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New Deal For Consumers, come prepararsi alle nuove regole

Risale alla primavera del 2019 l’emanazione delle Direttive (UE) 2019/770 e 2019/771 da parte del Parlamento e del Consiglio Europeo, relative rispettivamente a: i contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali e i contratti di vendita di beni. Entrambe si inseriscono nell’ambito della più ampia strategia per il mercato unico digitale in Europa.

In particolare, la Direttiva 2019/770  (da recepire entro il 1 luglio 2021, per entrare in vigore il 1 gennaio 2022) potenzierà il quadro contrattuale delle tutele per i consumatori, sempre caratterizzato dalla “rincorsa” delle norme rispetto all’evoluzione tecnologica e all’adeguamento delle tutele rispetto alla realtà del commercio e degli affari.

In relazione ad alcuni rimedi riconosciuti al consumatore, avrà sicuramente effetti significativi anche sulle campagne promozionali di molti players digitali.

Le direttive fanno parte del cosiddetto “New Deal for Consumers”, un insieme di prescrizioni finalizzato a modernizzare le regole di protezione dei consumatori in vista e in funzione della vertiginosa espansione dell’evoluzione digitale, che attraversa l’automazione delle attività e dei processi di business, le catene di approvvigionamento e gli stessi prodotti e servizi.

L’attenzione dedicata alla tutela dei consumatori dalla prima direttiva 2011/83/UE, adottata con una serie di modifiche apportate al Codice del Consumo (d.lgs. 205/2006), ha in questi anni subito ulteriori influssi derivanti dalla massiccia evoluzione del commercio digitale[1].

I contenuti digitali

Il Considerando n. 19 della Direttiva 2011/83 definisce i contenuti digitali come “i dati prodotti e forniti in formato digitale, quali programmi informatici, applicazioni, giochi, musica, video o testi, indipendentemente dal fatto che l’accesso a tali dati avvenga tramite download, streaming, supporto materiale o tramite qualsiasi altro mezzo”.

La Direttiva concerne i contratti di fornitura di contenuti o servizi digitali stipulati tra consumatori e venditori in cui l’operatore economico fornisca contenuto o servizi digitali al consumatore e questi corrisponda un prezzo.

L’aspetto di particolare rilevanza della Direttiva in commento è, per la verità, che essa trova applicazione anche quando il consumatore, anziché una somma di denaro, fornisca, quale controprestazione, dati personali. Fanno eccezione i casi in cui l’imprenditore tratti i dati dell’utente esclusivamente ai fini della fornitura del contenuto o del servizio, ovvero per assolvere a specifici obblighi di legge. Il “prezzo”, dunque, deve essere inteso come una somma di denaro oppure la rappresentazione del valore digitale come corrispettivo per la fornitura del contenuto o servizio digitale: quest’ultimo è acquistato tramite un prodotto hardware o software.

Si applica invece la Direttiva 2019/771 laddove il contenuto digitale sia incorporato o interconnesso con beni: ciò significa che nel rapporto tra hardware e software prevale l’hardware, con la conseguenza che nel caso di vendita di beni come gli smartphone si applicherà la direttiva sui contratti di vendita di beni[2].

Requisiti di conformità

Fermo restando l’onere della prova della conformità in capo all’operatore economico per un anno dal momento della fornitura (art. 12), il contenuto o il servizio deve corrispondere alla descrizione, alla quantità e alla qualità previste dal contratto e presentare le funzionalità, compatibilità, interoperabilità e le altre caratteristiche descritte (art. 7).

È inoltre importante che sia idoneo ad ogni uso particolare voluto dal consumatore, secondo quanto specificato dall’operatore economico al più tardi al momento della conclusione del contratto, che quest’ultimo ha accettato; ancora, deve essere fornito con tutti gli accessori, le istruzioni, anche in materia di installazione e con l’assistenza ai clienti previste dal contratto.

Si tratta dei cosiddetti requisiti soggettivi mentre, quanto ai requisiti oggettivi di conformità, la Direttiva (art. 8) stabilisce che il contenuto o il servizio è oggettivamente conforme se è adeguato agli scopi per cui sarebbe abitualmente utilizzato un contenuto digitale o un servizio digitale del medesimo tipo; se è della quantità e presenta la qualità e le caratteristiche di prestazione, anche in materia di funzionalità, compatibilità, accessibilità, continuità e sicurezza che si ritrovano abitualmente nei contenuti digitali o nei servizi digitali dello stesso tipo e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi tenendo conto di eventuali dichiarazioni pubbliche rese da o per conto dell’operatore economico o di altri soggetti, nell’ambito di passaggi precedenti nella catena delle operazioni, soprattutto nei messaggi pubblicitari e nell’etichettatura, … “a meno che l’operatore economico non dimostri che: i) non era a conoscenza e non poteva ragionevolmente essere a conoscenza della dichiarazione pubblica in questione; ii) al momento della conclusione del contratto, la dichiarazione pubblica era stata rettificata nello stesso modo, o in modo paragonabile, a quello in cui era stata resa; oppure iii) la decisione di acquistare il contenuto digitale o il servizio digitale non poteva essere influenzata dalla dichiarazione pubblica”.

I rimedi contrattuali

Nel conferire al consumatore la possibilità di attivare i rimedi contrattuali (v. artt. 13 e 14) anche laddove la controprestazione sia costituita dai propri dati personali, la Direttiva riconosce il diritto di azionare i rimedi previsti in caso di mancata fornitura o per il difetto di conformità del servizio o del prodotto digitale.

In caso di mancata fornitura, salvo il diritto al recesso, il consumatore dovrà previamente invitare l’operatore economico a adempiere, potendo recedere solo una volta riscontrata la mancanza.

Il ripristino della conformità deve essere effettuato entro un periodo di tempo ragionevole, in base alle peculiarità e caratteristiche del contenuto o del servizio. Tale diritto deve essere garantito al consumatore per un periodo non inferiore a due anni: decisamente esteso per il settore di riferimento.

Nell’ipotesi di difetto di conformità, ove il consumatore quale controprestazione abbia ceduto i propri dati personali, potrà richiedere la rimessa in pristino della conformità o recedere, anche in caso di difetto lieve. Ove, invece, la controprestazione sia avvenuta mediante conferimento di una somma, il consumatore potrà recedere solo in caso di difetto non lieve; in tal caso sarà esperibile il rimedio della riduzione del prezzo.

Una novità di rilievo della Direttiva consiste nella previsione, in caso di risoluzione del contratto, del diritto per il consumatore al recupero dei contenuti digitali gratuitamente e senza impedimenti da parte dell’operatore economico (art. 16).

Trattamento dati e GDPR

La Direttiva richiama in più momenti il Regolamento Generale per la Protezione dei dati personali. Il Considerando 24 precisa, infatti, che “… la protezione dei dati personali è un diritto fondamentale e che tali dati non possono … essere considerati una merce” e intende garantire che i consumatori abbiano diritto, nell’ambito di tali modelli commerciali, a dei rimedi contrattuali.

La Direttiva sottolinea che in caso di conflitto tra le normative sia il diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati personali a prevalere. Precisa, inoltre, che in caso di corrispettivo reso per un servizio o prodotto digitale costituito dai dati personali del consumatore, l’operatore economico resta obbligato da quanto previsto dal GDPR.

Ne derivano interessanti conseguenze che saranno da esaminare attentamente in tema di diritto del consumatore al recupero dei contenuti digitali “diversi dai dati personali, che sono stati forniti o creati dal consumatore durante l’utilizzo del contenuto digitale o del servizio digitale fornito dall’operatore economico (art. 16)”.

Gli impatti sulla comunicazione

La direttiva, per come attualmente redatta, imporrà di valutare a predisporre attentamente la comunicazione aziendale e, in particolare, quella pubblicitaria.

Il riconoscimento del diritto alla conformità del contenuto o del servizio potrebbe essere infatti azionato a fronte di messaggi promozionali non veritieri o ingannevoli.

L’esaltazione di determinate caratteristiche, come la creazione di determinate aspettative, dovranno essere attentamente pianificate dai reparti marketing e comunicazione, per evitare di utilizzare messaggi non solo emozionalmente suggestivi, ma anche potenzialmente capaci di deludere i consumatori.


[1] Si veda, in tema, I. Speziale, “La Dir. 2019/2161/UE tra protezione dei consumatori e promozione della competitività sul mercato unico”, in Corriere Giuridico, 4/2020, Ipsoa.

[2] Si vedano gli artt. 3 di entrambe le Direttive, “Ambito di applicazione”.

Di Andrea Broglia, Avvocato – esperto in privacy e ICT Law– componente del D&L NET

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