Climate Change

New York sprofonda di 2 mm l’anno, colpa del suo “peso” e del global warming (l’Oceano si alza di 4 mm)

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Si chiama subsidenza e le cause sono diverse: la natura del terreno su cui poggia la città; l’innalzamento del livello dell’Oceano Atlantico; l’estrazione massiccia di acque, minerali e combustibili fossili (soprattutto carbone e gas) dal sottosuolo; il peso crescente delle costruzioni. Non solo New York, sono tante le metropoli a rischio sprofondamento e inondazione.

New York sprofonda

Come sentiamo spesso dire: non c’è da chiedersi se accadrà, ma solo quando e come. New York è stata costruita su una piana alluvionale creata in milioni di anni dal fiume Hudson (assieme all’East River), che scorre interamente nello Stato di New York sfociando con ampio estuario nell’Oceano Atlantico.

Secondo quanto riportato nel nuovo numero di Earth’s Future, pubblicato dalle pagine dell’American Geophysical Union (AGU), la città di New York sta sprofondando nel terreno alla velocità di 2 mm l’anno a causa del fenomeno della subsidenza.

Le cause sono diverse: la natura del terreno su cui poggia la città; l’innalzamento del livello dell’Oceano Atlantico; l’estrazione massiccia di acque, minerali e combustibili fossili (soprattutto carbone e gas) dal sottosuolo; il peso crescente delle costruzioni.

Sui circa 780 km quadrati di terreno su cui sorge New York City gravano 762 milioni di tonnellate di costruzioni di cemento, acciaio, vetro e altri materiali di rifinitura, secondo le stime dei ricercatori dello United States Geological Survey (USGS).

A questi numeri andrebbe aggiunto il peso complessivo della biomassa umana di circa 9 milioni di abitanti di New York City e tutte le principali infrastrutture che attraversano ed intersecano la città (e relativi mezzi di trasporto).

E poi c’è l’Oceano, che a causa del surriscaldamento globale si sta alzando ad un ritmo di 3-4 mm l’anno, che mette in pericolo il 90% delle costruzioni di New York.

Un destino condiviso da molte altre megalopoli globali

Un destino drammatico condiviso da molte altre città al mondo, vista la grande quantità di esseri umani che vivono in metropoli costiere, quasi tutte nate alla foce di grandi fiumi.

Jakarta in Indonesia, Manila nelle Filippine, Chittagong nel Bangladesh, Karachi in Pachistan, Tianjing in Cina, sono alcuni esempi di megalopoli che ormai hanno già a che fare con problemi di stabilità delle costruzioni e delle infrastrutture e di inondazioni frequenti.

Ma non solo, perché ci sono altre città, che non rischiano di essere inondate dal mare, che stanno comunque sprofondando, come Città del Messico, che lo sta facendo ad una velocità straordinaria di 50 cm l’anno.

Secondo gli studiosi, la capitale del Messico tra 150 anni circa avrà raggiunto i 30 metri di subsidenza aggiuntiva.

Ancora, Jakarta sta sprofondando alla velocità incredibile di 25 cm l’anno, Bangkok in Thailandia alla velocità di 2 cm l’anno, Semarang in Indonesia alla velocità di 2-3 cm all’anno, mentre un’area significativa nel nord di Tampa Bay, in Florida, alla velocità di 6 mm all’anno.

La Millennium Tower di San Francisco sta subendo una subsidenza di 8 mm l’anno, tanto che i costi stimati per salvare il grattacielo saranno alla fine superiori a quanto speso per realizzarlo (350 milioni di dollari).

Il mare si alza, a rischio il 10% dell’umanità

Secondo l’ong Climate Central, entro il 2100 il mare si alzerà di quasi 3 metri a livello globale, coinvolgendo 510 milioni di persone che abitano sulla costa delle terre emerse. Ma non solo, si stima che l’acqua di mare invaderebbe il territorio interno dove attualmente vive più del 10% della popolazione mondiale, creando problemi a infrastrutture strategiche (trasporti, acqua, energia, comunicazioni) e all’economia (agricoltura, attività commerciali e industria).

Difficile dire come andrà alla fine, ma di certo le megalopoli globali sono in pericolo. Il Governo indonesiano ha confermato ad esempio lo spostamento di Jakarta sull’isola di Giava, a 2km di distanza. Qui nascerà una nuova città, si chiamerà Nusantara (sacrificando 180 mila ettari di foresta tropicale del Borneo, uno scrigno di biodiversità unico al mondo).

Le Nazioni Unite hanno già parlato di metropoli galleggianti, ma il vero obiettivo che ci rimane da raggiungere è ridurre sensibilmente le emissioni di gas serra, quelle che stanno alimentando un drammatico global warming, fenomeno che sta alla base dello scioglimento dei ghiacciai terrestri e che sta facendo aumentare il volume delle acque oceaniche.

Ogni tempesta o uragano che dal mare investirà una di queste città si avranno sempre più danni a cose e persone, sia perché i cambiamenti climatici renderanno questi eventi più distruttivi, sia per l’innalzamento del livello degli oceani e sia per il fenomeno della subsidenza di queste grandi città costiere.