alleati europei. La tesi non esplicita ma che sottende tutta l’indagine è che l’Europa – coscienti o meno che siano alcuni governi e alcune imprese – stia facilitando il riarmo cinese a danno degli USA e dell’embargo su materiali strategici verso la Cina.    

 

Reuters Investigates riporta che nel decennio sino al 2011 le licenze di esportazione di materiale bellico europeo verso la Cina abbiano raggiunto la cifra di 3 miliardi di euro.  Afferma, in aggiunta, che buona parte delle esportazioni europee verso la Cina, che nel solo 2012 sono ammontate 143,9 miliardi di euro, siano state costituite da attrezzature militari o con duplice valenza militare e civile. Cita al riguardo il caso dei motori diesel forniti da ditte tedesche quali la MAN, francesi quali la Pielstick e inglesi quali la Rolls Royce “The engine delivered to China for the Song and Yuan classes, the MTU 396 SE84 series, is one of the world’s most widely used submarine power plants. Each of the Chinese submarines has three MTU diesels, according to technical specifications listed in Chinese military affairs journals and websites”.

 

Questi motori oltre che nelle centrali elettriche possono essere montati su sottomarini e dato il bassissimo numero di vibrazioni e di rumore renderebbero la flotta subacquea cinese simile a stealth (sottomarini fantasma) come afferma sempre la Reuters “Top quality diesel engines like the MTU designs minimize vibration and noise, reducing the risk of detection by enemy sonar. In the hands of a capable crew, modern diesel submarines can be fiendishly difficult to detect. When using their electric motors, they are significantly stealthier than nuclear submarines such as those in service with the United States, naval warfare experts say. For a relatively modest investment, a diesel electric sub could sink a hugely expensive aircraft carrier or surface warship…”

 

MTU is a unit of Germany’s Tognum Group, which is jointly owned by UK-based multinational Rolls Royce Group PLC and Germany’s Daimler AG. Contracts with the PLA and powerful defense manufacturers give MTU and its parent influence in competing for contracts in China’s massive civilian market. China’s biggest arms maker, China North Industries Group Corporation, or Norinco, has been making MTU engines under license since 1986. In 2010, Tognum opened a joint venture with Norinco to assemble large, high speed MTU diesel engines and emergency generators at a plant in the city of Datong in Shanxi Province. A major goal of the joint venture is to win orders for emergency backup generators for China’s expanding roster of nuclear power plants, Tognum said in a press statement. MTU engines are also built under license at the Shaanxi Diesel Engine Heavy Industry Co Ltd, a subsidiary of one of China’s two sprawling military and commercial shipbuilders….. China now has the world’s second-largest defense budget after the United States and the fastest growing military market. Many of Europe’s biggest defense contractors have been unable to resist its allure. High-performance diesels from MTU and French engine maker Pielstick also drive many of China’s most advanced surface warships and support vessels, SIPRI data shows. Pielstick was jointly owned by MTU and German multinational Man Diesel & Turbo until 2006, when Man took full control.

 

Eutimio Tiliacos